2.
In televisione scorrono le immagini del telegiornale: parlano di una giovane studentessa del DAMS scomparsa a Bologna e delle indagini in corso. Giulia rimane immobile, come ipnotizzata dallo schermo. Solo dopo un po’ si rende conto che qualcuno sta suonando alla porta.
È Mauro. In mano tiene una bottiglia di Nebbiolo, il suo vino preferito.
«Grazie di essere venuto. Sei il mio migliore amico, lo sai, non riuscirei ad affrontare questa cosa senza di te. Senza il tuo senso dell’umorismo, la tua capacità di alleggerire anche le situazioni più tragiche.»
«Lo sai che puoi sempre contare su di me, Giulia… e sul mio gusto nello scegliere il vino!»
«Grazie anche per il Nebbiolo. Annebbiarmi con del vino rosso è proprio quello che mi ci vuole. Sì, devo ammetterlo: anche in questo sei unico.»
Giulia sorride mentre tira fuori due calici e finisce di apparecchiare la tavola in soggiorno. Intanto, il suo amico stappa la bottiglia.
Mauro versa il vino rosso nei calici e ne porta uno a Giulia, che è tornata in cucina per buttare la pasta.
«Allora? Raccontami, come stai? Sempre se ti va di parlare degli ultimi avvenimenti. In TV non si parla d’altro.»
«Mmm, magari dopo un bicchiere.»
Mauro torna in soggiorno e si siede sul divano sorseggiando il vino, in attesa che la cena sia pronta.
Con la coda dell’occhio nota che il telefono di Giulia, poggiato sul tavolinetto lì davanti a lui, sta squillando.
«Giulia! Telefono!»
Lei lascia cadere il mestolo e corre a rispondere.
«Signora Campisi, buonasera, sono l’ispettore Coni.»
«Buonasera ispettore, ci sono novità?»
«Sì, diciamo di sì. Oggi la scientifica ha perquisito l’appartamento di sua sorella. Non sono stati rilevati segni di effrazione, la casa sembra in ordine e non ci sono segni di colluttazione o tracce di sangue. Solo una lettera, scritta a penna. È indirizzata a lei e a due persone, Luca e Marco, che immagino siano suoi amici.»
«Luca? Marco? Non ho idea di chi siano… sono disorientata.»
«Signora Campisi, nella lettera, sua sorella parla chiaramente di volersi togliere la vita.» Giulia, di fronte a queste ultime parole dell’ispettore, rimane muta per qualche istante.
«Mi duole averle dovuto dare questa notizia. A ogni modo, finché non ritroviamo il corpo non possiamo fare che ipotesi. Il caso rimane aperto. Stiamo continuando le ricerche sul Po e nelle campagne intorno a Bologna.»
«Ispettore… le sarei grata se potesse farmi avere quella lettera. Ci terrei a leggerla e conservarla.»
«Guardi, per ora le condivido il contenuto via sms.»
Cari Marco, Luca, Giulia,
non so chi di voi troverà per primo questa mia lettera di addio, ma queste ultime parole sono per voi, che mi avete sempre voluto bene. Ci sono cose che non si possono spiegare. Esiste un limite che non può essere superato, ma io l’ho fatto, sono andata oltre. Molte volte. Con me stessa, ma anche con voi. È per questo che ora sento che il mio momento è arrivato.
Nonostante quello che possiate aver pensato di me in questi anni, io vi ho voluto sempre bene.
Lucrezia.
«Per ora, purtroppo, non posso farle avere l’originale perché è stato messo agli atti come materiale d’indagine. Una perizia calligrafica deve confermarne l’autenticità, ma gliela consegnerò appena possibile, stia tranquilla.»
«D’accordo, aspetterò… spero di risentirla presto, ispettore.»
«A presto, signora Campisi.»
Mauro nota che la mano di Giulia ha un lieve tremore mentre appoggia il telefono sul tavolo. Dopo un attimo di silenzio, la donna scoppia a piangere.
«Non dovevo lasciarla andare via! Non dovevo… è tutta colpa mia. Del mio carattere di merda. L’ho ferita, e lei era troppo orgogliosa, era ancora troppo piccola. Ho preteso troppo da lei, non me lo perdonerò mai… era la mia sorellina! Che sorella di merda sono stata, eh?! Non riesco a crederci che non ci sia più, Mauro. Non posso credere che si sia ammazzata… non voglio crederci.»
Mauro l’abbraccia stretta.
«Finché non trovano il corpo, non possiamo esserne certi, Giulia. E comunque non è colpa tua. Era maggiorenne quando è andata via e ha fatto le sue scelte. In questi cinque anni avrebbe potuto farsi viva con te, se avesse voluto. Qualunque cosa le sia accaduta, penso che tu debba iniziare ad accettare che Lucrezia aveva il diritto di fare le sue scelte.»
«La pasta sarà scotta…» dice Giulia per cambiare discorso, appena ripresasi dal crollo emotivo.
«Vorrà dire che ci accontenteremo del vino e di queste bruschette» risponde Mauro mentre ne addenta una.
«Mmm, sembrano deliziose!»
Il vino e il conforto di Mauro sono riusciti solo in parte ad alleviare la tristezza, l’ansia e l’angoscia di Giulia.
Nemmeno il risveglio è stato dei migliori. Con un gesto stanco, la donna raccoglie i fazzoletti accartocciati sul comodino, li butta nel cestino in cucina e si prepara un caffè con la macchinetta, ancora un po’ assonnata. Poi torna in camera, apre l’armadio senza voglia. Opta per scarpe da ginnastica e una tuta: l’ideale per fare un giro al parco.
La radio è accesa e Dimensione Suono Roma sta passando un pezzo di Pino Daniele: “Tu dimmi quando quando…”
Con la tazzina della colazione ancora in mano, Giulia si sofferma un attimo a sfogliare il vecchio album di famiglia tirato fuori la sera prima, assieme a Mauro. I suoi occhi si posano su una foto di lei e Lucrezia, sorridenti e orgogliose, appena dopo aver finito di ridipingere insieme i muri della nuova casa.
Passa un dito sul muro verde salvia del soggiorno, lo sfiora come se fosse una carezza per sua sorella.
Non c’è molto tempo per rilassarsi. La sua auto è pronta dal meccanico e, nel pomeriggio, Giulia deve essere di nuovo a Viterbo per finire il restauro con Luigi.
«Basta con la nostalgia, Giulia!» esclama d’un tratto. «A cosa serve piangersi addosso? Torna in te stessa, cazzo, reagisci. Un giro a Villa Ada ti farà bene.»
3.
In un luogo segreto, lontano da sguardi indiscreti, una giovane donna si sta lavando il viso. Il bagno, bianco, spoglio ed essenziale sembra quello di un bar malfamato di qualche paese di provincia. La ragazza è nuda. Si avvicina allo specchio e osserva il suo volto, che appare pallido e segnato. Nei suoi occhi vede solo stanchezza e dolore. Si rassetta con le mani i capelli arruffati. Ha dei lividi sul collo e un’escoriazione sulle braccia, che accarezza con delicatezza. Le dita scivolano sui segni rossi lasciati dalle fascette da elettricista che ogni notte le immobilizzano i polsi, tolte solo per il tempo di una doccia. Una cavigliera metallica le stringe la caviglia sinistra.
Quanto resisterò? Quando finirà questo tormento? Perché non mi ammazza? Se solo potessi arrivare al mio telefono. Chissà dove lo tiene…
I pensieri della ragazza vengono bruscamente interrotti da una voce maschile: «Hai finito, troia? Sbrigati. Esci di lì che devo pisciare».
Lucrezia esce rapidamente, con la testa bassa, cercando di evitare accuratamente di incontrare lo sguardo dell’uomo che la tiene prigioniera. Tuttavia, lui allunga il braccio e la blocca mentre passa. Come per dispetto, per riaffermare il suo dominio, la avvicina a sé, abbracciandola da dietro, e inizia a toccarla. Le stringe un seno mentre, con l’altra mano, cerca di raggiungere il suo sesso. Lucrezia non reagisce, rimane completamente passiva. Il gioco non sembra divertire nessuno dei due, così, lui, infastidito, la allontana, lasciandola finalmente tornare al suo letto.
L’uomo torna a sedersi nel suo ufficio. È un luogo angusto, rivestito di carta da parati a fantasia, con una geometria così ossessiva che sembra di stare dentro all’Overlook hotel di Shining: una tappezzeria che nessuno ha mai sostituito dagli anni ’70. C’è odore d’inquietudine, di giorni sempre uguali, lì dentro. Davanti al computer, l’uomo controlla distrattamente le immagini registrate da alcune videocamere installate in giro. Alle sue spalle, una bacheca con delle chiavi appese e un vecchio calendario, di quelli con le donne nude.
Ora controlla il suo telefono: c’è un video di una telecamera a circuito chiuso. Alcune donne legate e imbavagliate si agitano inutilmente, prigioniere in quello che sembra essere un rimessaggio degli attrezzi. Le controlla ogni sera, da remoto. Guardare donne prigioniere, avere potere su di loro, ecco cosa lo eccita.
Una piccola radio Brionvega a forma di cubo gracchia dalla scrivania, riempiendo l’aria stantia con Don’t Stop Me Now dei Queen. L’uomo canticchia piano, quasi distratto, seguendo la musica.
Tonight I’m gonna have myself a real good time
I feel alive
And the world, I’ll turn it inside out, yeah
I’m floating around in ecstasy, so
Don’t stop me now
Don’t stop me
‘Cause I’m having a good time, having a good time
Il dj della radio locale interrompe la programmazione per passare la linea alla cronaca di Bologna. Lo speaker legge le ultime notizie: è ancora caccia al maniaco che terrorizza le donne nelle campagne bolognesi. Il commissario di polizia parla di una svolta nelle indagini del caso Campisi.
“Lucrezia Campisi è ancora viva?” si chiede ora la polizia.
4.
Guardandosi attentamente allo specchio, nel bagno in marmo bianco di Carrara della sua casa romana, Sacchetti scruta il suo volto: nota la paura negli occhi, l’espressione preoccupata e i lineamenti contratti.
L’avvocato considera il nonsense di come sta conducendo la propria esistenza negli ultimi anni e si chiede se qualche verità appaia anche agli occhi degli altri, osservandolo. Per un momento accenna un sorriso forzato. Crea una maschera perché nessuno si accorga del suo smarrimento, del caos che ha dentro, poi si sistema per bene il collo della camicia, si abbottona i pantaloni ed esce.
Il trolley è già pronto nel corridoio.
Sua moglie, come a ogni partenza, lo accompagna alla porta e lo abbraccia teneramente. Lui ricambia dandole un bacio sulla fronte ed esce.
Un taxi lo sta aspettando sotto al portone.
«Ndo’annamo, dotto’?»
«Mi porti a Termini, grazie.»
In treno, Sacchetti ripensa alla sua vita: da quando parte tutte le settimane per lavoro, interpreta il ruolo di marito in questo teatrino quotidiano con sua moglie. Riflette su come un matrimonio, con il passare del tempo, possa perdere di significato e di passione, ma nonostante ciò, conservare la sua forza grazie al consolidarsi di piccole abitudini che lo rendono stabile e lo sostengono.
Poi pensa alla donna che ama, in un’altra città. Al suo corpo giovane e al suo carattere ribelle che hanno risvegliato in lui una vitalità che non si ricordava di avere.
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