Non avrebbero dovuto dirglielo così, al telefono. Come se fosse un normale fatto del giorno – pensa Giulia – una sorella che scompare in circostanze misteriose, dopo che è già sparita dalla tua vita.
Quella sera di cinque anni prima, quella stupida discussione, una porta sbattuta in faccia e poi niente. Poi mesi di silenzio. Che cosa era stato, l’orgoglio, a tenerle distanti? Le sue parole affilate che avevano colpito troppo duramente?
O banalmente il fatto che Giulia fosse rimasta a lavorare a Roma e che Lucrezia avesse deciso invece di trasferirsi a Bologna, contro il suo volere?
Di fatto, nessuna delle due aveva fatto un passo, poi.
Ma ora, ora Lucrezia forse non c’era più. Non c’era più davvero. E non sarebbero bastate delle scuse, dei pentimenti, dei rimorsi, a mettere pace, a ritrovarsi complici e sorelle.
Ho restaurato decine e decine di quadri nella mia vita – si rammarica Giulia – ma non sono stata capace di ricomporre la relazione con mia sorella.
In salotto il cellulare sta squillando già da un po’. Il suo collega Luigi. – Accidenti – si era dimenticata.
– Ciao Giulia! Ho letto il tuo messaggio. Se hai la macchina dal meccanico non c’è problema: ti passo a prendere io domani. –
– Ciao, scusa Luigi se non ti ho più richiamato, sono un po’ nel pallone stasera. –
– Dal tono della tua voce mi sa che non è affatto un buon momento. –
– In effetti ho appena rimesso in bagno. Mi ha chiamato la Polizia, dicono che mia sorella è scomparsa. –
– Accidenti. Immagino come stai ora… Senti, se non te la senti di lavorare domani posso avvertire io il gruppo, lì a Viterbo.-
– No no, grazie per la disponibilità ma vengo con te, Luigi. Il lavoro mi aiuta a non pensare. Se sto a casa impazzisco.-
– Concediti un po’ di riposo Giulia, stai lavorando troppo ultimamente. Quell’affresco ha aspettato secoli, potrà ben attendere qualche altro giorno. Ma dimmi di questa storia di tua sorella…-
– Vengo. Ce la faccio, davvero. Di mia sorella ora preferisco non parlare.
– Ok allora, testona. Passo a prenderti domattina verso le sette. –
2.
La Sala Regia del Palazzo dei Priori è ampia e bellissima. La luce del giorno fende come una spada la parete, illuminando porzioni d’affresco. Una griglia ornamentale corre lungo la sala, alternandosi a colonne e cornici, finti baldacchini, medaglioni e festoni floreali. Alcuni riquadri, dipinti da Baldassarre Croce nel 1588, raccontano le origini della città di Viterbo.
Giulia è lì, su di una impalcatura di legno, che ravviva con un piccolo pennello una porzione di affresco schiarita dal tempo.
– Il tempo – pensa – il tempo è un ladro bastardo che fa sparire le cose. Ma sta a noi ricordare. Io voglio ricordarti Lucrezia. Voglio ricordare tutte le volte che abbiamo dipinto assieme, da piccole. Voglio ricordare la poesia che raccontavi in piedi su uno sgabello quando ancora c’erano mamma e papà. Io non dimentico il giorno dell’incidente, e poi i tuoi lacrimoni sul volto mentre ci tenevamo strette in quella chiesa. Ma ricordo anche i tuoi sorrisi, sorella e quelli che mi facevi fare con le tue espressioni buffe. Gli spettacoli che facevi quando invitavamo gli amici. Erano tutti innamorati del tuo sorriso, Lucrezia. Dove sei, ora? Perché ti ho lasciato andare a Bologna? Perché non ti ho mai più cercata, dopo? Quell’incidente terribile mi ha già portato via i miei genitori. Non voglio perdere anche te.–
Il suo collega, rientrando nella sala con il suo camice bianco pieno di sbaffi di colore e quel passo strano che prendi quando indossi le scarpe antifortunistica si dirige affannato verso Giulia con il braccio disteso e il telefonino in mano.
– Giulia, è il laboratorio di Roma per te.–
– Grazie Luigi. –
Giulia scende dall’impalcatura, prende il telefono per parlare con il laboratorio.
– Buongiorno Giulia. Come va lì con Luigi? A che punto siete? –
– Ciao Daniela, qui procede bene. Altre due giornate di lavoro, penso, e chiudiamo. –
– Ho chiamato perché poco fa ti ha cercata un certo Avvocato Luca Sacchetti. Dice che ha una proposta di lavoro per te. Si è raccomandato di richiamarlo al più presto. Ha detto che è urgente. –
– Ok, grazie di avermi avvertita subito Daniela, lo richiamerò appena posso.-
La giornata volge al termine e Giulia, tolto il grembiule e i guanti da lavoro, comincia a torturarsi le pellicine delle unghie con fare pensieroso.
Luigi, che si è ripromesso di accompagnarla a casa in completo silenzio, la sta già aspettando in macchina.
Al ritorno la campagna del viterbese dipinge il finestrino dell’auto di un verde scuro denso, alternato a strisce di sole gialle che si infilano fra gli alberi con un ritmo costante.
Perdendosi in questo mondo cromatico Giulia nemmeno si accorge del traffico caotico sulla Cassia e i due rientrano prima che il sole sia tramontato fra i pini di Roma.
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