Nella notte prima della partenza di Elizabeth, Vlad la condusse attraverso i corridoi oscuri del loro castello. Si fermarono davanti a un'antica porta di legno massiccio. Vlad tirò fuori una chiave dalla tasca e aprì la porta rivelando una stanza segreta. La stanza era piena di preziosi tesori e oggetti magici, accumulati nel corso degli anni. Al centro della stanza c'era un baule di legno scuro. Vlad si avvicinò al baule e lo aprì, adagiato sul cuscino di velluto rosso che conteneva un medaglione antico. “Elizabeth, mia cara figlia,” – disse Vlad con voce commossa, – “Questo medaglione ti proteggerà durante il tuo viaggio verso Napoli. È stato tramandato nella nostra famiglia da generazioni ed è stato incantato per respingere il male. Ti prego portarlo sempre con te e ricorda che sei forte e coraggiosa, come il sangue che ti scorre nelle vene.”
Elizabeth prese il medaglione tra le mani, sentendo la sua energia calda e rassicurante. Guardò suo padre con gratitudine e gli promise che avrebbe mantenuto al sicuro il prezioso medaglione.
La mattina successiva, Vlad accompagnò Elizabeth al porto più vicino. Una imbarcazione robusta era pronta per il viaggio, con l’equipaggio che conosceva l'importanza del carico. Il padre abbracciò sua figlia, stringendola forte a se, cercò di imprimere nella sua mente ogni dettaglio del suo volto.
“Va', Elizabeth,” – le sussurrò, – “Va' verso la tua sicurezza e porta con te la nostra speranza. Promettimi che vivrai con coraggio e che proteggerai il nostro retaggio. Ricordati che il sangue è vita”.
Elizabeth annuì, con gli occhi pieni di amore. Salutò suo padre con un ultimo sguardo e salì a bordo del veliero. Mentre il bastimento prendeva il largo, Vlad rimase sulla riva ad osservare sua figlia allontanarsi, consapevole che aveva fatto tutto ciò che poteva per proteggerla.
Tuttavia, l’amore profondo di Vlad per la sua terra e la ferocia che ardeva nel suo petto lo condussero verso il campo di battaglia.
Mentre le truppe si radunavano, l'aria si riempiva dell'odore pungente del ferro e della paura. I guerrieri iniziavano a prepararsi per l'inevitabile scontro. Le armature risplendevano al sole, create con maestria artigianale. I cavalli, imponenti e impazienti, scalpitavano, pronti per il fragore della battaglia imminente.
Le armi scintillavano, pronte a strappare la vita ai nemici. Le spade, forgiate con abilità, portavano incisioni che raccontavano storie di gloria passata. Le lance, affilate e mortali, si stagliavano contro il cielo come sentinelle dell'oscurità. Archi tesi scoccavano frecce affilate come piume di morte, che fendevano l'aria con un sibilo minaccioso.
La tattica era fondamentale per Vlad e i suoi uomini. Conoscevano il territorio e sapevano sfruttarlo a loro vantaggio. Si muovevano come una macchina ben oliata, avvolgendo il nemico in una morsa di fuoco e acciaio. Le linee di battaglia si formavano, pronte a fronteggiare l'avanzata degli Ottomani.
I due eserciti si affrontarono, il suono del ferro che si scontrava riempì l'aria. Le scintille della battaglia illuminavano il campo di guerra. Gli Ottomani, abili guerrieri, avanzarono con determinazione, rispondendo con una pioggia di frecce e lo scroscio delle spade. Vlad non si fece intimorire: la sua ferocia e la sua strategia si manifestarono in ogni mossa. Lottava con una determinazione incrollabile, deciso a difendere il suo regno fino all'ultimo respiro.
L'impalamento, la famigerata tecnica di Vlad, terrorizzava gli avversari. Le lunghe lance, maneggiate con abilità mortale, trafiggevano i corpi dei nemici, inchiodandoli al suolo con ferocia. Era uno spettacolo spaventoso.
Le tattiche di guerra si intrecciarono in una danza mortale. Vlad e i suoi uomini sfruttavano l'elemento sorpresa, attaccando con velocità e precisione. Si muovevano come ombre, apparivano all'improvviso e scomparivano altrettanto rapidamente. Le trappole e gli imboscamenti erano parte integrante della loro strategia, infliggendo pesanti perdite agli Ottomani.
Le urla di battaglia risuonavano nell'aria, mescolandosi con il rumore delle lame che si scontravano. Il suolo si tingeva di rosso mentre il sangue dei caduti si mescolava alla terra. La vita e la morte si contendevano ogni palmo di terreno.
La battaglia continuò senza sosta. Vlad si dimostrò un comandante impavido, combattendo al fianco dei suoi uomini, spronandoli ad andare avanti nonostante la fatica e il pericolo. La sua presenza era un faro di speranza, un'ispirazione per coloro che combattevano al suo fianco.
Nonostante la feroce resistenza di Vlad e dei suoi uomini e le pensanti perdite subite dagli ottomani, la superiorità numerica di questi ultimi alla fine prevalse, stringendo, come una morsa, il campo di battaglia. Vlad, visibilmente provato dalla guerra, manteneva lo sguardo fisso sul nemico che si avvicinava sempre di più. La fatica e la stanchezza si leggevano sul suo volto, solcato dalle rughe di una vita dedicata alla difesa del suo regno. Era un momento di profonda amarezza per lui, un guerriero che non aveva mai ceduto prima di allora.
Con passo pesante, Vlad iniziò a retrocedere, guidando i suoi uomini attraverso la tempesta di guerra. Le sue spalle, una volta erette con fierezza, si curvarono leggermente sotto il peso della sconfitta. Mentre lasciava il campo di battaglia, l'eco delle grida dei suoi soldati feriti e morenti risuonava nelle sue orecchie, tormentandolo con un senso di profonda tristezza e rimorso.
Le sue mani erano insanguinate, imbrattate del rosso dei nemici abbattuti. Il suo sguardo, solitamente fermo e determinato, ora mostrava una sfumatura di tristezza mista a una determinazione rinnovata. La mente di Vlad era una tempesta di emozioni contrastanti: la rabbia per la sconfitta, la preoccupazione per il destino del suo regno, e la sollecitudine per la sicurezza di sua figlia.
Mentre Vlad faceva ritorno al suo castello, il peso della sconfitta lo avvolgeva come un'ombra incombente. Ogni passo che faceva era carico di malinconia silenziosa, mentre le immagini della battaglia si accavallavano nella mente. I volti dei suoi uomini, giovani e coraggiosi, oramai persi per sempre lo tormentavano.
Il pensiero di Elizabeth, la sua preziosa figlia, brillava come un faro di speranza nella notte oscura della sconfitta. Mentre il sole tramontava sul campo di battaglia, Vlad rinnovava la determinazione: la guerra era crudele, ma il suo impegno a proteggere il suo regno e a garantire un futuro migliore per sua figlia rimaneva inalterato.
Vlad si immerse nella solitudine del suo castello, conscio dei sacrifici compiuti e delle vite perdute. L'ombra della sconfitta si proiettava sulla sua figura ma, nel suo cuore, ardeva ancora un fuoco inestinguibile di resilienza e speranza. Si preparava per la prossima sfida, deciso a trascinare il suo regno fuori dall'oscurità e a riscriverne la storia con la vittoria finale.
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