Il mattino seguente, Violacea drizza le antenne prima ancora di svegliarsi del tutto.
Oggi si va in gita con la lumascuola! pensa, piena d’emozione.
Ridiscende la scala chiocciolata che collega il tetto della pigna alla sua base; poi siede sul guscio di nocciola per consumare la colazione: del buon cerealato terriccio, croccante e sano! Questa volta, infatti, la lumachina si è servita delle provviste.
«Oh! Vedo con piacere che, allora, qualche volta mi ascolti!» esclama Lumaconico, muovendosi al ritmo della sua seggiola-pignola a dondolo. Poi si avvicina alla figlia e continua: «Mangia, tesoro, devi crescere forte e sana!». E, con un dolce buffetto, mostra la sua approvazione a Violacea.
Tra poche ore si andrà in gita con la lumascuola!
Violacea non sta più nella pelle. Si tratta di una gita importante, una di quelle che, se prese sul serio, possono far capire molte cose. Quest’oggi, infatti, le lumachine di Lumaville saranno accompagnate dalle maestre al Centro Ricerconia.
Il Centro per il controllo della salute Ricerconia, o più semplicemente Centro Ricerconia, controlla che gli alimenti siano sani, che il terreno sia in buone condizioni e che gli agenti atmosferici (pioggia, neve, vento, caldo, afa) non facciano troppi danni.
«Papà, io esco. Vado a prendere la rugiada prima di partire per la gita.» Così dicendo, la nostra lumachina sguscia via.
Il rosmarino sembra proprio essere preso d’assalto da più fronti: c’è chi spinge gli altri per arrivare prima alla rugiada, chi utilizza i fusti più morbidi per raggiungere le foglie dall’alto… Violacea non ne può più. Si avvicina un po’ e…
«Basta!» La sua voce si leva alta, coprendo il chiasso degli spintoni e il forte fruscio dei fusti piegati sotto il peso dei gusci. «Questa situazione sta diventando insostenibile!» continua. Per un momento, lumachine e lumaconi sembrano zittirsi. Allora, Violacea procede: «Dobbiamo trovare una soluzione!».
Non l’avesse mai detto.
«Che soluzione credi di trovare?» risponde qualcuno.
«Cosa credi, che basti desiderare di sistemare le cose per sistemarle per davvero?» sostiene qualcun altro.
«È arrivata la lumagenia» dice, con aria spavalda, uno dei lumaconi distesi sui fusti al di sopra del rosmarino.
Violacea è arrabbiata, è delusa e si vergogna.
Perché nessuno mi prende sul serio? Forse desiderare di cambiare le cose non basta a cambiarle per davvero… Però è l’unico punto di partenza possibile: senza desiderio non succede nulla! pensa Violacea e di questo è proprio sicura.
La lumachina aspetta che la folla si diradi, arriva alla base del rosmarino, ne scuote il gambo e raccoglie le ultime due gocce di rugiada rimaste con la sua broccarella (così chiamata perché ricavata dal fior campanella). Poi ripercorre la strada all’inverso, per tornare alla sua pigna.
Arrivata all’uscio-sguscio, si rivolge a papà Lumaconico: «Ecco, papà, la tua rugiada. Adesso vado, devo prendere il Millepiedibus, alcune delle mie compagne di scuola forse sono già lì».
«Va bene, lumachina mia, divertiti!» Lumaconico cerca di modulare la propria voce per assumere un tono calmo e accogliente.
Perché, chiedete? Be’, lo fa perché avverte che la figlia è un po’ triste… D’altronde, stava lì, tutta tesa, con un’antenna giù e l’altra su. Con un cornello splendente e l’altro intirizzito.
È il giorno della gita, perzuccabacco! Perché, allora, quell’antenna giù? Dovrebbe essere felice, dovrebbe avere entrambe le antenne il più sollevate possibile. Mh… ci sarà un motivo per cui ha perso una buona fetta del suo entusiasmo!
Questo pensa Lumaconico, seguendo Violacea con lo sguardo, mentre quest’ultima si allontana.
Arrivata alla fermata, Violacea si sente chiamare: «Violacea! Come mai quella bava lunga? Cosa ti è successo?».
A parlare è Lumarilla, figlia di Lumetallo (proprietario della lumetallurgeria di Lumaville) e da sempre compagna di bancacero di Violacea.
«Ciao, Lumarilla… È vero: sono un po’ giù di cornello» spiega Violacea. «Questa mattina sono andata a prendere un po’ di rugiada e, ai piedi del rosmarino, tutti s’accalcavano e si spingevano… C’era addirittura chi s’incespicava sui fusti morbidi per arrivare alle foglie rugiadose prima degli altri. Allora ho perso la pazienza… Ho detto che le cose devono cambiare! E ho aggiunto che sta a noi trovare la soluzione. Nessuno, però, mi ha preso sul serio. Si comportano come se fosse impossibile cambiare le cose. Secondo me, però, è un grosso errore pensarla così… Se si continua con questo spirito, la situazione non può far altro che peggiorare.»
«Servirebbe una rivoluzione» risponde Lumarilla. «O, almeno, così dice sempre il mio papà, in queste situazioni.» Poi aggiunge, pensosa: «Però io non sono sicura di sapere cosa significhi “rivoluzione”, tu lo sai?».
Violacea incrocia le antenne con fare riflessivo; poi dice: «Be’… Sì… Sì! Credo di saperlo! Una volta il mio papà mi ha raccontato la storia del mio nome, ricordo che era molto fiero. “Il tuo nome è figlio di una rivoluzione: la Rivoluzione viola!” diceva. A quanto pare, tanto tempo fa, Lumaville è stata quasi sommersa da una forte alluvione. Lumachine e lumaconi hanno, però, trovato il modo di evitare la catastrofe; per riuscirci, si sono affidati alle conoscenze delle lumache marine. E queste conoscenze, inaspettatamente, si sono rivelate utili anche per noi terrestri! Puoi crederci? A me sembra incredibile. Tutti gli abitanti di Lumaville, utilizzando per la prima volta la forza telepatica dei cornelli, hanno creato una connessione con le sorelle marine. Una cosa mai vista prima, che ha permesso loro di striarsi di viola e di respirare sott’acqua. Questo significa “rivoluzione”!».
«Quindi,» risponde Lumarilla «mh… rivoluzione vuol dire… vuol dire… Sì! Ci sono! Vuol dire non fidarsi solo di ciò che già si conosce e avere il coraggio di fare qualcosa di nuovo!»
«Secondo me sì! Però… uff… nessuno sembra volermi dare retta. Io penso che non bisogni arrivare a un’altra alluvione o, al contrario, a una perdita totale d’acqua, per avere coraggio a sufficienza. Oh, ecco il Millepiedibus! Dobbiamo andare!»
Il Millepiedibus sembra affaticato. Ops! Scusate, è vero… Non vi ho spiegato cos’è un Millepiedibus.
Dovete sapere che il Millepiedibus è nato tanto tempo fa, quando le carrozzucchine a vapore – che permettevano agli abitanti di Lumaville di spostarsi da una zona all’altra della città – hanno smesso d’esistere. Il Millepiedibus è paziente e simpatico. Ha una serie di vagoni segmentati sul dorso, adatti ad accogliere lumachine e lumaconi. Ha, poi, due piccole antenne trasmittenti sulla testa. Queste ultime sono un po’ la sua mappa mentale, grazie alla quale può orientarsi all’interno della città, capendo qual è la strada più sicura. Per ultima, ma non meno importante, vi è la caratteristica propria del Millepiedibus: l’impermeabilità. Eh, già, avete capito bene: i Millepiedibus sono (come anche i più comuni millepiedi) impermeabili all’acqua, per cui né i vagoni né le antennine trasmittenti rischiano di andare in cortocircuito quando piove (anche se, per il momento, il problema non si pone affatto).
Vi siete fatti un’idea del Millepiedibus? Spero che un giorno voi possiate incontrarne uno: in fatto di simpatia e di sicurezza, è certamente imbattibile.
Cos’è che dicevo? Ah, sì… Oggi il Millepiedibus non ha proprio una bella cera.
«Buongiorno… ciuff-etciù… buongiorno, ragazze. Come… ciuff-etciù… come va?»
Che vi dicevo? Non smette di starnutire.
«Ehilà, signor Millepiedibus! Ma che cos’ha? È stanco?» chiede Violacea.
«È, forse, raffreddato?» domanda Lumarilla.
«Eh… etciuff… Scusate, questo era proprio un grosso starnuto. Sì, ultimamente le tratte che faccio per accompagnare le lumachine in gita sono sempre più polverose: meno piove, più la polvere aumenta. E io, che sto bene solo in ambienti umidi, etciuff… scusate, dicevo, e io, che amo l’umidità, sono molto allergico alla polvere. Ma adesso salite a bordo, su, che è tardi!»
Violacea e Lumarilla prendono posto sul Millepiedibus. In un battibaleno, ecco che arrivano alla sede del Centro Ricerconia.
Importanti novità
«Fortuna che abbiamo trovato gli uffici già schiusi!» esclama una delle maestre.
«Mh… schiusi? In che senso?» chiede, timidamente, una lumachina.
«Be’… Dovete sapere che il Centro Ricerconia sorge all’interno dei fiori di astridia, ragazzi!» esclama la maestra, e aggiunge: «D’altronde, è un centro di estrema fama e importanza; quindi, ha bisogno della massima riservatezza… E quale posto migliore, per garantirla, se non l’interno dei fiori di astridia? Sapete già qual è la peculiarità di questo fiore. Non è vero?».
Nessuna lumachina alza l’antenna o risponde alla domanda.
«Oh, santa zucchina!» sbuffa la maestra. «Guardate che rischiate proprio un brutto voto, se continuate così! Abbiamo studiato il paragrafo sulle astridie, in Lumabotanica, solo un mese fa! Va bene, ci rinuncio. Ve lo rispiego: le astridie si schiudono al mattino, per poi richiudersi alla sera; nulla le può schiudere se non la loro stessa volontà. Il Centro Ricerconia le ha scelte, come sede per i propri uffici, proprio per questo motivo.»
Così dicendo, la maestra si avvicina a uno dei fiori d’astridia, ne tira il pistillo come fosse una campana e, wow! Il pistillo si dematerializza, per poi rimaterializzarsi sotto forma di lumascensore.
«Andiamo, lumachine!» incita la maestra, e aggiunge: «Non avevo mai visto un fiore d’astridia dall’interno prima. Questa gita si sta rivelando davvero interessante. Non credete anche voi?».
Le lumachine annuiscono.
Il lumascensore si ferma, lascia la maestra e le lumachine alle porte dell’ufficio principale, poi si contrae per riacquisire, in un batter d’antenna, la sua forma naturale di pistillo.
L’ufficio è quanto di più sontuoso si sia mai visto! Il soffitto in legno di cedro intarsiato, le seggiole megapignole girevoli rivestite in foglia di vite, i lumaschermi provvisti della massima risoluzione, grazie ai cristalli linfatici d’ultima generazione… Insomma: è un posto da favola.
«Buongiorno, signora» dice uno dei lumaconi di Ricerconia alla maestra e, per tutta risposta, quest’ultima diventa talmente rossa da dar l’impressione di sciogliersi, sembra possa quasi squagliarsi ed evaporare da un momento all’altro.
Le lumachine lo notano, eccome se lo notano… Sono piccole, mica tontole!
«La maestra si vergogna» bisbigliano. «Magari ha una lumacotta» azzardano, a voce molto bassa.
«Shhh… Basta dire queste cose, amiche: è maleducato!» Lumarilla si rivolge alle compagne, che in effetti la ascoltano, smettendo di fare osservazioni e di avanzare opinioni non richieste.
La maestra, con le antenne completamente distese in verticale, esclama: «Eccoli! Eccoli, i lumaconi di Ricerconia. Li abbiamo immaginati, li abbiamo ringraziati per il loro lavoro, che garantisce qualche provvista sicura. E, adesso, abbiamo la fortuna di poterli incontrare per davvero!».
Il capo d’équipe Lumacurio ringrazia la maestra e saluta cordialmente le lumachine. Poi, camice indosso e aria solenne, comincia: «Buongiorno. Io sono Lumacurio e vi spiegherò in cosa consiste il lavoro qui a Ricerconia. Il nostro compito è quello di analizzare il terreno di Lumaville, in modo da chiarire quale sia la causa della crisi idroclimatica che stiamo vivendo. Le nostre analisi di rischio servono a capire quali zone siano più o meno pericolose e, quindi, in quali aree ci si possa cibare in modo sicuro. Sono state queste analisi a consentirci di individuare i terreni in cui poter raccogliere il cibo più sicuro e farne provvista. Ci sono domande a riguardo?».
Per il momento, le alunne non avanzano alcuna domanda; allora, Lumacurio continua: «L’inquinamento, purtroppo, si sta diffondendo a macchia di lumolio. Meno piove e più l’inquinamento si diffonde: non c’è nulla che lavi via i pesticidi. Quando parliamo di pesticidi, care lumachine, intendiamo riferirci alle concentrazioni velenose e metalliche che abbiamo riscontrato nel terreno di pressoché tutta la nostra città. La composizione del suolo varia da metro a metro e, tuttavia, sembra che solo un punto, nell’intera Lumaville, stia resistendo all’inquinamento. Si tratta di un punto quasi fangoso, caratterizzato da una composizione del suolo del tutto particolare: presenta il limo in superficie, uno strato di terriccio umido come intermezzo e infine acqua, tanta acqua purissima come base. Non abbiamo mai visto nulla di tutto ciò! Adesso, il nostro compito principale consiste nel cercare di capire come funziona quel terreno e perché non venga colpito dai metalli pesanti dei pesticidi. Potrebbe essere la nostra lucciola dal lumino d’oro: potrebbe, davvero, permetterci di salvare Lumaville. Per il momento, però, bisogna restare con la bava per terra…». Così dicendo, Lumacurio rivolge un cenno al collega Lumaweb.
Quest’ultimo, subito, si presenta alla classe: «Salve, io sono Lumaweb, mi occupo della parte lumoinformatica di questo lavoro. Oggi ho deciso di mostrarvi qualcosa, credo sia più efficace vedere con i propri occhi: ecco».
Mentre pronuncia queste parole, Lumaweb tocca uno dei lumaschermi, che subito s’illumina e mostra alcune riprese. Si tratta di registrazioni, di video che riprendono Lumaville, con particolare attenzione alle zone di crescita del rosmarino, delle zucche, delle melanzane, delle zucchine e dei fagioli.
Le riprese scorrono, finché qualcosa non cattura l’attenzione di tutti: sembrano delle pompe elettriche che gettano moltissima acqua sul terreno.
«Io! Io ho una domanda!» È Violacea a parlare, con un’antenna alzata in attesa che le venga data la parola.
«Prego, lumachina» le risponde Lumaweb.
«Cosa sono quelle macchine? E perché, se spruzzano tanta acqua, continuiamo a bere brina stagnante?» chiede Violacea, perplessa.
«Ottima domanda» risponde Lumaweb. «Tuttavia, quelle non sono macchine che producono acqua potabile; tutt’altro: sono parte del problema. Se ascoltate bene, nel corso di questo video, sentirete una voce dire “Irrigatò…”, indicandone una. Purtroppo, però, la ripresa si interrompe, per cui non sappiamo quale sia il nome effettivo di quella macchina. Crediamo che si chiamino “irrigatossici” e che stiano distruggendo il nostro cibo. Già… Pensiamo che possano essere loro la causa dei pesticidi metallici che si depositano sul suolo e avvelenano le verdure e, di conseguenza, anche noi. Spero che questa risposta e questo video siano stati utili a farvi capire cosa sta succedendo.»
«Grazie per la vostra spiegazione, la lumascuola vi è davvero grata per questa opportunità.» La maestra, zaino in guscio, saluta così i lumaconi, raduna le alunne lumachine, si dirige verso il pistillo e attende che si tramuti in lumascensore, per poi uscire definitivamente dal centro.
Di fronte al fiore d’astridia, la classe trova il Millepiedibus in paziente attesa.
«Che giornata particolare» commenta Lumarilla.
A bordo del Millepiedibus, nel tragitto verso casa, Violacea sembra parecchio pensierosa. Mille domande affollano la sua testolina.
Che natura hanno questi cosiddetti pesticidi? Perché esistono gli irrigatossici? Chi è che sta avvelenando la città e i suoi abitanti? Perché tutto il territorio di Lumaville è inquinato, tranne una piccola parte di suolo limaccioso?
Quella sera, dopo la gita, Violacea si sforza di mangiare qualcosa e va subito a letto: è stanca e confusa. Si addormenta con difficoltà.
Il mattino seguente, al risveglio, la lumachina trova l’amica Lumarilla ad aspettarla sulla seggiola-pignola.
«Buongiorno, lumapigrona! Come ti va stamattina?» Lumarilla sembra proprio di buon umore.
«Ciao, non vorrei sembrare scortichese, ma… che ci fai qui a quest’ora?» chiede Violacea, stropicciandosi le antenne.
«Mi ha fatto entrare il tuo papà, usciva per andare a prendere la rugiada, proprio mentre io bussavo alla porta. Ebbene, ho importanti novità! La gita di ieri mi ha ispirata. O meglio, inizialmente mi ha stupita: non avevo idea di molte delle cose che i lumaconi del Centro Ricerconia ci hanno spiegato. Poi mi ha spaventata… Ho pensato: “Ma chi è che vuole avvelenare la nostra terra e il nostro cibo?” quindi mi sono sentita inerme. Ma alla fine… alla fine, una sorta di ispirazione mi ha illuminata. La fiammella di un’idea! Qualcosa che potrebbe senz’altro tornarci utile!» Lumarilla non è mai stata così entusiasta.
«Frena, frena la bava un momento. Non riesco a seguirti, tutto quello che dici mi sembra lumastratto. Puoi spiegarmi meglio? E poi… come mai è andato il mio papà a prendere la rugiada, senza aspettare che io mi alzassi? Dopo glielo chiederò…» Violacea, ancora lumassonnata, non ha capito un accalume di quanto detto dall’amica.
«Farò di meglio che spiegare: ti mostro il frutto della mia idea!» Così dicendo, Lumarilla tira fuori dal suo zainetto un aggeggio dalla forma singolare.
Sembra, mh… un lumatridente… No, mh… un lumarastrello? Neppure questo… pensa Violacea.
Che strano oggetto, ragazzi. Vi assicuro che è proprio uno strano oggetto.
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