MA IN CHE EPOCA SIAMO?
Odio l’infelicità della gente. Quella ostinata infelicità che percorre le loro esistenze al posto loro, che si insedia come un divano ingombrante nel salotto della gioia. Così la gioia si fa da parte e trova possibilità di non espressione nello spazio buio e vuoto dello sgabuzzino.
Odio l’infelicità delle persone che ne fanno una scelta. Odio chi torna a casa quando fa buio, chi non guida di notte e non sa nemmeno cosa si perde. Mi dispiace per chi smette di ballare quando si interrompe la musica, quando finisce la notte.
Continua a leggereMi sembra troppo obsoleta l’ipocrisia obbligatoria di chi ha paura di andare controcorrente, contro il proprio capo, contro le idee del gruppo. Che cazzo, ma non vi piace essere voi stessi?
Che, tra le altre cose, in un mondo in cui ci affanniamo per ottenere soldi, ciò che ci dà di più non è minimamente correlato ad alcuna forma di denaro.
Forse nel mio mondo ci sono troppi arcobaleni cavalcati da unicorni e, quando scendo da quelle due o tre nuvolette e mi accorgo che su questa terra poco ci somiglia, mi trasformo in una disillusa.
Ma che noia questa generazione di pochi ideali, di tacchi a spillo e apparenze, contraria a ogni forma di ribelle arte profonda, contraria alla potenza del coraggio. Ma che noia chi anestetizza le emozioni in una nuvola di droga, chi non riesce nemmeno per un istante a restare nella merda più totale, dove sembra di affogare.
Ma in che epoca siamo?
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Alcune volte mi ricordo chi sono.
E sì, mi dispiace dire “alcune volte”, perché dovrei saperlo sempre.
Dovrei ricordarmi da dove vengo e dove sono arrivata,
ma soprattutto dove voglio giungere, dove voglio portare il mio sole,
perché io, a volte, lo sento questo sole.
Quello che mi scalda dentro fino a bruciare, fino a farmi pensare che esisto per un motivo, che ho un compito
da adempiere per me stessa, che ho una profonda ragione per stare su questa terra.
Alcune volte mi ricordo chi sono,
quando ballo sfacciata davanti allo specchio,
quando provo minigonne e top e mi sento bella
e poi metto il pigiama e resto bella.
Quando strillo canzoni in macchina, impegnandomi come fossi sul palco di Sanremo.
Alcune volte mi ricordo chi sono,
quando riscopro la potenza dell’amore,
quando la dolcezza mi spacca il cuore,
quando trovo bellezza in un pezzo di cemento in cui ipotizzo possa nascere un fiore.
Alcune volte so chi sono.
Quando sento me stessa,
quando sento me stessa in ogni distretto del corpo,
quando mi vibra la pelle
come fossi sotto la cassa sonora del mondo.
Penso a quante parole già ti ho detto e quante, ahimè, ancora te ne dirò.
Magari non sempre belle,
magari non sempre dolci,
ma sempre vere.
Adesso lo sai, non sono quella persona altezzosa, fredda e impenetrabile che ho dimostrato d’essere.
Adesso lo sai, sono vulnerabile, ho paura di tutto e di niente, credo nel potere dell’amore, delle parole e della cura delle persone.
Mai prima d’ora ho sentito di essere chi sono, di avere vent’anni,
di poter inseguire i sogni e le stronzate, quelle sane stronzate che ci fanno sentire bene.
Mai prima d’ora ho sentito di potermi lasciare andare con qualcuno fuori dalle mie aspettative.
Non so cosa sarà di noi, così come non lo sai tu.
Non lo abbiamo mai saputo, non lo abbiamo mai programmato, non credi?
Ti aspetto per un caffè fuori programma.
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