E invece no,
dimmi cosa ti piace,
cosa non ti fa dormire la notte,
cosa ti tormenta,
e cosa
invece
ti fa impazzire di gioia.
Dimmi che a volte puoi piangere per cose stupide senza sentirti stupido.
Dimmi che c’è qualcosa che ami,
qualcosa per cui saresti disposto a tutto.
Oppure dimmi che ancora devi scoprirlo ma che non vedi l’ora che accada.
Io vorrei dirvi che il mio cervello galoppa di continuo, fa tragitti lunghi anche quando conosce a memoria i percorsi. I pensieri non ascoltano nessun pastore. Non obbediscono a nessun padrone. Tanto meno a me.
Vorrei dirvi tutte le mie paure, perché già so che alcune le avrete anche voi e allora mi sentirei meno folle.
Vorrei dirvi che quando leggo un libro e mi piace tanto, all’improvviso divento parsimoniosa. E allora provo a rallentare per paura che quella magia finisca troppo in fretta.
Vorrei dirvi che le cose che m’importano le ricordo sempre. Che faccio caso anche a sciocchezze, che cerco di dare una spiegazione a tutto, che se parli con me almeno una volta mi sentirai dire “e perché?”.
Vorrei dirvi che riservo sempre pensieri belli per le anime belle, per quelle persone che agli occhi del mio cuore si fanno notare. Poi mi sento sciocca e tutte quelle cose belle, spesso, non ve le riesco a dire.
Anche se consumo inchiostro per tutto, ho paura di consumare un po’ troppo cuore.
Ho fame di chiacchiere che arricchiscono, di bicchieri di vino che si riempiono, di caramelle gommose, di cuori morbidi.
Ho fame di meraviglia, di essere spudorata. Spudorata nel dire tutto ciò che penso, anzi, soprattutto ciò che sento.
Voglio tenere accesa la mia lucina della vita sempre,
quasi come l’abat-jour della mia cameretta che è l’ultima cosa a spegnersi prima di dormire.
Voglio qualcuno che mi dica dal nulla che va tutto bene. Che si può essere leggeri anche coi macigni sul cuore. Che si può volare, ma bisogna prima avere pazienza di imparare a camminare solidamente.
Cosa vuol dire avere 20 anni?
Nella visione più pragmatica della cosa probabilmente significa cominciare a costruirsi un futuro, cercare di laurearsi o per chi non studia trovare un lavoro che garantisca sicurezze.
Ma siamo certi di volerle?
Io mi sento scomoda,
ammetto talvolta anche a disagio.
Mi sono laureata e me lo dimentico quasi sempre e non per non dare un valore a quel pezzo di carta che cela un bellissimo percorso, ma perché fondamentalmente i traguardi non fanno per me.
Quel genere di traguardi, soprattutto.
Avere 20 anni significa confrontarsi spesso e volentieri con altri ventenni ed è bellissimo quanto doloroso, per me.
Ogni volta che qualcuno mi racconta del suo posto fisso, ogni volta che terminato un percorso di studi si cerca un posto per farsi assumere.
Io mi sento un pesce fuor d’acqua tra questi ventenni. Lo posso dire?
Non siete sbagliati voi e, per quanto spesso io lo creda, non sono sbagliata io.
Ognuno ha delle predisposizioni, ha percorso strade che lo hanno portato dov’è ora e dove sarà. Ed io ho sempre paura di trovarmi in un campo fiorito in mezzo al nulla senza 4g e senza gps. È fiorito, è vero, ma non c’è segnale.
Ho paura di affossarmi anziché emergere,
di nascondermi al buio senza accendere mai la luce. Ho paura di questo tempo così rapido che mi mette affanno. Quanto affanno.
Non ho pazienza.
Non credo nei traguardi ma nei tragitti, eppure, spesso non mi godo il viaggio. Non valorizzo a sufficienza quel processo di cui forse un giorno avrò memoria con un sorriso.
Ho paura di perdermi e alla fine mi perdo di continuo. Chissà che quel che io chiamo perdersi non sia proprio parte di questa mia strada.
Io voglio fermare l’auto e fotografare la luna sempre anche se la mia galleria è piena di foto uguali.
Voglio fermare la corsa per godermi il paesaggio.
Voglio stoppare il tempo di una notte e renderla eterna, perché al buio e sotto le stelle, a chiacchierare, io sto meglio.
Voglio rovesciare nel mondo tutte le mie parole, perché altrimenti che scrivo a fare?
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