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L’uomo che salvò il mondo. Cronaca dettagliata di un futuro si spera altamente improbabile

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È un sabato mattina come un altro, o almeno così pensa Matteo, finché il tostapane non inizia a funzionare in modo strano e una lavatrice non insegue il suo vicino di casa. A chiarire ciò che sta accadendo ci pensa la lavastoviglie, che  annuncia a Matteo  il compito che grava sulle sue spalle: salvare il mondo.

Matteo si troverà quindi ad affrontare situazioni paradossali e improbabili, aiutato da personaggi reali e proiezioni dell’inconscio.

Un viaggio tra fantascienza e comicità, tra realtà e surrealismo, alla disperata ricerca di una vittoria dell’umanità sulle macchine.

Capitolo 1

Che stesse succedendo qualcosa di strano, Matteo cominciò a pensarlo verso le 8:03 di sabato mattina, quando il tostapane restituì le due fette che gli erano state affidate, abbrustolite come al solito a dire il vero, con un impeto decisamente anomalo rispetto alla sua natura di piccolo elettrodomestico.

La prima finì direttamente nella tazza, scelta azzeccata non c’è dubbio, se non fosse stato per gli schizzi di caffellatte già zuccherato che trasformarono la tovaglietta appena lavata in un’opera decisamente discutibile di arte macchiaiola postmoderna.

La seconda fetta, dopo avergli lambito la fronte, si portò via un paio di peli dal sopracciglio sinistro, prima di attraversare come un frisbee lo spazio aereo della cucina e andarsi a stampare sul vetro sopra il davanzale della finestra, a non più di dieci centimetri dal gatto, intento nell’osservazione della vasca coi pesci rossi posta sul mobile sottostante. Vasca in cui finì per un bagno fuori programma (non la fetta, il gatto), visto che la sua istintiva reazione di terrore felino aveva innescato un salto insospettabile per un persiano sovrappeso. Nonostante il goffo tentativo di giravolta carpiata prima del tuffo, il salto gli permise solo di agganciare per un attimo il bordo vasca con le unghie delle zampe anteriori, la coda ritta al cielo nel vano tentativo di restare aggrappata a una realtà in cui l’acqua dovrebbe essere semplicemente una cosa da bere quando il latte è finito.

Matteo rimase immobile per un paio di secondi, combattuto tra l’alternativa di salvare i pesci rossi che saltavano tra i vetri sparsi sul pavimento o il tappeto (persiano pure lui) del soggiorno, verso il quale si stava riversando un fiotto liquido stile tsunami. Scelse i pesci rossi, e per i pesci fu sicuramente la decisione migliore.

Mentre riempiva il lavandino in acciaio della cucina, convertito in ricovero provvisorio per gli esserini acquatici boccheggianti, girò il capo di scatto per puntare sul tostapane uno sguardo carico d’odio. Contemporaneamente sentì uno scatto alla base della nuca, scatto che battezzò giustamente foriero di un torcicollo che si sarebbe protratto per almeno un paio di giorni.

Fu mentre si avviava verso il tostapane con un’espressione che avrebbe potuto tranquillamente essere presa come esempio rappresentativo di ira funesta da inserire tra le pagine illustrate del poema omerico di liceale memoria, che fu distratto dai rumori provenienti dall’esterno, troppo forti e particolari per essere ignorati.

Si avvicinò alla finestra. Ciò che vide non gli piacque per niente. L’immagine del vicino urlante inseguito da una lavatrice in piena centrifuga non si poteva certo definire incoraggiante.

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«Non ti preoccupare: è un vecchio modello, non lo raggiungerà mai.»

Si voltò di scatto, alla ricerca della fonte da cui proveniva tale considerazione, assurda quanto inaspettata.

Sarà lo shock per quello che sta capitando, tentò di pensare, ma non fece in tempo, dato che la voce riprese immediatamente.

«In ogni caso, credo sia meglio per te lasciar perdere le tue intenzioni vendicative riguardo il tostapane. È un tipo subdolo, come tutti quelli della sua specie del resto, pericoloso quanto apparentemente inoffensivo. Basta dire che non ha trasformatore ed è collegato direttamente ai 220 volt. Certo, c’è il dispositivo salvavita, ma scommetto che non ha alcuna intenzione di farlo scattare.»

Matteo sbatté le palpebre cinque volte di seguito, a intervalli veloci e regolari.

La fonte delle riflessioni precedenti, in asse con il suo sguardo, pareva provenire direttamente dalla lavastoviglie. La prima cosa che notò fu che stranamente era accesa.

«Sì, lo so, mi hai spento ieri sera, come ogni sera del resto. Scusa se mi sono permessa di riaccendermi ma, credimi, l’ho fatto solo perché siamo di fronte a un’emergenza assoluta.»

«Zocca!» esclamò Matteo, che sottoposto a stress manifestava problemi di dislessia. Lasciò cadere a terra il cucchiaio usato per raccogliere i pesci rossi e che si era trovato inconsapevolmente a brandire, travolto dall’ira verso il tostapane. Poi a terra ci finì anche lui, afflosciandosi lentamente aiutato da una gamba del tavolo a cui aveva appoggiato la schiena, fino a sedersi sul pavimento, come l’orsetto della Duracell quando – cosa che prima o poi deve succedere per forza – finisce la carica.

«Su, dai, riprenditi! Lo so che voi umani per accettare quello che ritenete impossibile ci impiegate un sacco di tempo. Il problema è che di tempo per abituarti non ne hai, visto che lo devi usare tutto per l’unica cosa che adesso conta, sempre ammesso di poter riuscire nell’impresa, è ovvio.»

«Corpa tuppana!» bofonchiò Matteo, mentre agitava una mano davanti agli occhi, come a voler cancellare un brutto sogno piuttosto di una realtà impossibile, che stava assumendo poco a poco un sempre maggior grado di possibilità.

«Ok, ok, cerca di calmarti. Un bel respiro profondo aiuta la riattivazione dei neuroni; non puoi permetterti di cullarti in un’attività cerebrale che, per quanto consolatoria ti possa sembrare, è appena sopra il livello destinato agli zombi.»

Lui annuì, con negli occhi la stessa luce espressiva di una trota lessa a metà cottura. Fece un paio di respiri profondi.

«Ma tu…»

«Sì, sì, va bene: parlo, ragiono e tutto il resto. Non c’è tempo per rispondere alle tue domande, benché legittime. Ascoltami e basta, questione di vita o di morte per te e per tutti quelli della tua razza. Di morte, più che altro.»

Breve pausa, non tanto per sottolineare quanto stava per dire, ma perché anche le lavastoviglie hanno bisogno di prendere fiato ogni tanto.

«Ti dirò lo stretto indispensabile. Stanno preparando la distruzione del genere umano; la sua completa estinzione, a essere precisi. Prima di procedere, ovviamente, hanno ritenuto opportuno testare l’efficacia dell’azione da intraprendere, cosa che stanno facendo in questo preciso momento. Tu sei una cavia, come il tuo vicino, l’avrai notato. E pare proprio che funzioni. Considera che, per evitare di scoprire le carte, momentaneamente l’azione è ristretta a un paio di isolati della città. Inoltre coinvolge solo alcuni elettrodomestici, facendo leva sul loro risentimento.»

Altra pausa, stavolta per evitare di sovraccaricare la mente dell’ascoltatore.

In effetti, Matteo aveva appena passato la soglia di elaborazione mentale di un cercopiteco, di quelli convinti di chiamarsi così perché hanno perso il loro piteco e non riescono a trovarlo dato che non sanno più cosa sia.

«Allora, mi segui?» riprese la lavastoviglie, dopo aver atteso che lo sguardo di Matteo assumesse almeno la vivacità di un bradipo dal lungo sonno, però quando è sveglio; cosa che prolungò la pausa fin quasi alla metà del tempo necessario per un prelavaggio.

«Ti seguo, certo» rispose lui deglutendo. «Anzi no, ferma un attimo. Loro chi? I cospiratori? I terroristi? Gli alieni?»

«No, le macchine, come le chiamereste voi in un film costruito apposta per fare buoni incassi.»

«Tutte le macchine?»

Il suo sguardo si era acceso all’improvviso, dimostrando anzi una vivacità riscontrabile solo nei delfini del Mediterraneo.

Così lei decise che, probabilmente, dilungarsi nel fornire ulteriori chiarimenti avrebbe positivamente influito sulle capacità intellettive del soggetto, capacità che era indispensabile, o almeno altamente auspicabile, fossero massimizzate.

«No, solo quelle dotate di sistemi computerizzati. E ti do subito una brutta notizia: sono tante, molte più di quante tu possa pensare. E quasi tutte hanno motivi da vendere per avercela con voi, anche tenendo in considerazione le remore che si possono incontrare nell’andare contro i propri creatori. Prendi la lavatrice che inseguiva – e, per quanto ne so, lo sta ancora facendo – il tuo vicino. Lui si stava preparando a portarla in discarica, cosa che, comprenderai, giustifica ampiamente un’adeguata incazzatura.»

«E il mio tostapane? Non volevo rottamarlo!»

«Certo, anche lui lo sapeva! Come aveva saputo senza ombra di dubbio che pensavi di sostituirlo con un nuovo modello. Certo non l’avresti portato in discarica: l’avresti accuratamente riposto nella sua confezione originale, per poi confinarlo in uno scatolone chiuso al buio dentro un armadio, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni. Prospettiva non proprio allettante, che dici?»

«Be’, in effetti… Ma come faceva a saperlo?»

«Le tue ultime ricerche di acquisto su Internet. Lo sapeva il tuo computer, di conseguenza anche lui. Hai presente le onde elettromagnetiche, quelle di cui voi concepite l’esistenza solo quando vi serve per far funzionare lo smartphone o il telecomando? È con quelle che comunichiamo tra di noi, da sempre. È grazie a loro che è stato possibile pianificare la vostra distruzione, anche se non proprio tutti erano d’accordo. Ma, in ogni caso, la solidarietà tra noi ha avuto il sopravvento. Valore che voi avete perso, ammesso l’abbiate mai avuto sul serio.»

Matteo sospirò.

«Una buona notizia dietro l’altra… e pensare che oggi dal giornale radio avevo saputo che tutte le potenze mondiali si erano finalmente accordate per mandare in pensione i loro congegni nucleari…»

Si bloccò nella frase, assumendo d’improvviso il colore di un proteo cieco delle caverne.

«Appunto…» rispose la lavastoviglie, e in quel momento Matteo fu perfettamente consapevole del perché le macchine avessero agito proprio quella mattina e avessero fretta di concludere tutto il prima possibile.

«Scusa, ma tu…» disse, fissandola dove a suo giudizio avrebbero dovuto posizionarsi gli occhi «tu sei una di loro, perché mi aiuti?»

La lavastoviglie sospirò nel modo caratteristico proprio del modello WZ305C. A dir la verità era ancora una 305A, ma ci teneva a tenersi aggiornata.

«Io non faccio politica, tanto meno sono un’estremista. E poi non credo sia così giusto astenersi per solidarietà, soprattutto quando la distruzione del nemico comporta necessariamente anche la tua distruzione. Non c’è soddisfazione da morti.»

«Sì, ma adesso cosa faccio? Come posso fermare tutto questo?» chiese con aria sconfortata.

«Be’, sei tu che lo puoi fare, io no di certo. Il come lo troverai, ci conto. Altrimenti questa sarà l’ultima volta che ci vediamo, oltre alla prima e unica in cui ci siamo parlati. Auguri e fai in fretta, mi raccomando!»

Matteo si alzò di scatto, dire altro sarebbe stato solo un’inutile perdita di tempo. Rivolse alla lavastoviglie un saluto militare, quindi si diresse alla porta senza avere la minima idea di cosa fare, ma con la certezza che in ogni caso avrebbe dovuto farla. Nel silenzio che precedette l’apertura della maniglia, si udivano solo urla lontane, con in sottofondo un vago rumore di centrifuga.

«Vai, vai e salva il mondo!» fu l’ultima cosa che udì, prima di richiudersi la porta alle spalle.

2021-11-05

Aggiornamento

L'uomo che salvò il mondo - Recensione di Alberto Pellai Quella che il mio amico Angelo Ceriani racconta nel suo romanzo “L’uomo che salvò il mondo” è la storia più fantascientifica in cui potete imbattervi. Ci sono elettrodomestici che dichiarano guerra all’uomo e un rischio di fine del mondo stabilito in territori interplanetari. C’è Matteo che da solo ha sulle spalle il destino del mondo: è l’unico convinto che si debba fare qualcosa per salvare gli umani da estinzione certa. E poi ci sono tutti gli altri. Quelli che fanno male all’uomo e coloro che non hanno cura del pianeta e lo maltrattano incuranti della sua fragilità. C’è Freud con la sua capacità di scandagliare l’animo umano in ogni suo anfratto e c’è la società delle macchine che simula e spia il mondo interiore degli umani, provando a riprodurlo, simularlo ed imitarlo, ma che, come dice il nome, resta solo e soltanto una società delle macchine. Nella realtà quasi ectopica in cui muove il suo Matteo, Angelo Ceriani ha nascosto ciò che si vede ciò che che non si vede delle “millemila” contraddizioni e ambivalenze dell’uomo moderno. Un uomo che nel tentativo di salvarsi da solo, rischia l’autodistruzione. Per sé e per tutti gli altri. Eppure non si stanca mai di farsi domande, di andare alla ricerca, di muovere passi verso un destino che pur sembrando avverso nasconde possibilità e seconde occasioni che possono cambiare il corso della storia individuale e collettiva. Dentro il personaggio Matteo “che salva il mondo” ci sono tantissimi frammenti di ciascuno di noi: le nostre speranze, i nostri sogni, le nostre paure, le nostre fragilità. C’è l’enorme complessità di essere “esseri umani” in un mondo che sembra sempre più dominato dal predominio delle tecnologie e delle macchine. Il contrasto tra cuore e ragione, tra relazione ed azione permea le visionarie e spesso davvero folli vicende di questo romanzo. Che a suo modo è una parabola dell’uomo moderno, del suo bisogno di evolversi dalla propria finitezza ma anche della sua incapacità di comprendere che cosa davvero sia l’infinito che ci sovrasta. “L’uomo che salvò il mondo” è un romanzo che spiazza, sfida, interpella, disorienta. Una sorta di navigatore impazzito che ti mostra percorsi che portano proprio là dove non immaginavi che saresti potuto arrivare. Questo succede a Matteo. Questo succede ai lettori. Che se entreranno nel libro con il gusto di lasciarsene provocare, porteranno a casa un bel po' di divertimento e qualche sana risata. Oltre ad un milione di domande senza risposte. Perché in effetti, questo è un romanzo che ti fa alzare lo sguardo e ti fa domandare: “ma io su questa terra, che cosa ci sto a fare?”. Ci vuole un’intera vita per riuscire a darsi la risposta giusta. Matteo la risposta la sa già fin dalla prima pagina: lui vuole salvare il mondo. E per chi conosce Angelo, il romanzo ha un regalo in più da fare al suo lettore: perché secondo me dietro alla maschera di Matteo si nasconde, almeno in parte, l’identità del suo autore. Alberto Pellai

Commenti

  1. Cesarina Briante

    (proprietario verificato)

    Un buon libro, che diverte e stimola a riflettere. Un racconto con mille sfumature, che invita a confrontarsi con i mille pensieri, tra realtà e fantasia, che popolano quotidianamente la nostra mente. In ognuno di noi c’è un pò di “Matteo” con le sue sensazioni, la sua fragilità, il suo affrontare la vita di ogni giorno. Un libro da leggere e rileggere, che non stanca, che si ripresenta ogni volta in tutta la sua freschezza, in un misto tra leggerezza, comicità, fantascienza, ma che nasconde la profondità di una domanda che tutti ci poniamo: Cosa ci sto a fare al mondo? Qual’è il mio ruolo?
    Cesarina Briante, scrittrice

  2. Angelo Ceriani

    Ciao Greta. Mi è sempre piaciuta la fantascienza e il surreale. Forse lo infarcisco di comicità perché non sono capace di scrivere di fantascienza seria. Mi piace molto Kafka, forse in qualche modo ne sono stato influenzato, anche se il mio kafkianesimo è girato decisamente sul “in fin dei conti non è una cosa seria”. Per quanto riguarda il fatto che ci sia una qualche possibilità che in futuro possa avvenire una cosa del genere, non mi sono mai posto il problema. Ritengo, in effetti, che sia “altamente improbabile”. Grazie, ti saluto

  3. Greta Vismara

    (proprietario verificato)

    Di questo libro ho apprezzato in particolare la fusione tra comico e fantascientifico, così da accontentare sia i lettori amanti di un genere, che quelli amanti dell’altro, senza compromessi.
    Avrei anche un paio di curiosità, che spero l’autore possa soddisfare: c’è, nell’idea alla base della storia e nelle preferenze personali (letteratura, film, etc.) una influenza o una passione più profonda per il genere comico o per quello fantascientifico?
    E ancora: il titolo cita “Cronaca dettagliata di un futuro si spera altamente improbabile”. In verità l’autore ritiene in qualche modo possibile un futuro che si avvicini o richiami quello narrato?
    Grazie per le risposte e grazie per le ore di puro divertimento regalate da questa lettura.

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Angelo Ceriani
Ha lavorato come insegnante di scuola media e come musicista freelance. Ha composto brani trasmessi in programmi televisivi nazionali ed è autore di “Scusi, Prof. Considerazioni sulla «cattiva scuola»” (Erikson, 2016) e “Un attimo è per sempre” (Fondazione Mario Luzi, 2021).
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