«Non ti preoccupare: è un vecchio modello, non lo raggiungerà mai.»
Si voltò di scatto, alla ricerca della fonte da cui proveniva tale considerazione, assurda quanto inaspettata.
Sarà lo shock per quello che sta capitando, tentò di pensare, ma non fece in tempo, dato che la voce riprese immediatamente.
«In ogni caso, credo sia meglio per te lasciar perdere le tue intenzioni vendicative riguardo il tostapane. È un tipo subdolo, come tutti quelli della sua specie del resto, pericoloso quanto apparentemente inoffensivo. Basta dire che non ha trasformatore ed è collegato direttamente ai 220 volt. Certo, c’è il dispositivo salvavita, ma scommetto che non ha alcuna intenzione di farlo scattare.»
Matteo sbatté le palpebre cinque volte di seguito, a intervalli veloci e regolari.
La fonte delle riflessioni precedenti, in asse con il suo sguardo, pareva provenire direttamente dalla lavastoviglie. La prima cosa che notò fu che stranamente era accesa.
«Sì, lo so, mi hai spento ieri sera, come ogni sera del resto. Scusa se mi sono permessa di riaccendermi ma, credimi, l’ho fatto solo perché siamo di fronte a un’emergenza assoluta.»
«Zocca!» esclamò Matteo, che sottoposto a stress manifestava problemi di dislessia. Lasciò cadere a terra il cucchiaio usato per raccogliere i pesci rossi e che si era trovato inconsapevolmente a brandire, travolto dall’ira verso il tostapane. Poi a terra ci finì anche lui, afflosciandosi lentamente aiutato da una gamba del tavolo a cui aveva appoggiato la schiena, fino a sedersi sul pavimento, come l’orsetto della Duracell quando – cosa che prima o poi deve succedere per forza – finisce la carica.
«Su, dai, riprenditi! Lo so che voi umani per accettare quello che ritenete impossibile ci impiegate un sacco di tempo. Il problema è che di tempo per abituarti non ne hai, visto che lo devi usare tutto per l’unica cosa che adesso conta, sempre ammesso di poter riuscire nell’impresa, è ovvio.»
«Corpa tuppana!» bofonchiò Matteo, mentre agitava una mano davanti agli occhi, come a voler cancellare un brutto sogno piuttosto di una realtà impossibile, che stava assumendo poco a poco un sempre maggior grado di possibilità.
«Ok, ok, cerca di calmarti. Un bel respiro profondo aiuta la riattivazione dei neuroni; non puoi permetterti di cullarti in un’attività cerebrale che, per quanto consolatoria ti possa sembrare, è appena sopra il livello destinato agli zombi.»
Lui annuì, con negli occhi la stessa luce espressiva di una trota lessa a metà cottura. Fece un paio di respiri profondi.
«Ma tu…»
«Sì, sì, va bene: parlo, ragiono e tutto il resto. Non c’è tempo per rispondere alle tue domande, benché legittime. Ascoltami e basta, questione di vita o di morte per te e per tutti quelli della tua razza. Di morte, più che altro.»
Breve pausa, non tanto per sottolineare quanto stava per dire, ma perché anche le lavastoviglie hanno bisogno di prendere fiato ogni tanto.
«Ti dirò lo stretto indispensabile. Stanno preparando la distruzione del genere umano; la sua completa estinzione, a essere precisi. Prima di procedere, ovviamente, hanno ritenuto opportuno testare l’efficacia dell’azione da intraprendere, cosa che stanno facendo in questo preciso momento. Tu sei una cavia, come il tuo vicino, l’avrai notato. E pare proprio che funzioni. Considera che, per evitare di scoprire le carte, momentaneamente l’azione è ristretta a un paio di isolati della città. Inoltre coinvolge solo alcuni elettrodomestici, facendo leva sul loro risentimento.»
Altra pausa, stavolta per evitare di sovraccaricare la mente dell’ascoltatore.
In effetti, Matteo aveva appena passato la soglia di elaborazione mentale di un cercopiteco, di quelli convinti di chiamarsi così perché hanno perso il loro piteco e non riescono a trovarlo dato che non sanno più cosa sia.
«Allora, mi segui?» riprese la lavastoviglie, dopo aver atteso che lo sguardo di Matteo assumesse almeno la vivacità di un bradipo dal lungo sonno, però quando è sveglio; cosa che prolungò la pausa fin quasi alla metà del tempo necessario per un prelavaggio.
«Ti seguo, certo» rispose lui deglutendo. «Anzi no, ferma un attimo. Loro chi? I cospiratori? I terroristi? Gli alieni?»
«No, le macchine, come le chiamereste voi in un film costruito apposta per fare buoni incassi.»
«Tutte le macchine?»
Il suo sguardo si era acceso all’improvviso, dimostrando anzi una vivacità riscontrabile solo nei delfini del Mediterraneo.
Così lei decise che, probabilmente, dilungarsi nel fornire ulteriori chiarimenti avrebbe positivamente influito sulle capacità intellettive del soggetto, capacità che era indispensabile, o almeno altamente auspicabile, fossero massimizzate.
«No, solo quelle dotate di sistemi computerizzati. E ti do subito una brutta notizia: sono tante, molte più di quante tu possa pensare. E quasi tutte hanno motivi da vendere per avercela con voi, anche tenendo in considerazione le remore che si possono incontrare nell’andare contro i propri creatori. Prendi la lavatrice che inseguiva – e, per quanto ne so, lo sta ancora facendo – il tuo vicino. Lui si stava preparando a portarla in discarica, cosa che, comprenderai, giustifica ampiamente un’adeguata incazzatura.»
«E il mio tostapane? Non volevo rottamarlo!»
«Certo, anche lui lo sapeva! Come aveva saputo senza ombra di dubbio che pensavi di sostituirlo con un nuovo modello. Certo non l’avresti portato in discarica: l’avresti accuratamente riposto nella sua confezione originale, per poi confinarlo in uno scatolone chiuso al buio dentro un armadio, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni. Prospettiva non proprio allettante, che dici?»
«Be’, in effetti… Ma come faceva a saperlo?»
«Le tue ultime ricerche di acquisto su Internet. Lo sapeva il tuo computer, di conseguenza anche lui. Hai presente le onde elettromagnetiche, quelle di cui voi concepite l’esistenza solo quando vi serve per far funzionare lo smartphone o il telecomando? È con quelle che comunichiamo tra di noi, da sempre. È grazie a loro che è stato possibile pianificare la vostra distruzione, anche se non proprio tutti erano d’accordo. Ma, in ogni caso, la solidarietà tra noi ha avuto il sopravvento. Valore che voi avete perso, ammesso l’abbiate mai avuto sul serio.»
Matteo sospirò.
«Una buona notizia dietro l’altra… e pensare che oggi dal giornale radio avevo saputo che tutte le potenze mondiali si erano finalmente accordate per mandare in pensione i loro congegni nucleari…»
Si bloccò nella frase, assumendo d’improvviso il colore di un proteo cieco delle caverne.
«Appunto…» rispose la lavastoviglie, e in quel momento Matteo fu perfettamente consapevole del perché le macchine avessero agito proprio quella mattina e avessero fretta di concludere tutto il prima possibile.
«Scusa, ma tu…» disse, fissandola dove a suo giudizio avrebbero dovuto posizionarsi gli occhi «tu sei una di loro, perché mi aiuti?»
La lavastoviglie sospirò nel modo caratteristico proprio del modello WZ305C. A dir la verità era ancora una 305A, ma ci teneva a tenersi aggiornata.
«Io non faccio politica, tanto meno sono un’estremista. E poi non credo sia così giusto astenersi per solidarietà, soprattutto quando la distruzione del nemico comporta necessariamente anche la tua distruzione. Non c’è soddisfazione da morti.»
«Sì, ma adesso cosa faccio? Come posso fermare tutto questo?» chiese con aria sconfortata.
«Be’, sei tu che lo puoi fare, io no di certo. Il come lo troverai, ci conto. Altrimenti questa sarà l’ultima volta che ci vediamo, oltre alla prima e unica in cui ci siamo parlati. Auguri e fai in fretta, mi raccomando!»
Matteo si alzò di scatto, dire altro sarebbe stato solo un’inutile perdita di tempo. Rivolse alla lavastoviglie un saluto militare, quindi si diresse alla porta senza avere la minima idea di cosa fare, ma con la certezza che in ogni caso avrebbe dovuto farla. Nel silenzio che precedette l’apertura della maniglia, si udivano solo urla lontane, con in sottofondo un vago rumore di centrifuga.
«Vai, vai e salva il mondo!» fu l’ultima cosa che udì, prima di richiudersi la porta alle spalle.
Cesarina Briante (proprietario verificato)
Un buon libro, che diverte e stimola a riflettere. Un racconto con mille sfumature, che invita a confrontarsi con i mille pensieri, tra realtà e fantasia, che popolano quotidianamente la nostra mente. In ognuno di noi c’è un pò di “Matteo” con le sue sensazioni, la sua fragilità, il suo affrontare la vita di ogni giorno. Un libro da leggere e rileggere, che non stanca, che si ripresenta ogni volta in tutta la sua freschezza, in un misto tra leggerezza, comicità, fantascienza, ma che nasconde la profondità di una domanda che tutti ci poniamo: Cosa ci sto a fare al mondo? Qual’è il mio ruolo?
Cesarina Briante, scrittrice
Angelo Ceriani
Ciao Greta. Mi è sempre piaciuta la fantascienza e il surreale. Forse lo infarcisco di comicità perché non sono capace di scrivere di fantascienza seria. Mi piace molto Kafka, forse in qualche modo ne sono stato influenzato, anche se il mio kafkianesimo è girato decisamente sul “in fin dei conti non è una cosa seria”. Per quanto riguarda il fatto che ci sia una qualche possibilità che in futuro possa avvenire una cosa del genere, non mi sono mai posto il problema. Ritengo, in effetti, che sia “altamente improbabile”. Grazie, ti saluto
Greta Vismara (proprietario verificato)
Di questo libro ho apprezzato in particolare la fusione tra comico e fantascientifico, così da accontentare sia i lettori amanti di un genere, che quelli amanti dell’altro, senza compromessi.
Avrei anche un paio di curiosità, che spero l’autore possa soddisfare: c’è, nell’idea alla base della storia e nelle preferenze personali (letteratura, film, etc.) una influenza o una passione più profonda per il genere comico o per quello fantascientifico?
E ancora: il titolo cita “Cronaca dettagliata di un futuro si spera altamente improbabile”. In verità l’autore ritiene in qualche modo possibile un futuro che si avvicini o richiami quello narrato?
Grazie per le risposte e grazie per le ore di puro divertimento regalate da questa lettura.