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Madri d’Europa

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Consegna prevista Aprile 2024
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Dieci donne che hanno governato e influenzato le sorti dei loro Paesi attraverso i propri figli, regine madri che non si sono limitate a stare ai margini: coi loro gesti e con le loro parole, si sono rivelate figure centrali e determinanti delle loro epoche.
Un dialogo tra passato e presente per ripercorrere emozioni senza tempo: conquiste, gioie e dolori universali. Austere, temute e dallo sguardo fiero, icone e visionarie, con la capacità di resilienza e di attuare strategie. Livia Drusilla, Sant’Elena, Caterina de’Medici, Elisabetta Farnese, Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina di Napoli, Letizia Bonaparte, Sofia di Baviera, Dagmar di Danimarca e Margherita di Savoia, rivivono nei luoghi del nostro vasto patrimonio artistico come non le avete mai viste, da vere protagoniste indiscusse. Racconti, aneddoti, discorsi e fiction, un lungo viaggio per raccontare un’altra Storia, restituendo un racconto autentico. Un invito a conoscere il territorio e noi stessi attraverso gli antichi.

Perché ho scritto questo libro?

Ho incrociato per la prima volta i loro sguardi severi lungo i miei viaggi, nei musei, alle mostre, sui giornali, nei libri, nei film, tramite miti del loro tempo. Le ho ammirate, giudicate, temute, vissute. Ho seguito le loro tracce dappertutto e letto le loro corrispondenze, affascinata dalla loro autorevolezza quanto dal loro animo, mossa da un amore che supera il tempo e lo spazio. Ed ora è arrivato il momento della rivincita, di raccontarle come nessuno ha fatto mai.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Prologo

Cara lettrice, caro lettore,

ti presento dieci donne che hanno cambiato le sorti d’Europa. Hanno mosso i fili del nostro passato, hanno agito da dietro le quinte, fondato la nostra civiltà, stabilito le basi del nostro presente. Sono state innanzitutto madri e condividono tra di loro il dolore per la perdita di un figlio. Alcune di loro sono più famose, altre sono state messe da parte o denigrate dalla storia. Hanno in comune un portamento rigido, lo sguardo fiero, un forte temperamento, la capacità di resilienza e di attuare strategie. Altere, intelligenti, astute, austere, metterebbero in soggezione chiunque. Bramano, scrivono, viaggiano, pregano, combattono. Governano i paesi a cui appartengono attraverso i loro figli, influenzando ogni scelta politica, diventando i loro principali consiglieri. Ma non si sono limitate a stare ai margini, con i loro gesti e le loro parole, si sono rivelate figure centrali e determinanti delle loro epoche. Hanno visto ciò che gli altri non riuscivano ancora a cogliere. Sguardi di donne che ho incrociato per la prima volta lungo i miei viaggi, nei musei, alle mostre, sui giornali, nei libri, nei film, tramite miti del loro tempo. Le ho ammirate, giudicate, temute. Mi hanno tenuto compagnia inconsapevolmente sin dall’infanzia, me ne sono accorta in seguito, rivedendo le loro versioni cartoons, interpretate sullo schermo da dive del cinema o rileggendo fiabe ispirate alle loro vicende. Donne che continuano a sfuggire nella loro complessità. Immortalate da artisti, scultori, studiosi e critici da secoli, hanno lottato fino alla fine per i valori in cui credevano, le cause che hanno sostenuto con orgoglio, per i loro figli e per i loro sudditi. Eppure nessuno è riuscito a catturare realmente le loro persone.

Sono state regine, nobili di spirito e nel sangue. Hanno lasciato la loro impronta ovunque: nella cucina, nell’arte, nella moda, nella cultura, nella lingua, nella religione. Sono state protagoniste del loro tempo, del loro contesto, del loro mondo quanto i loro stessi figli. Ed è stato l’amore per i propri figli a smuoverle, convincendole a dedicare la loro completa esistenza a cercare di realizzare un mondo migliore. Ho visitato la maggior parte dei luoghi di cui vi parlerò, attraverso i miei occhi tenterò di farvi rivivere vecchie emozioni, lo scorrere di vite passate. Alla fine di ogni racconto troverete una mia annotazione, una pagina di diario scritta nel momento in cui ho avuto l’occasione di avvicinarmi alle loro vite mediante i luoghi in cui hanno vissuto. Hanno spostato i miei confini, spinta oltre i versanti dei monti e le rive dei mari, dalla Corsica alla Francia continentale, dall’Austria alla Grecia, in treno, in auto, in nave e in aereo. Ho passato tra le mie mani le loro corrispondenze, lettere ancora intrise di lacrime e sudore, conservate con le stesse originali piegature. In questo libro, come nei miei viaggi, il mio obiettivo sarà ripercorrere le loro memorie, le loro esistenze tragiche e leggendarie, dolori e gioie di queste coraggiose eroine. “Madri d’Europa” è un progetto che nasce dal desiderio di portare di nuovo l’attenzione sulle vere pioniere della nostra storia. Il mio compito sarà anche quello di accompagnarvi alla scoperta dei loro palazzi, delle stanze e dei saloni in cui si sono svolte le loro vicende, in cui hanno trascorso le proprie giornate, alla scoperta del nostro Bel Paese, più da lontano o più da vicino, delle nostre città, della ricchezza che ci circonda e che troppo spesso non ci accorgiamo di possedere fin sotto casa. Tutte loro, padrone dei propri spazi e della propria realtà si muovono in ambienti che le personificano, incarnano le loro fattezze e si fanno metafore, con le loro crepe e i loro ornamenti della loro giovinezza, vecchiaia, di periodi cupi o momenti di gioia.

Regnanti che hanno stretto alleanze, firmato trattative, guidato conflitti e promosso bellezze. Hanno vissuto intensamente, sognato in grande, provato le nostre stesse angosce e speranze. Questa lettura è destinata a tutti coloro che hanno bisogno di verità, di scoprire che la nostra storia è qualcosa di appassionante e, per niente, noiosa. Livia Drusilla, Caterina de’Medici, Letizia Bonaparte, Sant’Elena, Dagmar di Danimarca, Maria Carolina di Napoli, Sofia di Baviera, Margherita di Savoia, Maria Teresa d’Austria ed Elisabetta Farnese sono le donne di cui ho scelto di scrivere e sono ognuna capace di rispecchiarsi nell’altra, collocate in una linea del tempo continua, passandosi fra le dita lo stesso filo. Onnipresenti, sempre e comunque sulla scena europea, nella vita dei loro figli, tenendo le redini delle loro famiglie, battendosi per ciò che era necessario, giusto o sbagliato che fosse. Il peso di dinastie intere gravava sulle loro spalle, sposate il più delle volte per ragion di Stato, a quale amore potevano appellarsi, se non a quello più vero e sincero, l’affetto che nutre una madre per il suo bambino? Proteggendo questi loro figli eletti al potere, hanno finito per essere madri e genitrici delle nostre radici, del nostro stile di vita, dei nostri dolori più profondi. Hanno dimostrato di guadagnarsi il titolo di cui erano insignite. Amate, odiate, dispotiche quanto autorevoli, intriganti ed affascinanti, contraddicevano sé stesse ma mai venendo meno ai loro propositi, alle loro idee e a quelli che tutti consideravano i loro doveri.

Riformulando un tradizionale proverbio direi che dietro ad ogni grande sovrano c’è sempre stata una grande madre. Illuminate in secoli bui, innovatrici in epoche di regresso, guerriere al tempo di vili, donne che ancora oggi resistono ai duri colpi della cattiva sorte. Ogni volta che ciascuna ha lottato per sé stessa ha combattuto per tutte le altre, eppure sono state investite infine tutte da riprovevoli calunnie, ricoperte di menzogne, diffamate e accusate di ogni torto e di aver preso qualunque decisione. Pettegolezzi e maldicenze ruotano attorno alle loro storie alle quali, spesso, si sono preferiti altri episodi, altre personalità, svilendo le loro interessanti peripezie. Hanno ricoperto il ruolo di antagoniste, dal cuore di pietra e lo sguardo glaciale, villains per eccellenza, che spendono le proprie energie per compromettere matrimoni, evitare riconciliazioni, ammaliatrici ed avvelenatrici, assetate di potere che escogitano loschi piani con l’aiuto di fedeli scagnozzi. Il più delle volte rimane questo della loro immagine collettiva, nella mente di chi si ferma alle apparenze senza scrutare la superficie.

È il tempo della rivincita. La mia speranza è che questo libro possa riaccendere la curiosità dei più pigri di sapere, mi auguro che li spinga a digitare sulla tastiera dell’I-phone il nome di ciascuna delle protagoniste di questi brevi racconti, meglio ancora se cercando in qualche volume polveroso in libreria. Un libro contro le fake-news, che pur appartenendo al genere del romanzo storico, cerca di restituire un racconto autentico, l’anima e le battaglie di queste donne così inafferrabili. Un invito a riscoprire il piacere della scoperta, di esplorare il nostro territorio, a conoscere noi stessi attraverso gli antichi, con lo scopo di affrontare le nostre paure. Un lungo viaggio nella storia insieme alle vere fautrici di questa perché è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Per i propri figli, per il futuro.

Figlie. Donne. Madri. Madri d’Europa.

Buona lettura.

Lea Amodio

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1

LIVIA DRUSILLA

Liviae regnum referre – Riportare alla luce la domus, l’incrollabile regno di Livia Drusilla.

Roma, 1863

Era un giorno d’inverno, di quelli assai pungenti. I rami, quasi secchi, ancora lunghi verso il cielo, sembrava cercassero di catturare gli ultimi raggi di sole e la neve, leggera come un soffio, cadeva lieve e silenziosa e stanca ed esitante si poggiava sui tetti delle case. Su un terreno leggermente in pendenza, alle prime ore del mattino, in una zona delle sette colline della città eterna, veniva alla luce, come per la prima volta, un fregio a sfondo giallo con diverse zone di colore blu. «Signore, venga qui, suppongo che abbiamo trovato qualcosa di grandioso…» Il soprintendete Rosa raggiunse passo dopo passo il giovane che gli aveva fatto cenno di avvicinarsi e si chinò per constatare da vicino quella scoperta. Negli ultimi mesi, gli scavi sul Palatino erano stati resi difficili dal freddo e dal ghiaccio, adesso un nuovo reperto ritornava da un lontano passato sull’estremità più occidentale del colle, su una terrazza più bassa rispetto al tempio della Magna Mater come un sospiro caldo destinato a rianimare quegli uomini alla ricerca delle proprie radici, di una madre che potesse rincuorarli e sollevarli dal triste destino dell’Europa del tempo. Quegli uomini lavoravano da mesi fino alla sera per restituire al vecchio continente delle fondamenta, delle itinera, delle strade ma anche dei viaggi in cui incrociarsi e superarsi. Dovevano riscoprire i disordini, i desideri, le brame e persino le follie del passato come se conoscere la loro identità li rendesse più simili e uniti per l’avvenire. Il Soprintendente Rosa sfiorò con una mano la superficie di quel fregio lumeggiante, cercando di scostare le erbacce e di strofinare via la polvere. L’oggetto conservava nonostante fosse rovinato qualcosa di mistico. Ne controllò l’autenticità e l’antica incisione nascosta su un lato. I suoi occhi divennero stretti quanto una fessura; dopo qualche colpo di tosse provocato dal polverume passò ripetutamente un panno umido su quel pezzo finché non si convinse della veridicità del fatto. L’uomo trascinato dalla gioia tirò dal petto tutto ad un fiato un grido di pura gioia. Lanciò lo sguardo verso il Quirinale, lì dove avrebbe portato buone notizie e poi girò gli occhi verso le strade piene di folla affaccendata nelle più disparate attività, lì dove un tempo camminavano gli antichi per raggiungere le caotiche tabernae o i sacri templi.

«Signore, dunque, chi è il proprietario?» gli domandarono in quei lunghi instanti. E l’uomo con l’anima già in iter tra remote viae pronunciò a voce rotta «Iulia Augusta».

Roma, 26 d.C.

«La mia preferita è quella a sfondo giallo e blu, quella impreziosita dai quadretti di vita egizia.» disse una donna anziana seduta allo specchio alla sua ancella. Quella fresca mattina d’inverno la cubicula era semibuia poiché la luce entrava solo dall’atrium. Da quella casa, sul Palatino, il vociare era sconosciuto e il traffico distante, regnavano dunque, come un sonno, solo la quiete e un’avvenente, cinica e spregiudicata donna che portava il nome del suo degno consorte. Livia Drusilla Claudia guardava allo specchio il suo sguardo fiero piegato tra rughe ricurve inflitte come ferite. Quelle linee profonde erano più spaccate delle crepe della sua vecchia domus. In quelle stanze, dove ora giaceva stanca e arresa, un tempo aveva lottato come prima donna di un vasto impero, come moglie di un imperatore, come madre dedita e amorevole per i suoi figli e per il suo regno. Aveva dovuto conquistare due volte Roma, la prima, quando Augusto l’aveva presa in moglie, la seconda dopo che a suo figlio Tiberio, nato dal primo matrimonio, gli erano state consegnate le redini dell’Impero. E Roma l’aveva scelta due volte. Tra quelle mura aveva svolto una funzione simbolica quasi sacra, aveva ricevuto le matrone di alto rango, le sue amiche e le sue confidenti, aveva cresciuto i suoi figli educandoli secondo i valori che incarnava, quelli del mos maiorum. Ora questa donna dal viso segnato era condannata ad una vita di soli riflessi. Lo specchio opaco e consumato era ben più di una lastra metallica bensì una porta verso momenti felici costernati dai fasti dell’Impero. Rammentava quando si recava nello studio privato di Augusto sorretto da cinque o sei colonne e sul quale si affacciavano diverse stanze decorate da arbusti, foglie, fiori e frutti. Le due domus seppur indipendenti erano adiacenti e separate solo dal Tempio di Apollo; Livia per giungere da suo marito attraversava di corsa l’atrium, passando accanto all’impluvium e, percorrendo un ampio corridoio che fungeva da tramite, riusciva a parlare con lui di politica, suggerendogli preziosi consigli e mosse strategiche segni di spiccata intelligenza. Livia era temuta, il suo portamento fiero, il suo sguardo altero la rendevano percettibilmente severa e impassibile agli occhi altrui. Eppure, spesso si era dimostrata da giovane un’amabile conversatrice capace di intrattenere in qualunque argomento. Quelle parole erano rimaste impresse tra quelle mura, per sempre avvolte dal mito dell’eternità. Livia era consapevole di ricoprire un ruolo fondamentale, di essere la prima imperatrice di una serie di nobildonne che l’avrebbero succeduta per i suoi valori nel corpo e negli anni. La sua vita aveva deciso che avrebbe avuto un unico scopo: essere la madre di un grande sovrano. Fu così che impiegò tutte le sue forze per rendere suo figlio Tiberio il successore di Augusto conquistandosi la stima del Senato e delle maggiori autorità. Livia era amata più di suo figlio, quanto una dea immortale che nessuno vede finché è dentro le mura della sua domus ma di cui tutti constatano gli interventi politici e la sua influenza nella società. Tutto questo finché quella mattina d’inverno, quando Livia pensava di essere giunta ai limiti del suo potere si rese conto di quanto ancora avesse da donare all’Impero che aveva plasmato negli ultimi cinquanta anni. Un messaggero sfrecciava da una parte all’altra del peristylium con lampante trepidazione e palese nervosismo borbottando tra i denti qualcosa riguardo delle trattative. Una delle ancelle lo condusse al cospetto di Livia per portarle notizie dal Senato. Preoccupato al punto di balbettare, il messaggero conoscendo le posizioni dell’Augusta, per un attimo fu sfiorato dall’idea di scaraventarsi dalla finestra che affacciava sull’hortus. Acuta osservatrice, Livia scrutò la disperazione nello sguardo di quel povero malcapitato e gli chiese quanto prima di buttar fuori la notizia seppur cattiva. Alcune ancelle dal triclinium si radunarono dietro ad un drappeggio per origliare la conversazione mentre la matrona impaziente spronava l’uomo a raccontare i fatti. «Augusta, spiacevoli notizie vi porto dal Senato. Il Princeps Tiberio sta rovinando il rapporto con i senatori, l’aristocrazia non si fida più di lui, minaccia di spostare la corte sull’Isola di Capri». Livia a queste parole non mosse ciglio, strinse la mano in un pugno e con incrollabile orgoglio comunicò che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per fermare questa minaccia. «Per Giove, mio figlio? Come può la creatura che ho cresciuto in questa casa contrastare la mia legge? Perché vuole fare a pezzi quello che l’Augusto ha fatto per noi? Non mi arrenderò, non lascerò questo mio iter finchè non avrò fatto giustizia. Dimmi, quali sono le ragioni che vi si oppongono?»

«Mia signora, in città si sono creati due schieramenti, l’aristocrazia è dalla parte dell’Imperatrice madre, il resto dalla parte dell’Augusto Tiberio, si dice che non voglia rivelare le ragioni della sua partenza per Capri, ha già avviato il progetto di una grande villa dedicata a Giove. La città è in sommossa, il mos maiorum è stato attaccato nella sua più viva componente, il Senato, e i cittadini chiedono di più.»

«Convocate l’Augusto. Ho necessità di parlargli quanto prima e se non lo farà prenderò il primo vascello e solcherò i mari alla mia età pur di trovarlo!»

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Lea Amodio
Lea Amodio è nata a Napoli il 23 luglio 2004, appassionata di storia, libri, viaggi, teatro lirico e di prosa, cinema e arte, va da sempre alla ricerca di storie da raccontare e luoghi d’interesse. Scrive e mette in scena sin da bambina storie fantasy i cui temi principali sono l’identità, la libertà e il coraggio di essere sé stessi per poi dedicarsi a romanzi e racconti di carattere storico. Nel 2020 crea il progetto “Madri d’Europa” di cui sarà disponibile anche un podcast che vanta la partecipazione di molti ospiti del mondo della cultura e dello spettacolo. Per la stesura del libro ha consultato corrispondenze e manoscritti delle maggiori biblioteche, visitato numerose città e nazioni lasciandosi trasportare e indicare dalle dieci protagoniste. Studiosa dell’Ottocento e degli Asburgo, esperta della vita di Elisabetta di Baviera, ha nel cassetto un libro su di lei.
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