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Marzo, Tempo di Rinascita

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Consegna prevista Ottobre 2025
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“Un viaggio nel buio, una ricerca di luce.”

Questo libro è la mia storia, ma è anche la tua. È la storia di chi ha vissuto nel silenzio del dolore, nella paura di non essere mai abbastanza. È il racconto di una lotta contro un nemico invisibile, ma anche di una rinascita. La mia rinascita.

Le parole, la scrittura, sono state il mio rifugio, ma non ero sola. L’amore della mia famiglia, degli amici, del mio cane, mi ha sorretto quando pensavo di affondare. Oggi, posso dirlo con certezza: la luce può tornare, anche nei momenti più bui.

Questo libro è per chi lotta nel silenzio, per chi ha paura di cadere e di non rialzarsi più. È per chi ha bisogno di sentirsi visto, amato, accettato. Non sei mai solo. La vita, per quanto complicata e dolorosa, ha dentro di sé un’infinità di meraviglie che aspettano solo di essere scoperte.

Perché ho scritto questo libro?

Questo libro nasce dal mio diario, il mio confidente nei momenti di solitudine. Ho deciso di trasformarlo in un racconto per aiutare chi si sente solo e chi sta affrontando un cammino simile, ma anche familiari e amici che spesso non sanno come sostenere. Voglio sensibilizzare su un tema troppo spesso accompagnato da pregiudizi e false credenze, portando consapevolezza su qualcosa di così delicato e complesso.

 ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Capitolo 1  

L’inverno è passato, i prati si colorano, gli uccelli tornano a canticchiare allegramente, e gli alberi si vestono di un verde acceso. La vita rinasce. Rinascita: questa è la parola chiave del mio viaggio, anzi, del nostro viaggio.  

 

Oltre il Buio: Storia di un Risveglio  

 

Era la primavera di cinque anni fa quando qualcosa dentro di me cambiò. Iniziai a perdere peso, ma quello era solo ciò che appariva all’esterno. Dentro, stavo perdendo la vita. Come gli alberi in autunno che perdono le foglie, io persi il sorriso e la speranza.  

Mi sentivo sola. Completamente sola.[Ritorno a capo del testo]Non riuscivo a comunicare ciò che sentivo, ciò che provavo. Neanchio capivo cosa stesse succedendo.[Ritorno a capo del testo]Mi sentivo impotente e al tempo stesso forte. Leggevo la preoccupazione e la delusione nei volti della mia famiglia.
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Ogni giorno li sentivo allontanarsi, anche se sapevo che non era ciò che volevano. La nostra vita si trasformò in un continuo litigio; smettemmo di comunicare davvero. Non riuscivamo né ad ascoltarci né a condividere le nostre preoccupazioni e i nostri pensieri. Tra di noi si era innalzato un muro fatto di silenzi, urla, rancori e freddezza.  

Ricordo una notte in cui non riuscivo a dormire. Mio padre, inaspettatamente, venne nella mia stanza e si sdraiò accanto a me. Parlammo, dopo tanto tempo. Gli raccontai dei miei progetti, delle mie ambizioni da adolescente, della mia prima cotta. Parlammo a lungo, fino a quando entrambi ci addormentammo.  

Ogni giorno mi sentivo sempre più sbagliata, come se fossi la causa di ogni discussione e preoccupazione. Non sapevo a chi rivolgermi né di chi fidarmi.  

Il mio aspetto era solo il riflesso di ciò che mi stava logorando dentro. Mi chiusi in me stessa, perdendo tutto ciò che mi era più caro: gli amici, la famiglia. Ero sola, o almeno così mi sentivo. Quante volte dissi che avrei voluto un cane perché cercavo un amore incondizionato! Avevo bisogno di qualcuno che mi amasse e mi ascoltasse, ma soprattutto avevo bisogno di essere io la prima a farlo: a volermi bene e ad ascoltarmi.  

Cominciai a pretendere sempre di più da me stessa, spingendomi oltre i miei limiti, per poi cercare di superarli. Mi ponevo obiettivi sempre più alti, cercando qualcosa di irraggiungibile. Proprio come Icaro, che volò troppo vicino al sole con le ali di cera. Questa determinazione, o forse ossessione per il controllo, mi consumava. A scuola non ero mai soddisfatta dei miei risultati e pretendevo sempre di più. Quando iniziai a prendere i farmaci, la mia concentrazione calò drasticamente: ero stanca, spossata, e studiare divenne un’impresa. I miei voti peggiorarono e le mie incertezze crebbero. Mi sentivo stupida, inferiore ai miei compagni, inadeguata per il percorso scolastico che avevo scelto.  

Le restrizioni, i numeri, la bilancia: tutto divenne unossessione. Ogni giorno il mio corpo diventava più magro, più fragile, esile e spigoloso. Diventai debole, incapace persino di sorreggermi. Il mio corpo gridava, ma io non riuscivo a percepire la sua sofferenza, né la luce spenta del mio viso.  

A un certo punto, però, mi resi conto che dovevo riprendere in mano la mia vita.  

Volevo tornare a vivere come qualsiasi ragazza della mia età. Volevo tornare a sorridere, a essere quella ragazza solare di un tempo. Mi piace immaginare quel periodo come un fiore in primavera: fragile, ma capace di rinascere dopo il freddo dell’inverno.  

Fragilità e forza non sono una contraddizione: è proprio la fragilità a nutrire la forza.[Ritorno a capo del testo]I mesi successivi furono pieni di incertezza e insicurezze. Iniziai a odiare il mio corpo che cambiava ogni giorno di più. Il peso aumentava, e con esso, il disagio. Le persone intorno a me vedevano solo il mio corpo ristabilirsi, credendo che stessi meglio, ma lo stabilizzarsi del peso non porta necessariamente a un equilibrio emotivo. Si tende a pensare che una persona sia malata e infelice solo quando è sottopeso, ma la verità è che dietro l’aspetto fisico si nascondono pensieri, emozioni, angosce invisibili agli altri. La situazione mi sfuggì di mano. Iniziai a farmi del male. Il mio disagio cresceva con i commenti delle persone, che notavano i cambiamenti del mio corpo. Più me lo facevano notare, più mi sentivo sbagliata.  

Volevo riprendere in mano la mia vita, ma mi sentivo intrappolata in quei pensieri e in quelle ombre che non mi lasciavano mai. Quelle voci nella mia testa erano sempre presenti, uneco incessante.  

Non è stato un percorso facile, e non lo è tuttora, perché non posso dire di esserne pienamente uscita. Credo che molti pensieri, molti meccanismi che si sviluppano nella mente restino saldi e continuino a riemergere. Ma sto imparando a conviverci.  

Ho capito che ognuno di noi ha dei limiti, delle insicurezze. Siamo esseri umani.  

Ho imparato ad accettarmi per ciò che sono, a dare meno  

importanza a ciò che gli altri pensano di me.  

Sono fatta così, e sono felice per quello che sono.[Ritorno a capo del testo]Mi ritrovo molto nella canzone di Ultimo, “Giusy”, in cui dice: “E ricorda, è dal dolore che si può ricominciare”. Il dolore condiziona la nostra vita, ma sta a noi decidere come affrontarlo. Il dolore può essere un punto di partenza, un nuovo inizio. Si cade e ci si rialza, con una nuova forza. Come un bambino che, dopo ogni caduta, trova la forza di rialzarsi e riprovare.[Ritorno a capo del testo]Schopenhauer diceva che il dolore fa parte della vita umana. Ed è proprio il dolore che ci ricorda di essere vivi, ed è dal dolore che possiamo ripartire. La vita è fatta di attimi. Dobbiamo viverla nei suoi momenti buoni e cattivi. Non possiamo permetterci di perdere anche un solo secondo pensando di non farcela, sentendoci inutili o falliti.  

2025-01-20

Aggiornamento

Non riesco a crederci! In meno di 48 ore abbiamo superato i primi due obiettivi e siamo arrivati a ben 302 copie prese! Il cuore è pieno di gratitudine, non solo per questo incredibile traguardo, ma anche per tutto il sostegno che mi state dando. Le parole meravigliose che mi sono arrivate mi hanno emozionata profondamente. Ogni vostro gesto e ogni pensiero sono un regalo che custodirò sempre . Grazie di cuore a ciascuno di voi . Siete davvero straordinari!

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Chiara Mariani
Mi chiamo Chiara, ho 24 anni e sono una sognatrice. Nella mia vita ho affrontato sfide profonde che mi hanno insegnato il valore della resilienza e dell’amore verso me stessa. Da adolescente ho conosciuto il buio, ma ho scoperto che anche nei momenti più difficili è possibile trovare la forza di risalire. Amo la vita, i sorrisi delle persone e le piccole gioie quotidiane Ho trovato rifugio nelle parole, nell’arte e nella creatività, strumenti che mi hanno aiutata a dare voce alle emozioni che spesso restavano nascoste. Scrivere questo libro è stato per me un atto di coraggio, un modo per trasformare il dolore in speranza e dare voce a chi si sente intrappolato nel silenzio. Oggi so che ogni passo, anche il più incerto, può condurre verso la luce. Spero che le mie parole possano ispirare chi le leggerà a ritrovare il coraggio, la bellezza e la forza che si nascondono dietro ogni ferita.
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