Prologo
Londra, venerdì 18 agosto 1995
Appena entrano al Portland Hospital, due infermiere corrono verso di loro e sistemano Rachelle Arden sul lettino.
«Sta sanguinando» li informa il marito. «Non è normale, vero?»
«Ho bisogno di un’ecografia addominale e quattro grammi di solfato di magnesio» ordina il dottore intanto che portano la paziente verso la stanza più prossima.
«Pressione centosessanta su centodieci» dice un infermiere. I vestiti della donna sono appiccicati al corpo per via del suo stesso sudore. «Il bambino è in sofferenza.»
«Somministro il magnesio.»
«Harris…» Rachelle chiama il marito, dopo che un’infermiera si è avvicinata con la siringa.
Lui le dà un bacio sulla fronte e le accarezza i capelli. «Sono qui con te, amore. Concentrati su di me.»
«L’ecografo è pronto» informa l’infermiera.
«C’è qualcosa che non va?» chiede Harris, notando, per quanto possibile sotto la mascherina, l’espressione preoccupata del medico.
Lui non risponde.
Harris continua a stringere la mano di Rachelle, mentre le pulisce le lacrime dagli occhi. Gli si spezza il cuore a sentire i suoi lamenti di dolore. Non è stata una gravidanza facile; da quando ha perso il primo bambino, non hanno più parlato di creare una famiglia. Quella nuova gravidanza è stato un miracolo. Il loro miracolo. Non può finire così. Non di nuovo.
Lei si piega ancora in due dal dolore.
«Che succede?»
Altre infermiere entrano nella stanza con strumentazioni di cui Harris non ha idea a cosa servano.
«Allora?! Qualcuno mi dice cosa diamine succede?!»
«Ha la placenta previa» risponde il dottore guardando il monitor dell’ecografia.
«Amore?» sussurra la donna, girando la testa per guardare il marito con occhi spaventati.
«Cioè?» chiede lui.
«La placenta ostruisce la cervice. Il bambino non può passare» spiega il medico, continuando a osservare il monitor. Poi si rivolge alle infermiere: «Cortisone, un’unità di zero negativo e test di compatibilità trasfusionale».
«Non voglio perderlo di nuovo. Non ce la faccio» dice lei, con gli occhi pieni di lacrime.
«Rachelle,» interviene il medico «se non riusciamo a fermare l’emorragia, dovremo fare un cesareo d’emergenza, d’accordo?»
«L’emorragia sta diminuendo» gli comunica una delle infermiere.
«Datemi il battito della bambina.»
Nessuno parla.
«Allora?!»
«N-non riesco a trovarlo» risponde nervosa l’infermiera più vicina a Rachelle.
Il medico si avvicina alla pancia e applica altro gel. Dopo diversi secondi annuisce. «Eccolo qua» dice provocando un sospiro di sollievo nella giovane coppia. «Per ora la situazione è stabile. Torno dopo per un controllo.»
Harris sorride sollevato. «Grazie, dottor…»
«… Zhou» risponde l’altro, sorridendo, dopo essersi tolto la mascherina e i guanti.
Continua a leggereRachelle non si accorge di quello che sta succedendo finché le porte della sala operatoria non si chiudono, lasciando fuori Harris.
«… Sacca nuova, salina…» sente dire a una voce femminile.
«D’accordo, posizione cefalica» dichiara una voce maschile. «Posizione anteriore.»
«Sta uscendo.»
Percepisce una calda lacrima scivolarle dalla punta dell’occhio. «Non sento nulla.»
«È l’epidurale» le dice un’infermiera, accanto a lei. Poi le prende la mano. «Stringila. Così, brava.»
«Passiamo al cordone» ordina la voce sicura del dottor Zhou. «Piano. Le spalle ci sono. Fermi: sta soffocando. Bravi, così… Ed ecco…» La sala operatoria è invasa dal pianto stridulo di un neonato. «Congratulazioni. È una bambina bellissima!»
Rachelle osserva felice come la puliscono con cura. Nell’intera sala cala il silenzio. Il suo sorriso svanisce. Si gira disperata a guardare verso l’infermiera che le continua a stringere la mano. «Che succede? Perché… perché la mia bambina è diventata blu?»
«È cianotica» sente dire al medico. «Asfissia neonatale.»
Taglia il cordone e trasferisce la neonata sul lettino di rianimazione. Per prevenire la perdita di calore l’avvolge in un telo caldo.
«Voglio vederla» sussurra Rachelle. Si sente sempre più debole, sempre più pesante. Vuole solo chiudere gli occhi. Solo per un secondo. «Voglio vedere… voglio…»
Il monitor non segna più il battito.
«La stiamo perdendo» urla una delle assistenti.
Il dottore gira la testa per guardare la madre.
«Serve più epinefrina. Iniettate l’epinefrina e procedete con il defibrillatore!»
«Polso debole!» risponde un’infermiera dopo alcuni istanti, riferendosi alla donna.
Zhou annuisce. Ora può concentrarsi sulla piccola. Mantiene la pervietà delle vie aeree e procede con la ventilazione a pressione positiva.
Niente. Il medico cerca di non deconcentrarsi. Ispeziona la faringe e ripete le insufflazioni. Nonostante la ventilazione, non vede nessun aumento della frequenza cardiaca, perciò decide di iniziare con le compressioni, fornendone tre accompagnate da una ventilazione con un ritmo di circa quindici cicli ogni trenta secondi.
«Per ridurre la probabilità di ipoglicemia, somministra il glucosio per via intraossea» ordina a uno degli infermieri che lo sta assistendo, intanto che si ferma a pensare, osservando la scatola nera che gli ha lasciato il suo vecchio collega. Non è d’accordo con i suoi metodi e le sue teorie sperimentali, ma se avesse ragione?
Non essere sciocco, pensa, lo sai che è un medicinale non ancora approvato. Se lo usi e va finire male puoi dire addio alla tua carriera. È questo che vuoi?
«Cosa devo fare?» lo chiama il giovane, sempre più ansioso. «Dichiaro l’ora del decesso?»
Zhou fissa la bambina e rivede la sua bambina. Corre verso il tavolo su cui è riposta la scatola. Appena la apre, un denso vapore freddo gli rinfresca il volto. Afferra il flacone e osserva il liquido argenteo all’interno, prima di preparare l’iniezione. Il contenuto riempie con rapidità le vene della neonata non appena lo inietta.
Si allontana, in attesa che il farmaco faccia effetto.
Nulla.
«Ora del decesso…» inizia a dire girandosi a guardare l’orologio. Si interrompe quando vede la bambina in preda a un violento attacco epilettico.
«Che succede?» domanda un’infermiera.
Il dottore non fa in tempo a rispondere che le convulsioni si concludono in pochi secondi. Sorride ascoltando nuovamente il pianto della piccola. «Quanto tempo è stata senza respirare?»
«Tre minuti» risponde l’infermiere, stupefatto. «È stato un miracolo.»
«No, Allan» nega il medico sorridente. «È il potere della medicina.» Poi ritorna dalla madre per controllare i parametri. «Come sta?»
«Stabile» risponde un’infermiera.
«Portiamola di là. Ha bisogno di riposo. E informiamo il padre di tutto quello che è successo.»
«Dov’è?» domanda Rachelle, debole. Il colore delle iridi risalta sul pallore del suo giovane viso. «La mia bambina… dov’è?»
L’infermiera gliela fa vedere e la madre sente le labbra distendersi in un sorriso quando vede due occhi aprirsi e guardare curiosi verso di lei.
«È bellissima.»
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rosifilizzola (proprietario verificato)
Fin dalla prima pagina, sono immersa in una trama intricata e piena di suspense che non permette tregua. La narrativa è così avvincente che ogni capitolo lascia una sensazione di anticipazione, rendendo quasi impossibile mettere giù il libro.
La trama è un perfetto equilibrio tra colpi di scena inaspettati e indizi sottili che mi hanno mantenuta costantemente a indovinare, quindi chi è?.
Quando uscirà la seconda parte? . Rosi Filizzola