Keith aprì gli occhi. Inspirando fortemente, si sollevò a sedere di scatto, le lenzuola attorcigliate attorno al corpo.
Sempre lo stesso incubo. Lo ricordava nei minimi dettagli.
Con una mano si ravviò i capelli giallo paglia, percorsi da linee grigie che si facevano sempre più numerose. Si mise a sedere al lato del letto e si passò le mani sul volto per dissipare i residui del sonno. Come sempre si osservò il dorso delle mani, chiedendosi cosa significassero quelle cicatrici che non c’erano.
Quel sogno era ormai una costante che lo accompagnava da un tempo che non riusciva a definire. Ciò che lo turbava di più era il ricordare nitidamente il sogno nei minimi dettagli, ritrovarlo come un vecchio compagno, quando invece all’interno di esso non aveva memoria di nulla, neanche di se stesso. A volte si chiedeva quando stava davvero dormendo… nel sogno o nella veglia?
Madido di sudore, si alzò dal suo giaciglio, lasciando cadere il lenzuolo al suolo. Vagò con lo sguardo sul suo appartamento semispoglio. Non aveva mai speso molto sforzo a personalizzarlo, un po’ forse per pigrizia e un po’ perché sentiva che quel posto era solo un alloggio temporaneo, a cui non voleva legarsi. Anche se ormai era temporaneamente lì da anni.
Attraversata la piccola stanza, entrò nel bagno e si gettò dell’acqua in volto. Dallo specchio lo fissava il suo riflesso, grondante acqua da una barba di pochi giorni. Gli occhi di un azzurro cinereo erano incorniciati dalle linee delle rughe che, come delle crepe, si espandevano verso i lati del viso. Sforzò le labbra in un tentativo di sorriso che durò pochi faticosi secondi.
Era passato parecchio tempo da quando aveva pensato di poter essere chiunque volesse e andare ovunque desiderasse, vivere avventure uniche…. ora era solo un uomo di mezz’età, in un anonimo quartiere di periferia.
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