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Mi occupo di morte

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Consegna prevista Luglio 2025
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Noir narrato in presa diretta e con umorismo dal protagonista, killer a pagamento con una sua precisa etica. Un simpatico cattivo con cui è difficile non solidarizzare, nostro malgrado.

Una vita all’apparenza normale, il lavoro, gli amici, una figlia, le baruffe con la ex, i vicini, le riunioni condominiali…

Cosa succede quando una donna lo incarica di trovare e uccidere un pappone che ha rovinato la sua vita e quella della sorella?

Entrano in scena il nipote del boss del quartiere che vuole fare le scarpe allo zio, capitani di polizia dalla più che dubbia moralità, capibanda di associazioni criminali, tenutarie di bordelli, gorilla e mercenari. Dopo un susseguirsi di sorprese, la vicenda ha un epilogo imprevedibile e il protagonista deve dare il meglio di sé per portare a termine l’incarico e salvarsi la vita.

Una storia tesa e credibile, con un umorismo a volte sarcastico che stempera i momenti di tensione e fa amare il protagonista nonostante le sue evidenti contraddizioni.

Perché ho scritto questo libro?

Una mattina mi sveglio con in testa una frase: “mi occupo di morte”. La scrivo. Mi piace, non so perché. E poi? Ne evoca un’altra, poi un’altra, e un’altra. Appare un personaggio, poi molti. Qualcuno simpatico, altri decisamente no. Ma tutti così umani che iniziano a muoversi con vita propria, a interagire aldilà di me. Cosa posso fare? Lascio uscire la creatività, perdo molte ore di sonno e realizzo qualcosa che mi soddisfa molto e piace anche ai miei amici. Sono felice di condividerlo con te.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Ci sono persone che quando si trovano a tu per tu con un killer da ingaggiare si rendono conto di non avere accumulato abbastanza odio. Hanno aspettato quel momento magari per mesi e, tutto a un tratto, realizzano di non essere capaci di ordinare un delitto. E crollano. Piangono, si disperano e se ne vanno impotenti e sconfitte, sanno che non avranno mai il coraggio di vendicare il torto subito. E che nessuno lo vendicherà mai per loro. Preferisco che quel tipo di persona crolli prima di avermi ingaggiato. Se succede dopo, posso avere dei problemi. Immaginate una persona in preda a dubbi e crisi di coscienza, sull’orlo del pentimento. Una volta, ero ancora un pivellino, mi è capitato un cliente così: ho dovuto compiere due omicidi, il secondo non pagato.
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(…)


Passo molto tempo al bar di Jack Tigre Jackson. È un po’ il mio ufficio. Mi piacerebbe tanto avere un ufficio normale, come un professionista qualsiasi: un assicuratore, un avvocato, un medico. Con una bella targhetta di ottone lucido sul vetro della porta. Ma sulla targa cosa potrei scrivere: killer? No, non si può. Spazzino del quartiere? La gente non capirebbe. Il mio ufficio è da Tigre Jackson. Lui in gioventù è stato un discreto mediomassimo, ha anche combattuto qualche incontro da professionista, quando è arrivato qui da non so più quale paese africano. Del suo passato gli è rimasto il soprannome Tigre e un buon diretto destro. Un gancio lo puoi parare ma un diretto è molto difficile da evitare. Così il suo bar è un posto tranquillo, tutti sanno che al primo accenno di rissa lui non chiama mica la polizia, come fanno gli altri baristi, ma salta immediatamente il bancone e piomba addosso a chi ha iniziato. Di solito non è Jack quello che dopo viene portato a braccia fuori dal locale. I miei clienti sanno che possono trovarmi lì e, se non ci sono, lasciare o ricevere messaggi. E, cosa non trascurabile, la birra è buona.

(…)

“Dimmi tutto quello che sai del grand’uomo.”

“Si chiama Moreno.”

Silenzio.

“Moreno e poi?”

Silenzio.

Tento la carta dell’ironia: “Lo capisci che non posso ammazzare tutti quelli che si chiamano Moreno? Sono tanti, ti costerebbe troppo.”

Silenzio. La guardo. Non ha più l’aria così sicura come poco prima, sembra anche in imbarazzo.

“C’è qualcosa che mi vuoi nascondere?”

“Purtroppo no, ti ho detto tutto.”

Spero di aver capito male il senso delle sue parole: “Mi stai dicendo che di questo Moreno non sai nulla di nulla?”

Guarda davanti a sé e annuisce.

“Il cognome, dove abita, chi frequenta, dove bazzica? Niente? Hai una foto?”

“Ti sembra che io sia il tipo che va in giro con la foto di una merda nel portafoglio?”

È passata in un attimo dall’imbarazzo alla modalità ‘leonessa’. Reagisco: “E come cazzo lo trovo questo Moreno? Metto un annuncio sul giornale? ‘Cercasi Moreno. Segni particolari: figlio di puttana’?”

Mi sono accorto di aver alzato la voce, la riabbasso: “Ti rendi conto che tu non hai bisogno di un killer, ma di un investigatore privato?”

“Ho bisogno di tutti e due: un investigatore che lo trovi e un assassino che lo ammazzi. Ma non possono essere due persone diverse, deve essere una sola. Se qualcuno lo trovasse per me, poi non farebbe nessuna fatica a collegarmi alla sua morte. E non me lo posso permettere. Finché Nora è viva, ha bisogno di me. Se finisco in prigione, non posso più pagare la retta della clinica. La porterebbero immediatamente in un ospedale pubblico, dove nessuno si prenderebbe cura di lei. Morirebbe come una cagna, e ha già sofferto troppo. Ed io non posso vivere sapendo che quel bastardo è in giro come se niente fosse. Per stare meglio ho bisogno che sia morto.”

La capisco molto bene. C’è chi è portato al perdono, chi alla rassegnazione, chi dimentica. E poi c’è chi odia. Lorenza appartiene a questa categoria. La stimo, in fondo io ci campo con gente come lei, tutti i miei clienti odiano qualcuno.

(…)

Torno nel vicolo, davanti ai bidoni della spazzatura. Sono tanti perché il vicolo è il retro di una mensa, un self service dove a mezzogiorno mangiano i lavoratori delle aziende della zona. È aperto anche all’ora di cena, ma ci saranno sì e no un quarto dei coperti del mezzogiorno. Conosco il posto, ci ho mangiato anch’io qualche volta, anni fa. I bidoni ora, di mattina, sono vuoti. Segno che li riempiono la sera, dopo cena, e di notte la nettezza urbana passa a vuotarli. Infatti, sono i netturbini che hanno trovato Nora e hanno avvisato la polizia. Quindi, se il pestaggio è successo di notte, nessuna delle persone che lavorano lì dentro ne sa niente. Probabile, ma me ne devo accertare. La porta del self service è chiusa dall’interno. Busso: niente. Riprovo energeticamente: BAM, BAM! Esce uno con un grembiule tutto sporco di sangue e un coltellaccio in mano che pulisce con uno straccio ancora più insanguinato: “Cazzo vuoi?”

A volte mi chiedo: ‘Perché per mestiere uccido la gente?’ In realtà la domanda dovrebbe essere: ‘Perché ne uccido così pochi?’ Faccio finta di non aver sentito il tono arrogante del macellaio.

“Un mese fa hanno trovato una ragazza proprio qua, nella spazzatura…”

M’interrompe: “Cazzo sei?”

So per esperienza che con certa gente le buone maniere non servono a molto. Gli sparo una ginocchiata nei coglioni. Forte, molto forte. Si piega verso il vicolo e lascia cadere quello che ha in mano: straccio e, soprattutto, coltello. Chiudo la porta del retro della mensa, non voglio che qualcuno da dentro si accorga del movimento. Do un calcio al coltellaccio e lo allontano dall’uomo che è caduto in ginocchio e ancora si contorce con le mani sulle palle. Poi tiro fuori il mio amico spagnolo e lo faccio scattare proprio davanti ai suoi occhi prima di appoggiarglielo nei pressi della giugulare.

“Di cosa stavamo amabilmente discorrendo?”

“Hanno trovato la puttana di notte quando qua è chiuso. I poliziotti ci hanno massacrato di domande prima di capire che nessuno di noi della mensa sa niente. Mi hai spappolato i coglioni per niente, bastardo.”

“Insegnare le buone maniere non è mai tempo perso. C’è un custode notturno?”

Per un attimo torna l’arrogante di prima: “Cazzo vivi?”

Premo leggermente la lama sul suo collo.

“Ehi, amico, la mensa è roba del Principe, a cosa serve un guardiano notturno? E tanto per essere chiaro: quando saprà che c’è uno stronzo che fa domande nella sua zona…”

Non lo lascio finire, con un piede lo spingo a faccia in giù contro un bidone della spazzatura. Più che altro per frustrazione, so che ha ragione. Mi allontano alla svelta e lo sento bestemmiare e dare titoli poco onorifici a tutta la mia stirpe passata, presente e futura.

(…)

Tigre accompagna fuori l’ultimo cliente, chiude dall’interno la porta del bar poi si siede con me. Fa il solito cenno a Paula che arriva con la bottiglia e tre bicchieri.

Paula mi chiede: “Allora? Hai trovato la tua pista?”

“Ho seguito il tuo consiglio ma non so ancora se ho fatto progressi. Forse lo saprò domani.”

“Stai lavorando per la signorina bionda di qualche giorno fa?”

“Non è bionda, è castano chiaro.”

Mi prende in giro: “Ah, haaa, la signorina non è bionda ma castano chiaro,” poi affonda: “Comunque ho visto come la guardavi.”

“Cosa c’è di strano? Le donne sono fatte per essere guardate, ed io non spreco i doni di dio.”

“La signorina ha proprio fatto il miracolo, sei perfino diventato religioso! Machissenefrega, hai capito cosa intendevo. Ho notato un certo tuo interesse.”

“Le belle donne meritano più attenzione, sicuro. Guarderei così anche te, se non fosse per questo tricheco che ti sta sempre nei paraggi.”

Con gli occhi indico Tigre. Lui alza un sopracciglio, mi guarda come si osserva un moscerino che da noia, prima di schiacciarlo.

Poi dice: “Paula ha ragione, quella donna ti attira.”

“Sì, certo, ma non dimentico che non bisogna mai mischiare lavoro e piacere. E poi non so niente di lei,” mento, “se non che mi ha ingaggiato per un lavoro: devo trovarle una persona, giù in città.”

A noi del quartiere piace dire ‘in città’ per rimarcare la differenza tra la nostra zona e il resto della metropoli. Ma, in effetti, il nostro è solo uno dei tanti quartieri, un forestiero non saprebbe distinguerlo da un altro. Poi realizzo che non ho mentito proprio del tutto. Di Lorenza Frecciante non so molto. Dove abita, che lavoro fa, la storia di sua sorella… basta. Potrebbe essere sposata con un commesso viaggiatore, avere dei bambini, degli affetti solidi e stabili. Io che c’entrerei con tutto questo? Può una donna come lei, intendo di classe, mollare tutto e mettersi con un killer?

Paula coglie la vena di tristezza che attraversa il mio viso: “Ehi, Nathan, hai bisogno di una donna, una fissa, lo sai anche tu, vero?”

“Non so se ho voglia di tutto quello che ne conseguirebbe. So cosa vuol dire spingere un carrello pieno di spesa dentro ad un supermercato il sabato mattina. Ci sono passato anch’io. So cosa vuol dire partire per un weekend in montagna, anche se ti alzi il venerdì mattina senza più averne voglia. Però l’hai promesso, e speri per tutto il giorno che un qualche motivo ti dia una ragione plausibile per non farlo. Ma il tempo è splendido, le info sul traffico non segnalano nessun ingorgo, la stagione delle valanghe è finita, nessun improvviso impegno di lavoro ci impedisce di andare. E ormai sono le cinque del pomeriggio, si parte.”

Guardo Paula negli occhi e prevengo la sua obiezione: “No, dirle semplicemente che hai cambiato idea non rientra nelle opzioni possibili.”

“Che quadrettino meraviglioso che stai dipingendo… ma hai paura delle donne?”

“Paula, sto per svelarti una grande verità che, evidentemente, ancora tu non sai: TUTTI gli uomini hanno paura delle donne.”

“Davvero? Ho sempre pensato il contrario.”

“È vero anche il contrario: le donne hanno paura degli uomini. Le relazioni sono stabili se si instaura un equilibrio tra queste reciproche fobie.”

Interviene Tigre: “Che cosa dici? Non ti sopporto quando fai l’intellettualoide da quattro soldi. Leggi una rivista o ascolti un cazzo di ‘esperto’ alla tv e poi ci racconti delle stronzate qualsiasi con l’aria di assolute verità. Ti piangi addosso e dai la responsabilità della tua infelice vita di merda a qualcun altro. Ma fammi il piacere… e soprattutto falla finita prima che Paula si faccia abbindolare e ti creda.”

Ha ragione. Ma Paula non ci sta a passare da ingenua: “Che cosa pensi, che non sappia distinguere il vero dalle fregnacce che racconta il tuo amico? Io non ho paura di te, Tigre. Machissenefrega.”

Riprendo la parola: “Avete ragione, stavo parlando a vanvera. Ho tralasciato il fatto che in giro c’è anche qualcuno che ama per davvero. Qualcuno che non ha paura di mostrare com’è in quel momento. E se ne frega delle conseguenze. Va per la sua strada e tiene la schiena dritta. Non teme di far arrabbiare il partner ”.

Paula: “Perché ama. E se ami non puoi che essere amato.”

Tigre: “Cazzo, adesso smettetela prima di parlare anche del cuore che vince ogni battaglia, o mi commuovo e vi inondo di lacrime.”

Io: “Ma se non ti ha fatto piangere neanche Achille il Martello quando te le ha suonate di santa ragione!”

“Ehi, non me le ha suonate, l’avrei ammazzato se quel venduto del mio secondo non avesse gettato la spugna!”

“Ti ha salvato la vita, tu al massimo avresti potuto sbucciargli le nocche delle mani a furia di colpirlo con la tua faccia…”

Paula guarda Jack: “Questa non me l’hai mai raccontata.”

Alzo il mio bicchiere: “Brindo al vostro grande e sincero amore.”

Calco apposta il tono sulla parola ‘sincero’.

Allora anche Jack alza il suo bicchiere: “Vaffanculo, Nathan.”

E Paula: “All’amore, che è cieco, ma prima o poi riuscirà a colpirti, Nathan.”

(…)

“Ciao, Bandini, siedi.”

I fratelli mi chiamano sempre per cognome, sono dei veri gentleman. Mi siedo al tavolo con loro, Roland rimane in piedi vicino alla porta.

“C’è del lavoro per te, Bandini.”

“Ditemi tutto.”

Moses apre una cartellina di plastica con le sue mani sudaticce, cerca tra i fogli al suo interno, mi passa una foto.

“Si chiama Daniele Shuster. Ha iniziato a servirsi da noi un paio di anni fa. Me l’ha presentato un mio zio e, sai com’è, a un familiare non ho potuto dire di no. Anche se avrei voluto. Questo Shuster ha sposato una nostra lontana nipote, è praticamente un nostro nipote anche lui, oramai. Ma è uno di quelli che rovina il mercato ai commercianti onesti, taglia la polvere senza ritegno, non è regolare con i pagamenti, agli appuntamenti per la consegna della merce è capace di arrivare in ritardo… tu puoi immaginare quanto sia lungo un minuto di attesa, quando hai in tasca l’equivalente di dieci anni di galera. Fino adesso abbiamo sopportato, per rispetto alla famiglia, ma ora ne sta facendo di troppo grosse. Tutti i consigli che gli abbiamo dato non sono serviti a niente.”

Guardo la foto. Ha proprio una faccia da stronzo: “Capisco.”

“Abbiamo perso ogni speranza di insegnargli il mestiere, ma non possiamo smettere di dargli la polvere. Lui lo sa e ne approfitta. Ma non ha proprio cervello e combina un mucchio di cazzate. E il tenente Righi non aspetta altro che una buona scusa per chiederci l’aumento del mensile, già cospicuo, che gli passiamo. Non possiamo neanche farlo cadere nelle mani delle divise, è troppo stupido. Per prima cosa Daniele farebbe i nostri nomi, e Righi non può coprirci davanti a un magistrato. Questa storia deve finire presto. Ma nessuno deve pensare che la facciamo finire noi, è chiaro Bandini?”

“Chiarissimo, Moses. Non è la prima volta che nel quartiere qualcuno si prende un proiettile nella nuca, e mai nessuno ha dato problemi ai Jacobs, per questo.”

Ora interviene Saul: “No, Bandini, non deve succedere qui nel quartiere. Daniele Shuster ci deve dei soldi, purtroppo,” sospira “e troppa gente lo sa. Qualcuno potrebbe fare due più due e collegarlo a noi per via del debito. Sbagliando. Il problema in questo caso non sono i soldi. Voglio che il fatto succeda lontano da qui, che sia più difficile pensare a noi. Voglio che si pensi ad altre cose. È uno a cui piacciono le donne, magari se succede in un altro quartiere può sembrare la vendetta di un marito geloso.”

“Capito, vedrò di fare in modo che sia così.”

“Bravo Bandini, di te ci siamo sempre potuti fidare. Ma questa volta mi raccomando più del solito. Davvero non voglio guai con i parenti. Sai, ho una famiglia troppo numerosa per poter sopportare i lamenti di tutti.”

Riprende Moses: “Roland sta combinando un finto appuntamento con Shuster. Gli ha detto che ha un cliente giù in città che non vuole passare a noi perché vuole guadagnarci di più. Gli ha detto che non può servirlo direttamente, che noi ce ne accorgeremmo. Il figlio di puttana ha abboccato. Dimmi dove te lo deve portare e te lo porterà, purché lontano da qui.”

“Domenica prossima sul viale Libertà c’è tutta la strada in festa, sarà chiusa alle auto. Bancarelle, negozi aperti, spettacoli in strada. Io sarò alle quattro del pomeriggio all’angolo con il grande magazzino. Me lo presenta e se ne va più presto che può. Il viale Libertà è dall’altra parte della città ma non voglio che, per caso, qualcuno che conosciamo ci veda assieme.”

Moses guarda il Francese, che dice: “Ok, si può fare.”

Mi alzo: “Solito prezzo.”

E Moses: “Pensavo a uno sconto, sai Bandini, in fondo Shuster è uno della famiglia e già mi piange il cuore…”

Immagino come pianga, il suo cuore: “Sai Moses, pensavo di alzare la tariffa perché è un lavoro molto più delicato degli altri, c’è di mezzo la tua famiglia…”

“Solito prezzo.”

2024-10-14

Aggiornamento

Grazie a tutti, a chi ha acquistato il libro (e siete tanti, mi state sorprendendo) a chi ci sta pensando, a chi sta solo curiosando su queste pagine...

Commenti

  1. GIULIO SAVERIO BURZILLERI

    (proprietario verificato)

    Ero curioso e forse anche un po’ diffidente verso questo libro. Ma devo dire che sin da
    subito ho notato come scorreva e si faceva leggere piacevolmente.
    Proseguendo poi, la galleria di personaggi si faceva sempre più intrigante; e l’evoluzione della storia avvincente. E’ stato un crescendo di sorprese e mi ha proprio appassionato.
    Complimenti e ammirazione per l’autore, che pur essendo alla sua prima prova, ha mostrato talento e creatività. Mi sento senz’altro di consigliarlo.

  2. (proprietario verificato)

    Questo noir che ho appena finito di leggere mi ha affascinato ( scritto molto bene) e tenuta desta la mia attenzione e curiosità dall’ inizio alla fine. Le ultime 100 pagine non sono riuscita a mollarlo per un attimo, assaporato proprio. Il personaggio Nathan ha suscitato subito empatia e simpatia sia quando descrive le sue azioni, le sue emozioni (innamorato gia dalla prima occhiata), e i suoi modi di pensare (il chiodo fissi della pensione! Ha una mente molto attiva e veloce a trovare soluzioni!
    Sorpresa molto geniale la comparsa dello scrittore al termine del libro e il dialogo con i suoi personaggi!
    Consigliata caldamente la lettura di questo libro.. è stato una bella compagnia avvincente nei miei tanti momenti dedicati alla lettura.

  3. (proprietario verificato)

    Un libro che è una grande e coinvolgente sorpresa. Ogni personaggio entra in scena con tutto se stesso, coi suoi punti di forza e le sue fragilità. Ogni capitolo è un susseguirsi di nuove rivelazioni e di nuovi inghippi che rendono la lettura sempre più avvincente. Alla fin fine si riesce ad amare un po’ di più non solo il protagonista ma anche lo scrittore, forse proprio perché anche lui alla fin fine riesce a uscire dalla sua posizione solitamente alquanto staccata e distante. Complimenti Scrittore!

  4. (proprietario verificato)

    Adrenalina, azione, passione, curiosità, ma anche amicizia, intelligenza, stupore; ingredienti che rendono questo romanzo un ottimo compagno di viaggio.
    Il protagonista diventa un amico avventuroso dal quale viene difficile staccarsi, tanto da desiderare di conoscere sempre più! (magari con un sequel?)
    Consigliatissimo!!

  5. (proprietario verificato)

    Ho assistito alla nascita di questo libro, al suo sviluppo e crescita, una volta finita la sua stesura sono stata tra i primissimi a leggerlo e l’ho letto o meglio divorato, tutto d’un fiato, la storia mi ha catturato, i personaggi unici nel loro genere ma reali, ognuno con una sua personalità ben definita, eventi che si susseguono e intrecciano con maestria, una trama avvincente che ti tiene lì fino alla fine. Dopo averlo letto, alcuni mesi dopo, ho sentito l’esigenza di rileggerlo, per riuscire a cogliere meglio i dettagli, conoscendo la narrazione, potevo permettermi una lettura più tranquilla, gustare i diversi passaggi e colpi di scena. Oggi, per la terza volta rieccomi a rileggerlo questa volta per il puro piacere di leggere qualcosa scritta bene e nello stesso tempo divertente… non mi era mai successo.

  6. Dina Martini

    (proprietario verificato)

    Consiglio questo bellissimo libro… specialmente per chi ama il genere “noir”… ironico, dettagliato, ricco di spunti emotivi e riflessioni, con un susseguirsi di personaggi reali, intensi, divertenti e ben descritti… in una trama in crescendo che ti prende e ti stimola a continuare a leggere…

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Luca De Vita - Dhana
Nasco a Milano e ho un’infanzia libera e felice con estati tra laghi e boschi: a 8 anni ho le chiavi di casa, altri tempi! Pratico judo, aiutato da vari colpi di fortuna attraverso incolume i pericolosi anni '70, ma prendo molte bastonate dalla vita negli '80. Parto per un anno da alpino e il mio carattere mi porta a essere la pecora nera di ogni reparto. Decido di andarmene e sono aiuto cuoco in Germania, barista in Lussemburgo. Poi agente immobiliare, imbianchino, arredatore, detective privato, muratore... Non mi arricchisco di denaro ma di esperienza senz’altro sì. Scorrazzo per l’Europa in moto, incontro la meditazione, divento padre. Viaggio diverse volte in India, Egitto, Europa. Organizzo eventi, amo la storia, leggo molto, ho tanti amici ma alcuni purtroppo non lo sono più, a volte per colpa mia. Mi è capitato di tradire alcuni dei miei principi ma non sono più disposto a farlo.
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