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Milagno – Come cercare casa a Milano
e vivere (in)felici

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Noemi, in arte Mangiapregasbatty, è diventata famosa sui social (e non solo) grazie a “Case da incubo”, un format irriverente in cui denuncia case a dir poco indecenti messe in affitto o in vendita da proprietari senza scrupoli. Ma cosa succede se da un giorno all’altro si trova anche lei, per contrappasso, nella giungla della ricerca casa a Milano? Dopo anni di onorato affitto in un (piccolo) bilocale del Giambellino, il proprietario di casa le comunica infatti che non è intenzionato a rinnovare il contratto. Ha 47 giorni per trovare un’alternativa: 47 giorni di canoni di affitto spropositati, agenti immobiliari che cercherebbero di vendere anche il ghiaccio agli eschimesi e appartamenti assurdi. Sullo sfondo, una Milano che mostra le sue contraddizioni e rende difficile, anche per una trentenne milanese DOC “in carriera”, la sopravvivenza.

ANTEPRIMA

CAPITOLO 1


What a time to be alive
.

Questo il primo pensiero comparso a caratteri cubitali nella mia mente non appena ricevuta la mail del mio padrone di casa.

P A D R O N E. Eh sì, perché di questi tempi chi possiede un appartamento, anche solo uno scantinato di venti metri quadri, ha un privilegio.

Questo privilegio si chiama rendita.

A volte è una rendita con contratto di affitto regolare 4+4, altre volte è un subaffitto. Ovviamente c’è del nero, come in tutte le cose.

E quindi tu, giovane ragazza milanese che ti trovi già nei tuoi trenta, con un regolare lavoro – ecco diciamo che l’avere la partita iva non aiuta – e un’entrata magari non regolare ma di cui non ci si può lamentare, ti ritrovi a leggere la mail del tuo PADRONE di casa che ti dice, neanche con troppa carineria:

Ciao Noemi,

Con la presente ti comunico che il prossimo sarà l’ultimo mese di contratto d’affitto.

Non è nostra intenzione rinnovare per motivi personali.

Saluti,

Marco

Raga.

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Dopo sei anni di contratto, in cui non ho mai ritardato una mensilità, anni in cui mi sono fatta andare bene un appartamento in via Giambellino al secondo piano, con affaccio sul cortile interno esattamente sopra la cantina dei rifiuti, con un divano troppo piccolo persino per una persona sola, con la doccia con la tendina, di quelle che ti si attaccano al corpo come le Morositas fanno coi denti, anni di portinaia paranoica in perenne odio col mondo intero. Dopo sei anni di una casa con un tavolo quadrato con solo tre sedie, una tapparella, quella della camera, rotta da oltre due anni perché nessuno si è mai degnato di venirla a riparare, con un bagno rigorosamente cieco, Marco decide di abbandonarmi e di buttarmi per strada, a combattere nella giungla metropolitana per accaparrarmi un altro schifoso monolocale a cifre stratosferiche. E non si prende neanche la briga di darmi troppi giorni di preavviso.

Quando sono entrata in questa casa avevo da poco compiuto 27 anni e allora il mercato immobiliare milanese era diverso.

Appartamento di 52 metri quadri in Giambella, zona Sud di Milano nota per la malavita e i malavitosi, le case popolari, il tram 14 e ovviamente nessuna metro nell’arco di qualche chilometro: 450 €, spese condominiali incluse.

E pensare che mi sembrava di pagare anche tanto.

Bei tempi. Io ormai boomer.

Però oggi Giambellino è la perla di Milano Sud. Una perla talmente preziosa che da un bilocale a 450€ spese incluse si è passati a un monolocale a 800€ spese escluse. In sei anni. Perché adesso arriverà la metro. Un adesso che ha confini temporali confusi, ovviamente. Però oh, linea diretta con Linate, vuoi mettere la comodità?

E io adesso sono qui, a leggere questa mail dal divano che ora reputo il più bel divano del mondo, e visiono davanti a me una clessidra immaginaria contenente la sabbia che serve a contare un lasso di tempo preciso: 47 giorni.

Ho 47 giorni per trovare un nuovo appartamento dove andare a vivere, fare un trasloco, sbrogliare menate amministrative come fare il cambio delle utenze e capire come gestire Internet.

Oltre a tutto questo devo lavorare e pensare al mio benessere psico-fisico.

Io non so se ce la posso fare. 

Ma non potevo nascere ricca? Non potevo avere la casa a Sestri come il 90% dei milanesi? Non potevo ereditare una casa da qualche lontano zio, da qualche nonno, dopo una lunga e felice vita? Sarei stata poi anche io una stronza di Milano? Ovviamente sì, però mi sarei risparmiata tante di quelle rinunce, tante di quelle fatiche e tante di quelle spese…

Avere 30 anni e vivere da sola a Milano nel 2023 significa solamente una cosa: sei fottuta, zia.

Lavori per pagare l’affitto, sopravvivere e al massimo toglierti qualche sfizio, dove con “qualche sfizio” non intendo più l’aperitivo, anche perché l’aperitivo è morto. Qualche sfizio è un gin tonic da 12 € in un bar con il bagno instagrammabile e una scritta al neon del tipo “live, laugh, love” messa da qualche parte su un muro, una cena in qualche ristorante hipster bio a 56 €, prenotato con almeno dieci giorni di anticipo perché se no il sabato sera non mangi fuori.

Se sei a Milano e vivi da sola e hai un normale lavoro con un normalissimo stipendio, toglierti qualche sfizio vuol dire andare a ballare una volta al mese, forse, se va bene, se trovi una serata decente senza che ci siano solo diciassettenni o quarantasettenni. E ovviamente paghi l’ingresso, poi paghi da bere, poi prendi di nuovo da bere, poi forse ti fai anche il terzo cocktail e alla fine vuoi tornare a casa che sono le quattro della mattina e chiami un taxi. Il tassista è un boomer che parla di politica, come se qualcuno avesse suggerito proprio a lui la dietrologia delle manovre economiche e come se qualcuno avesse chiamato proprio lui, al telefono, da Mosca, per raccontargli i reali piani di Putin. E tu sei in taxi che vuoi da un lato morire e dall’altro ucciderlo, così almeno non dovresti pagare la corsa e neanche trovare una nuova casa in affitto a Milano. Andresti dritta a San Vittore. Oh, è pure in zona super centrale, lì gli affitti sono folli.

La prospettiva dell’uccisione si fa sempre più vantaggiosa.

Togliersi qualche sfizio è una manicure semipermanente dalle cinesi sotto casa, una ceretta ogni tre settimane, una piega ogni tanto. Togliersi qualche sfizio oggi è quello che per i nostri genitori o i nostri nonni era la normalità, il vivere civile.

Oggi invece sembra tu debba chiedere il permesso – al tuo conto in banca o direttamente ai genitori – per togliertelo. E chissene frega se ti sei laureata, stai fatto un’esperienza all’estero per imparare l’inglese, hai fatto un master, ogni tipo di stage e di esperienza di sfruttamento camuffata in legalità da qualche contratto follemente approvato dalla costituzione. A 30, e con un lavoro tutto sommato stabile, fai ANCORA fatica.

I nostri nonni hanno vissuto la guerra sulla loro pelle però poi si sono ritrovati a crescere in un periodo di rinascita che ha fatto sì che potessero comprare case, macchine, fare vacanze, mantenere più figli, facendo anche dei lavori umili, che non richiedessero tutta la preparazione che è richiesta oggi. I nostri genitori hanno vissuto mediamente bene dall’infanzia alla vita adulta. Bastardi.

E poi ci siamo noi, cresciuti con questa idea di benessere che purtroppo non possiamo eguagliare nonostante le nostre lauree, le nostre esperienze, le nostre qualifiche a livello internazionale. Perché io la villa sul Lago Maggiore come i miei nonni, mica me la posso costruire. È già tanto se riesco a trovare un buco in affitto in un quartiere gentrificato.

Sono Noemi, milanese doc, ho più di 30 anni ma meno di 40, e vivo da sola a Milano.

Ho 47 giorni per trovare un nuovo appartamento in cui trasferire tutti i miei vestiti da fast fashion e qualche oggetto che fa #design.

Voglio vomitare.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Noemi Mariani @mangiapregasbatty
Noemi Mariani ha 34 anni, vive a Milano e lavora come copywriter e content creator. Ha collaborato con Le Iene e Piazza Pulita. Su Instagram e TikTok da oltre un anno pubblica video in cui commenta gli annunci per case in affitto o in vendita su Milano. Ha raccolto tutto nel suo format Case da Incubo, ormai seguito da diverse migliaia di persone, che si uniscono a lei nella ricerca e nella “lamentatio”.
Noemi Mariani @mangiapregasbatty on Instagram
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