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Consegna prevista Giugno 2024
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E’ possibile vivere senza ossigeno? E senza ossigeno si può amare ? Esistono davvero le anime gemelle o sono solo dicerie romantiche?
Maya crede di vivere una vita tranquilla quando ben presto tutte le sue certezze si incrineranno ritrovandosi coinvolta in un mondo più grande di lei e del quale non sapeva neanche l’esistenza. Si renderà conto che fino ad allora non aveva mai respirato davvero e questo grazie a quel ragazzo che non e’ quello che sembra… Daven.
I due si ritroveranno coinvolti in una lotta cominciata ben prima di loro e che li porterà a scegliere tra “vivere” o “respirare”.

Perché ho scritto questo libro?

Questo libro è nato per caso,da un sogno fugace colto al volo.La mente e’ strana,ti fa ricordare cose che avevi sepolto da bambina, e quando quel “cassettino” si e’ aperto non ho potuto tradire la “me” piccolina. Il libro e’ rimasto chiuso nell’armadio per molti anni, fino a quando mi sono decisa a condividerlo.Chi mi conosce sa quanto sia riservata ma la vita e’ anche questo:cogliere le opportunitànon privarsi dei propri sogni per paura di uscire dalle “etichette”, molte delle quali autoimposte

ANTEPRIMA NON EDITATA

CAPITOLO 2 

Fin da piccola ho sempre inconsciamente creduto nel grande amore, quell’amore che ti fa amare alla follia anche tutto ciò che lo riguarda, quell’amore che ti fa vivere dentro e non puoi farne a meno.

E’ ossigeno.

Senza amore non si respira.

Ed io non ho mai respirato finchè non ho incontrato il mio Daven. Lui è stato il mio ossigeno.

Novembre. 

E’ un giorno come tanti altri, troppi a dire il vero.

Mi preparo in fretta per andare al lavoro, non voglio far tardi anche oggi, le mamme sono sul piede di guerra. E’ come se le sentissi da casa mia: “Dove diavolo è Maya? Sono le 8,30 e io devo andare al lavoro..bla..bla..”.

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Sono io Maya, 22 anni, insegnante in una scuola dell’infanzia privata in un piccolo paesino in Toscana. I miei genitori  hanno girato il mondo prima di fermarsi in un angolo remoto dell’Italia poco prima che io venissi al mondo. Mia mamma mi ha sempre raccontato che il mio nome è legato all’ultimo posto nel quale sono vissuti per un paio d’anni, un paese dell’India, e che prima di ripartire una signora del villaggio le ripeteva continuamente “Maya”. Un nome importante per quel popolo perché era il nome della madre di Buddha, la regina Maya appunto, e in sanscrito significa “illusione”. Solo adesso mi soffermo sul significato del mio nome e un po’ mi viene da sorridere.

Qui tutti sanno di tutti, ma non di me. Non sanno che amo i loro bambini come fossero miei, per alcuni sono solo una maestra sempre in ritardo. Non sanno che dentro di me c’è un vuoto che cerco disperatamente di colmare; un vuoto che sinceramente non sapevo nemmeno io di avere prima di questo giorno! Ma soprattutto non sanno che presto nasconderò un bellissimo e adorabile segreto.

Sono in macchina finalmente. Devo assolutamente essere puntuale oggi o saranno guai. 

Prendo velocità per quel poco che le piccole strade di collina concedono e, mentre i Linkin Park mi tengono compagnia, mi concentro per cercare di non fare tardi.

È una giornata tipica autunnale: tutto è a metà. 

Non troppo freddo ma nemmeno troppo caldo. Dal cielo cade una tenue pioggia mentre ogni tanto il sole fa capolino dalla coltre di nuvole. Tira vento, ma non è abbastanza forte da far cadere tutte le foglie in un giorno. 

Ecco…ci siamo quasi, un’altra piccola curva e sarò arrivata. 

Tutto succede in un attimo.

Un bambino che attraversa, la mamma che parla concitata sul marciapiede con un’amica. Freno. Sbando. Riesco a sterzare in tempo e il  bambino è salvo. Sento le urla della mamma. 

La mia macchina però ha preso la direzione sbagliata e non riesce a smettere di rotolare per la discesa. Ecco, è la fine. E’ veramente come dicono nei film, la mia vita mi sta passando davanti e penso che sono troppo giovane per morire così, senza aver lasciato traccia del mio passaggio sulla Terra. Credevo di essere destinata a concludere qualcosa di bello, ma forse mi sbagliavo.

All’improvviso sento la macchina  fermarsi di blocco. 

Lo sportello, come dotato di volontà propria, si apre e lo vedo. 

Lui, bello, con uno sguardo che ti penetra dentro e ti legge l’anima.

 “E’ salva” dice rivolgendosi, molto probabilmente, alla persona che è con lui. Non riesco a parlare da quanto è bello.

Lo guardo attentamente e mi sento terribilmente tranquilla. So che non devo esserlo, ho  appena fatto un’ incidente ma proprio non riesco ad agitarmi. Mi perdo nel suo sguardo. 

Poi lo vedo sgranare gli occhi con la faccia più stupita della mia. 

“No… non può essere … che dici, è possibile che…?”. 

Ma con chi sta parlando? Mi guardo appena intorno, un attimo, mi volto e lui non c’è più. Volatilizzato completamente. 

Anzi  “fuggito” da un’ebete come me, non l’ho nemmeno ringraziato.  Passano diversi minuti prima che arrivino i primi soccorsi. 

“Ehi laggiù… tutto a posto? Stai bene? Ma come hai fatto a fermare la macchina? La discesa non era finita! Un miracolo che sei viva!” .  

“Sto bene, mi ha salvato quel ragazzo! La macchina si è fermata e  ha aperto lo sportello per ..”

Sento delle voci che mi bloccano i pensieri. “ Forse ha picchiato la testa, avvertite il medico del 118 quando arriva.” 

La testa? Io non ho picchiato la testa! L’ho visto, non l’ho sognato. Era talmente bello che nemmeno un sogno poteva farlo sembrare più stupendo di così.

Mi portano forzatamente in ospedale e i medici confermano che, a parte qualche livido superficiale, sto bene. Nessuna commozione celebrale. Nessun trauma fisico. Intanto è arrivata la mia famiglia. Qualche volta farò prendere un colpo a tutti, mi dispiace vederli sempre in pensiero per me.  Denise, mia sorella maggiore, mi abbraccia. 

“Maya ma cosa è successo? Stai bene? I soccorritori dicono che la macchina è da buttare e nessuno sarebbe sopravvissuto là dentro.” Mi controlla ogni centimetro e anche lei dichiara che è tutto a posto.

Anche io non riesco mica a crederci.  “Come sta quel bambino?” chiedo. 

“Sorellina mia, sei stata bravissima. Il bambino sta bene, forse non se n’è neanche accorto tra un po’. La mamma non la smetteva più di urlare, ma non tanto per l’accaduto, per brontolarlo, poverino! Credo che non gli verrà più in mente di attraversare da solo! Comunque la signora è qua fuori che ti vuole ringraziare per essere riuscita a schivarlo”. 

Bene. Per fortuna nessun incidente irrecuperabile. 

Nella mie mente però si sono stampati quegli occhi che mi accompagnano tutt’ora.

Niente sarà più come prima.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Manuela Lombardi
Sono nata a Prato nel 1977, citta' nella quale vivo con la mia famiglia. Sono sposata da 18 anni e ho due figlie adolescenti.
Dopo 22 anni di insegnamento nella scuola dell'infanzia, ho scelto di lavorare nella scuola primaria.
Ho viaggiato molto e ho visitato molti posti diversi e ho una passione sfrenata per il Canada.
Amo leggere, disegnare, camminare all'aria aperta, fare snowboard e dedicare il mio tempo libero alla mia famiglia.
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