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New Space Economy: Dalla Space Wear alla Future Wear

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Attraverso una ricca e interessante analisi, l’autrice ripercorre i grandi successi che hanno caratterizzato lo studio dello spazio, da parte dell’essere umano. Fin dall’antichità, infatti, il cosmo ha attirato la nostra attenzione, portandoci a chiederci come poterlo studiare e poi raggiungere. Analizzando il promettente caso della startup marchigiana SpaceWear, in questo volume, l’autrice illustra gli sviluppi nella produzione di tute spaziali che si sono evolute di pari passo tra design ed efficienza, ribadendo l’importanza del made in Italy anche nell’ambito della moda funzionale e permettendoci di capire meglio il domani che ci aspetta.

PREFAZIONE

Sicuramente gli spunti che intersecano l’attività della politica e delle istituzioni internazionali al tema – e alle relative problematiche a esso correlate – della nuova frontiera spaziale sono molteplici. La principale riflessione che dovremo fare, come comunità internazionale, è quella di adeguare i trattati che ci sono.

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I trattati internazionali emanati sono oramai datati, poiché il nucleo di principi generali che vanno a costituire il regime giuridico si sono consolidati nel periodo tra il 1961 e il 1967, mentre quelli varati dalle Nazioni Unite sono cinque: il Trattato sullo spazio esterno del 1967, che regola le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra-atmosferico, l’Accordo sul salvataggio degli astronauti del 1968, la Convenzione sulla responsabilità per danni causati da oggetti spaziali del 1972, la Convenzione sulla registrazione degli oggetti lanciati nello spazio del 1975 e infine l’Accordo relativo alle attività degli Stati sulla Luna e sugli altri corpi celesti, risalente al 1979.

Essi stabiliscono genericamente il principio di base secondo cui tutto ciò che è fuori dall’atmosfera terrestre non può essere considerato di proprietà di alcuna nazione, ma è patrimonio comune di tutta l’umanità. Purtroppo, però, le lacune odierne di questi trattati sono piuttosto evidenti, dato che essi ricadono sulle azioni di Stati e governi, senza prendere minimamente in considerazione l’azione dei privati.

Questo è stato un tema preponderante negli ultimi anni, basti pensare che grazie ai lanci delle agenzie spaziali private nel 2021 – anno pandemico – si è segnato il record storico di voli extra-atmosferici con personale umano a bordo. Soltanto Stati Uniti e Lussemburgo hanno varato una legislazione in merito, senza però sentire la necessità di un trattato che coinvolga tutti i governi della Terra e i loro facoltosi cittadini interessati all’avventura spaziale, creando di conseguenza un’asimmetria, sfociata spesso in vere e proprie crisi diplomatiche.

Ha destato molto scalpore, per esempio, la recente missiva che la Repubblica Popolare Cinese ha recapitato alle Nazioni Unite per protestare contro Elon Musk e la sua costellazione di satelliti Starlink, rei di aver messo per ben due volte in pericolo la stazione spaziale cinese Tiangong.

Lo scalpore è sicuramente comprensibile, per due motivazioni: innanzitutto, è stata la prima volta che un governo si è rivolto a un organismo internazionale per dirimere una controversia con un privato, non rivolgendosi invece direttamente al governo dello Stato di cui è cittadino (in questo caso, gli Stati Uniti d’America). Inoltre, servono regole ben precise da usare in questa nuova e dirompente corsa allo spazio, con un occhio rivolto alla tutela degli interessi di tutta l’umanità, con un percorso simile a quello a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, ma che questa volta coinvolga i privati.

Questa vicenda ci pone degli interrogativi: dobbiamo forse iniziare a considerare queste grandissime compagnie private come degli Stati a sé (domanda che si ripercuote un po’ per tutte le big tech, compresi i social media)? Come dobbiamo adeguare i trattati internazionali esistenti, modellandoli su questa nuova realtà?

È necessario, inoltre, ripensare la difesa dei satelliti artificiali e di tutte le strutture con rilevanza strategica che ruotano attorno al nostro pianeta. Abbiamo visto come potenze autoritarie come la Russia di Putin abbiano disponibili missili già operativi, capaci di colpire i satelliti in orbita e di distruggerli completamente.

Nel nostro mondo, oramai iperconnesso, la tecnologia satellitare gioca un’importanza vitale. Un Paese colpito a cui venisse distrutta la sua flotta di satelliti strategici rimarrebbe paralizzato per settimane, nella più completa oscurità delle comunicazioni. E proprio a tal proposito, molti governi – tra cui Italia, Francia e Stati Uniti – si sono dotati di una forza militare che possa intervenire in queste situazioni. Queste, però, sono ancora iniziative embrionali, utili a monitorare meglio quello che avviene oltre la nostra atmosfera, ma non ancora in grado di contrastare con efficacia minacce del tipo di cui parlavamo poc’anzi.

Come prima cosa, è necessario un coordinamento dei governi del mondo libero in questo ambito, magari affidandosi alla NATO. Da ultimo, c’è senz’altro l’esigenza di dover tutelare il settore del Made in Italy che si occupa dello spazio, che per il governo è fondamentale nello sviluppo dell’economia italiana, come dimostrano l’approvazione del Piano Nazionale sulla Space Economy del 2016 e l’allocazione di risorse per lo sviluppo del settore contenuto nel PNRR. Parliamo infatti di cifre importanti, 4.7 miliardi di euro per primo e più di 1.5 miliardi nel PNRR ed è anche grazie a queste importanti risorse che oggi l’Italia è un Paese leader, la quarta potenza mondiale nel settore.

Il panorama industriale italiano è formato da grandi attori presenti sui mercati internazionali e negli ultimi anni si è arricchito con il contributo di una comunità vivace e ampia di piccole e medie imprese, come start up e spin-off, che insieme rappresentano un eccellente potenziale per la crescita. Si tratta di un’industria che copre l’intera filiera strategica, concentrata principalmente in Lazio, Lombardia, Piemonte, Campania e Puglia. Basti pensare ai lanciatori di Avio, autore del razzo Vega, che a partire dal 2012 ha effettuato molteplici missioni di successo. Il 3 settembre 2020, infatti, proprio a bordo di quel razzo, ESA ha lanciato cinquantatré piccoli satelliti per l’osservazione della Terra e per il monitoraggio dell’ambiente.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Diletta Doffo
Nasce il 16 gennaio 1990 ad Ancona. Grazie all’attività della mamma nella sartoria di famiglia, si appassiona fin da piccola al mondo della moda. Studiando Storia della moda e del costume, inizia a farsi domande su quale potrebbe essere l’evoluzione del vestiario nel prossimo futuro. “New Space Economy: dallo space wear al future wear” è il suo primo libro.
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