Tutto è cominciato solo qualche anno fa.
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È lei. Ne sento parlare da sempre. Fino ad oggi, però, non l’avevo mai incontrata di persona e ora, inaspettatamente, è davanti a me. Mi chiamo Giada e, a pensarci, mi sembra che non ci sia mai stato un momento della mia vita in cui lei non venisse nominata e maledetta. Sono cresciuta con la sua ombra dietro le spalle e la depressione di mia madre Maria davanti agli occhi.
Lei, a differenza di tutti noi, non ha mai avuto un nome, o per lo meno non è mai stato usato a casa mia. È sempre stata “quella”: unico appellativo con cui mia madre era solita rivolgersi a lei e che utilizzava per parlare di lei con mio padre. Quando ero piccola non riuscivo a capire chi fosse questa strana donna che, a detta di mia madre, le portava via il marito senza vergogna. Non capivo visto che, in effetti, mio padre era sempre lì con noi. Non riuscivo a decifrare le parole a volte disperate e a volte rabbiose di mia madre, e neppure mi capacitavo di come fosse possibile portarsi via qualcuno pur lasciandolo al proprio posto. Chiesi spiegazioni a mio padre, lui mi strinse a sé e, accarezzandomi, mi disse che a volte è complicato comprendere le scelte degli adulti e solo crescendo, forse, avrei trovato le risposte alle mie domande. Solo se avessi amato disperatamente, solo se avessi provato un sentimento capace di camminare in bilico lungo i fragili fili invisibili di cui sono fatti i legami, avrei avuto la capacità di comprendere. Cresciuta all’ombra di questo mistero ci sono voluti anni per capire cosa intendesse dire mio padre. A causa di questa donna fantasma, la mia infanzia è volata via all’insegna dei continui litigi dei miei genitori, delle ricadute di mia madre negli abissi della depressione, dei silenzi rassegnati di mio padre. Di lui è ancora vivo dentro di me il ricordo delle giornate in poltrona, in silenzio, con un libro tra le mani e il telefono accanto: il volto spento che si illuminavaa ogni squillo, la sua voce incolore che acquistava un improvviso guizzo e che si arricchiva di inattese sfumature, per ripiombare nel silenzio appena la telefonata terminava. Avvertivo qualcosa di strano, di pericoloso, di sospeso, ma la mia essenza di bambina mi aiutava a non pensarci, presa com’ero dai miei giochi e dalle mie fantasie. Ricordo bene, però, quando tutto è iniziato. Ricordo che ero tutta presa a preparare polverose tortine di terra riarsa, sotto l’ombra appena accennata di un piccolo ciliegio assai provato dalla calura di quel lontano mese di agosto. Intorno a me solo il silenzio delle prime ore del pomeriggio, quando l’afa costringe tutti a cercare un po’ di sollievo nella propria stanza, accostando le persiane e lasciando penetrare solo flebili raggi di sole, tra i quali danzano scie festose e instancabili di minuscole particelle di polvere.
Sabrina de Clemente
Mentre si dipana la narrazione, l’autrice ci conduce per mano negli ambienti “fotografati” dalla sua penna e ci fa conoscere i protagonisti tanto intimamente che poi non vorremmo più lasciarli, proprio come accade con i luoghi a noi più cari e con gli amici più sinceri. Pagina dopo l’autrice permette al lettore di riconoscersi nella vita di Maria, può confrontarsi con le esperienze di Diego, sentirsi vicino ad Anna e volerli stringere in un abbraccio per sentirsi meno solo di fronte alle vicende della propria vita. Una lettura che cattura fino all’ultima pagina. La nostra libreria non può esserne sprovvista!
Maria Augeri (proprietario verificato)
Ciò che in prima battuta cattura il lettore è lo stile narrativo scelto dall’autrice, la quale fa narrare la storia in prima persona ai protagonisti, muovendosi su piani paralleli. Diego, Anna, Maria e Giada forniscono la descrizione della medesima storia ma da punti di vista differenti, inducendo il lettore ad immedesimarsi ora nell’uno ora nell’altro in un continuo intreccio di sensazioni e sentimenti che lo conducono al finale. E’ una storia in cui l’amore è declinato in tutte le sue sfaccettature, ma mai in modo banale, piuttosto offrendo numerosi spunti di riflessione. Lettura consigliata!
ANTONIO DI LORENZO (proprietario verificato)
Storia scritta con molta intensità ma anche con uno stile scorrevole, fluido che non appesantisce ma anzi ti cattura. L’autrice sa narrare benissimo per immagini che poi è il principio delle principali scuole di scrittura creativa, show don’t tell. Mi sembrava proprio di essere lì, nei vari ambienti descritti alla perfezione . I dialoghi sono molto diretti e concisi così il lettore non perde l’attenzione. Lettura davvero molto piacevole!