Era la mattina del suo diciassettesimo compleanno «tanti auguri tesoro. Ecco un pensiero per te» il padre le porse un pacchettino regalo rilegato con carta di colore blu opaco.
La ragazza scartò il dono ed esclamò «Non ci credo, siete riusciti a procurarvi una gazzetta proibita! Grazie mille. Non vedo l’ora di leggerla».
La madre le fece un segno con la mano indicando di abbassare il tono della voce «abbiamo rischiato molto per procurarcela ma sappiamo quanto sia importante conoscere il vecchio mondo e restare aggiornati» disse sorridendo.
H7 non vedeva l’ora di leggerla, per fortuna era domenica e non si andava a scuola. Si legò i lunghi capelli neri in due trecce, si mise una tuta comoda e iniziò a leggere.
La Resistenza era il fulcro della speranza, un gruppo di ribelli che scriveva la gazzetta proibita, venduta in sordina al mercato sottoterra ogni tre mesi circa.
Promuovevano atti di ribellione, incoraggiando la popolazione a resistere contro l’oppressione.
H7 era nata ad Eldorien, un pianeta circondato da un’aura nebbiosa intrisa di poteri malvagi che sembrava avesse offuscato anche la mente dei suoi abitanti.
Le persone venivano obbligate a lavorare per mantenere attivo il sistema di rifornimento della Grande Clessidra, un luogo dove i Demoni producevano magia. Nessuno sapeva quale fosse la base segreta della Resistenza ma correva voce che fosse nelle vecchie ed inutilizzate metropolitane.
H7 lesse le prime pagine del giornale, parlavano di antiche festività che lei non conosceva, il Natale ed Halloween.
Proseguendo nella lettura la sua attenzione venne catturata dalla foto di una bestia pelosa con quattro zampe.
L’articolo iniziava così: “duecento anni fa, esistevano degli animali, detti animali da compagnia. Il cane era un mammifero appartenente alla famiglia dei Canidi, camminava a quattro zampe e aveva una coda. Ne esistevano moltissime razze, alcuni erano grandi, altri piccoli, alcuni avevano il pelo lungo e altri cortissimo. Ecco a voi alcune foto molto rare di un cane chiamato “bovaro del bernese” con il suo padrone. Aiutavano l’uomo a cacciare, a radunare i greggi e facevano la guardia. Questi animali non erano autosufficienti, dovevi portarli a fare i loro bisogni all’esterno, dovevi fornire loro acqua e cibo, al contrario dei gatti che erano più indipendenti. Abili cacciatori di topi e uccellini, i gatti avevano anche loro quattro zampe e una coda ma erano molto più piccoli e agili. Mammiferi appartenenti alla classe dei Felidi, si arrampicavano nei posti più alti e improbabili, erano anche molto dolci con la loro famiglia. Preferivano una scatola di cartone a qualsiasi cuccia per animali”.
La ragazza aveva letto per più di un’ora con attenzione. Era incredibile scoprire come vivevano i loro antenati secoli prima. Avevano una condizione di vita che loro non conoscevano, la libertà. Quando terminò la lettura, piegò la gazzetta e la nascose all’interno della federa del cuscino.
Se le guardie avessero scoperto che in casa tenevano un simile giornale avrebbero portato i suoi genitori nelle grandi gabbie di sicuro. Al centro della città penzolavano tre gabbie che potevano contenere ciascuna un centinaio di persone. Sole cocente, grandinate violente, i prigionieri restavano lì per giorni indossando solo la loro misera uniforme e rischiando di ammalarsi gravemente.
Potevi finire in gabbia se mancavi di rispetto alle guardie o se violavi le leggi dei Demoni. H7 pensò al loro vicino di casa che raccontava sempre la sua brutta esperienza, era stato sorpreso a leggere un libro di cucina dalla guardia più temuta, la Serpe.
Lo studio di libri non forniti dalle guardie era una cosa altamente proibita, gli abitanti dovevano vivere nella più totale ignoranza.
La Serpe non provava compassione per nessuno, era alto più di due metri, indossava la classica armatura delle guardie, forgiata con metallo oscuro di color oro.
Dall’elmo dorato uscivano due corna grigie e appuntite.
Era il capo delle guardie, a loro volta comandato dai tre malvagi Demoni Nyro.
I più anziani dicevano che una volta esistevano degli animali chiamati cinghiali, ecco, le guardie a loro dire avevano la faccia come questo animale, con due enormi zanne all’insù ai lati della bocca e il collo tozzo quasi inesistente.
La notte di domenica fu tranquilla e senza incubi.
«È ora di andare a scuola» disse con dolcezza mamma appoggiando nel letto l’uniforme pulita per la scuola che doveva essere sempre impeccabile, pulita e stirata alla perfezione «Ciao mamma. Grazie ancora del regalo che tu e papà mi avete fatto. È stato incredibile leggere e scoprire così tante cose del nostro passato. Quanto vorrei vivere come i nostri antenati» le labbra della mamma si incresparono verso il basso, nemmeno lei aveva mai vissuto le cose raccontate nei libri o nei giornali.
La ragazza si mise le scarpe, l’uniforme e il cappello nero.
Fece scorrere il dito sopra quel simbolo rosso cucito nel lato alto sinistro della giacca, insopportabile simbolo della rovina dell’umanità, del regresso della società e della schiavitù.
Il marchio dei Demoni era una clessidra rossa.
«È arrivato l’autobus della scuola tesoro» disse papà che stava per uscire con la sua valigetta grigia in mano «vado subito, ci vediamo stasera. Vi voglio bene» la ragazza chiuse la porta di casa e salì sull’autobus, si sedette al solito posto e guardò il padre camminare verso il treno come ogni mattina per andare a lavoro.
Testa bassa, sguardo vuoto rivolto verso il marciapiede, indossava l’uniforme nera e rossa con la medesima clessidra, cucita però nel colletto.
La guardia mise in moto il mezzo e partirono lasciandosi dietro una densa spirale di fumo.
I sedili del bus erano consunti e di sicuro non profumati.
H7 aveva la pancia che brontolava per la fame. Non si poteva mangiare quando e quello che si voleva, per cui la colazione veniva loro data dalle guardie ogni mattina.
La guardia in questione passò e diede ad ogni studente un sacchetto contenente una bottiglia d’acqua e la solita, insipida e dura barretta energetica fatta di Otsap, il pasto giornaliero dato loro dalle guardie, nessuno sapeva cosa conteneva. Sembrava di mangiare gomma, ma almeno lo stomaco smetteva di brontolare.
B3 le si avvicinò con fare misterioso «Ehi H7, sono riuscito a procurarmi un’arancia, buon compleanno» disse il suo migliore amico porgendole il frutto di nascosto «grazie mille! non mangio un frutto da quasi due anni. Non ricordo più il sapore di questo agrume, che regalo stupendo. Dove l’hai trovata?» chiese H7 mettendo l’arancia in tasca «al mercato segreto sotto la città, la prossima volta ti ci porto».
La guardia che aveva portato loro la colazione bofonchiò «oggi non andrete a scuola. L’alto consiglio ha deciso che dovete visitare tutti i vostri futuri probabili luoghi di lavoro e oggi andrete con il professore Z1 alle Miniere Mispreziose.
«Mio padre ci lavora da sempre, quando arriva a casa la sera ha un volto differente dal mattino, non mangia quasi dalla stanchezza. È un luogo di lavoro terribile» disse B3 «mi dispiace per tuo padre. C’è modo di cambiare lavoro?»
«no, da quando il computer omnicalcolatore decide quale sarà il tuo lavoro per tutta la vita, non puoi cambiarlo. Abbiamo ancora un anno prima di raggiungere la maggiore età e scoprire quale sarà il nostro destino»
«è lo stesso computer che ci da i nomi alla nascita?»
«esatto, o almeno così si dice»
«ho avuto ancora quegli strani incubi, non ne posso più»
«ne hai parlato con i tuoi genitori?» chiese lui preoccupato
«no, non voglio allarmarli. Sogno sempre la stessa persona, è un uomo dai capelli lunghi e neri, i suoi occhi sono del colore dello smeraldo. Mi sento spiata, tormentata da lui. Sono impotente di fronte alla sua presenza» l’amico ascoltava in silenzio, gli occhi pieni di preoccupazione mentre H7 gli raccontava i dettagli angoscianti dei suoi sogni. Poteva vedere il terrore riflesso nei suoi occhi e sentire la tensione nella sua voce.
«H7, le cose cambieranno vedrai, probabilmente è solo molto stress e questi incubi finiranno. Non possiamo vivere un’intera vita in queste condizioni disumane. Ho deciso di aiutare Eldorien, e sono sicuro che tu vorrai fare lo stesso» scoprì la caviglia e fece vedere alla ragazza il suo nuovo tatuaggio, la Chiave, il simbolo della Resistenza, essa simboleggiava l’accesso alla libertà, la speranza di aprire porte verso un futuro migliore «B3 sei proprio sicuro di volerlo fare? Se ti scoprono sei nei guai fino al collo»
«è diventato lo scopo della mia grigia vita. Sono molto orgoglioso di quello che sto cercando di fare per il popolo, a partire da oggi» fece una pausa guardandosi intorno e abbassò ulteriormente il tono della voce «oggi proverò a rubare qualche pietra nelle Miniere e la porterò al mercato sotto la città per barattarla con delle medicine. I miei anziani nonni hanno bisogno di cure.
Mi incontrerò poi con un membro della Resistenza che mi darà qualche lavoretto da sbrigare per loro conto» guardava l’amica con uno sguardo pieno di coraggio, i suoi occhi azzurri brillavano dall’emozione finché le spiegava il suo piano.
Era uno dei pochi amici di cui lei si fidava ciecamente, un ragazzo di media statura come lei con i capelli neri come la notte e la pelle molto pallida.
«Vuoi aiutarmi?» disse lui «a me servirebbe del cibo più nutriente per i miei genitori. Le guardie pensano che ci basti il loro maledetto Otsap come nutrimento ma non è cosi, e se provi a dirglielo sei finito» disse lei visibilmente preoccupata «quella specie di barretta fatta di chissà che cosa, la odio, vorrei sapere cosa ci mettono all’interno»
«forse è meglio non saperlo, che dici?» fece il gesto di mettersi due dita in bocca per vomitare
«se ci scoprono i cinghiali siamo nei guai fino al collo. Se decidi di farlo, presta molta attenzione» aggiunse B3.
Una buca nel terreno fece sobbalzare il pulmino «ehi voi laggiù, smettetela di confabulare» disse con un tono di voce duro la guardia che guidava, guardandoli dallo specchietto.
B3 proseguì a bassa voce «prendi le pietre che riesci, poi ci ritroveremo dopo la scuola alla pizzeria abbandonata. Ok? E lì ci divideremo il bottino. Non farne parola con nessuno»
«fammici pensare lungo il tragitto. Ti farò un cenno se decido di partecipare» disse lei.
Mentre si domandava cosa fosse una pizzeria, rivolse il suo sguardo alla miriade di case tutte in fila.
Un tempo ogni casa era di forma e colore differente, ora erano tutti rettangoli bianchi di sessantadue metri quadrati. All’interno ogni abitazione era uguale alle altre, cucinino con tavolo, due camere da letto e un bagno. C’era una finestra senza tende per ogni stanza. Il bucato si andava a fare alla lavanderia comune, rigorosamente a mano, anche se esistevano in passato degli apparecchi elettronici per lavare ed asciugare i vestiti.
Questo era uno dei compiti delle donne, lavare, scaldare i pasti che venivano loro forniti dalle guardie, pulire l’abitazione, avere ed accudire almeno un figlio e alcune lavoravano nella fabbrica dove si produceva l’Otsap, ovvero il pasto che consumavano giornalmente.
Nemmeno loro sapevano quali fossero gli ingredienti utilizzati.
“Lo farò. Non ho nulla da perdere. E da oggi mi informerò anche io sulle modalità per aiutare la Resistenza” pensò la ragazza facendo un gesto di conferma con il pollice al suo compagno.
Lui le strizzò l’occhio.
Uno stridio di freni e il pulmino si fermò in maniera brusca «arrivati. Scendete e mettetevi in fila subito» ordinò la guardia spintonando i primi studenti.
I venti studenti si misero in fila in ordine alfabetico.
Ognuno veniva chiamato dalla nascita con una lettera e un numero. Si diceva che un tempo erano i genitori a scegliere i nomi dei propri figli.
H7 iniziò a fare una mappa mentale del posto, contò tutte le guardie e vide dov’era la loro torretta.
Vide l’amico fare lo stesso.
Il cuore le batteva fortissimo, la bocca era secca.
Un gendarme era all’entrata delle Miniere, il suo arco di tenebra emanava una sorta di nebbia scura, erano le armi delle guardie, costruite con legno proveniente dall’Abisso delle Ombre.
Gli altri due cinghiali facevano la ronda nel piazzale di fronte a loro e osservavano gli studenti mentre l’ultimo doveva essere dentro per controllare i minatori.
Suo padre non lavorava in quel posto fortunatamente, a lui avevano affidato un lavoro da impiegato negli uffici della Grande Clessidra al centro della città, il fulcro di Città Rubino.
Ecco il professore Z1 lì ad attenderli.
Accolse i ragazzi con un sorriso e iniziò la sua lezione camminando e indicando i vari camion con i quali avvenivano i trasporti.
«Duecento anni fa, sotto la protezione degli Dei chiamati “Dogma”, si conducevano vite normali e serene, ma quando i Demoni, chiamati come ben sapete “Nyro”, hanno sconfitto gli Dei e scoperto quante pietre preziose ci sono incastonate nelle nostre terre, non hanno esitato a mandare le loro guardie a coordinare i lavori per estrarle dal pianeta. I Nyro sono stati inviati ad Eldorien per usare la magia delle pietre per aprire un portale oscuro, che collegherà il loro tetro pianeta, l’Abisso dello Ombre, direttamente al nostro in modo da sfruttarne ogni risorsa».
Fece una pausa per dire a due studenti con la mano alzata che le domande avrebbero potuto farle alla fine della spiegazione e poi riprese
«Tutto ciò che viene estratto dai minatori giunge, grazie a questi camion, alla Clessidra Centrale, il luogo dove finiscono tutte le pietre preziose raccolte. Vengono macinate all’interno grazie ad un potente macchinario rotante per essere poi trasformate in quella che tutti conoscono come la polvere magica. L’enorme clessidra è trasparente e alta quanto un palazzo di 100 piani, probabilmente tutti voi l’avrete vista da lontano. Non tutte le pietre preziose contengono magia ed è per questo che bisogna trovarne il più possibile. Da questa gigantesca costruzione si propagano due tubi blu che portano la polvere di pietra in un apposito contenitore e qui viene convertita in magia cosicché i tre Demoni possano alimentare il loro portale oscuro. Come voi tutti saprete, se dovessero scoprire che gli uomini non hanno adempito al loro compito di produrre magia, le cose diventerebbero tutt’altro che semplici. Finora sono riusciti a creare quasi metà portale»
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