Nel XIX secolo, con il dilagare della caccia alle balene per l’olio di combustione, emerge una creatura leggendaria: Onda Bianca, il primo capodoglio dal manto completamente bianco. Nato esploratore, curioso degli oceani e delle loro rotte segrete, si trova però a fronteggiare la crudeltà e l’avidità dell’uomo. L’incontro con un giovane e ambizioso capitano, destinato a diventare il celebre Achab, segnerà per sempre la sua esistenza. Da quel momento, Onda Bianca diventa Moby Dick, la balena più famigerata di sempre, determinata a distruggere ogni baleniera e liberare gli oceani dai cacciatori di cetacei.
L’isola delle nascite
Un sole rosso spunta all’indomani di una cupa tempesta, illuminando un’isola dalla vegetazione rigogliosa: l’atollo di Bikini.
L’oceano Pacifico diventa uno specchio di pallida luce e riprende a lambire le coste dell’Indonesia con dolcezza, incurante della recente sfuriata.
Come risultato dell’uragano, le sue onde hanno lasciato sulle spiagge bianche una distesa di alghe brune, pesci morti e migliaia di tronchi e semi trasportati da terre lontane. Il cielo sembra non essere mai stato più limpido.
Il silenzio del mattino lascia il posto allo starnazzare dei gabbiani, giunti da ogni dove per banchettare con le vittime della tempesta. Dapprima solo una decina, diventano presto un centinaio, poi migliaia, mentre si posano sul bagnasciuga come tante mosche bianche sulle carni di un cadavere.
Ma mentre sulla terraferma si sta svolgendo questo macabro banchetto, nelle acque che circondano l’isola sta per avere luogo qualcosa di assai diverso.
A circa dieci miglia di distanza dalla spiaggia, nuota un gruppo di capodogli.
Sono tra le balene più grandi al mondo, ben note tra le creature del mare per via del loro aspetto inconfondibile: testa grossa e tondeggiante, pinne pettorali molto piccole, un corpo ricoperto di protuberanze e una mascella irta di grossi denti a forma di cono.
Proprio per questo, i capodogli sono anche gli animali dotati di denti più grandi al mondo, anche più grandi delle tanto temute orche, il cui nome è presagio di pericolo per tutti gli abitanti degli oceani.
Mentre scivolano rumorosamente tra le acque dell’atollo, la loro sola presenza è sufficiente ad allontanare la maggior parte dei predatori, siano essi squali o delfini.
Le loro gobbe grigie e lucenti emergono occasionalmente dalla piatta superficie del mare, a cui seguono spruzzi alti e maleodoranti che finiscono con l’attirare numerosi uccelli marini. Sono una visione a dir poco imponente.
Il loro arrivo era previsto come ogni anno, poiché sono molti i cetacei che seguono sempre le stesse rotte per cercare cibo e trovare luoghi sicuri in cui potersi riposare durante un lungo viaggio.
Questo branco è giunto dalle coste lontane dell’Isola di Moby, a sudest, dopo una traversata durata diversi mesi.
Tra loro, una femmina in particolare ha cominciato a emettere dei dolorosi lamenti. Il suo nome è Tsunami, unica reduce dell’accoppiamento avvenuto con un grande maschio circa tredici mesi prima.
Si muove lentamente, a pelo d’acqua, ed è costretta a respirare molto più frequentemente rispetto a tutte le sue compagne. Alcune di loro, già temprate da anni e anni di esperienza, sanno bene quello che sta per succedere, così accorrono subito in aiuto della giovane femmina.
«Sembra che sia arrivato il momento» commenta Coda Mozza, la più anziana del gruppo – così chiamata per un pezzo mancante di pinna caudale – mentre si posiziona appena sotto il corpo di Tsunami per tenerla a galla.
Sa che la giovane femmina avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile per quello che verrà. E soprattutto di respirare, perché il parto è una delle esperienze più faticose a cui un qualsiasi mammifero marino può andare incontro.
«I… il momento per cosa?» chiede Tsunami, visibilmente spaventata.
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In cuor suo, anche lei sa cosa sta per succedere, sua madre gliene ha parlato molti anni or sono. Eppure, il pensiero di qualcosa di ignoto – qualcosa che non ha mai affrontato prima – non può che renderla nervosa.
Accanto a lei, un’altra balena annuisce con l’enorme testa.
«Massì, massì!» borbotta in accordo alle parole di Coda Mozza. «Il cucciolo sta per nascere! Sangue di balena non mente, e tu ne hai già perso molto!»
Un altro gemito abbandona le fauci di Tsunami. E mentre qualcosa comincia a muoversi dentro di lei, il suo corpo viene percosso dal dolore più forte che abbia mai provato. È una sensazione straziante!
«Fa male…»
«Ovvio che fa male, sciocca, o lo farebbero tutti. Pensi che per noi altre sia stato piacevole?» ribatte bruscamente una femmina piena di segni di morsi e cicatrici.
La vecchia Coda Mozza le sfiora il fianco con il muso.
«Sii gentile con lei, Prendimare.» La ammonisce. «In fondo, è la sua prima volta.»
«Ma potrebbe essere anche l’ultima» osserva l’altra, poiché può capitare che i capodogli partoriscano una sola volta nella vita.
Gli occhi grigi di Coda Mozza, saggi più di quelli delle sue compagne nuotatrici, si soffermano brevemente sulla figura snella di Tsunami.
Dopo averla osservata per un po’, risponde: «Non credo. È giovane e forte, come lo ero io quando avevo la sua età. Sì, sì, i maschi continueranno a venirle appresso per un bel po’!».
«Lo facessero anche con me» dice gemendo la stessa femmina di prima, il cui nome è Serenella. «Quante stagioni sono passate dal mio ultimo accoppiamento? Troppe per ricordare, e dubito che ne vedrò ancora molte.»
Prendimare sbuffa rabbiosamente, proiettando un enorme spruzzo sopra il gruppo.
«Eccola che ricomincia, sempre la solita storia! Ormai non hai più l’età per certe cose, accettalo e il mare ti sorriderà…»
«Smettetela con queste sciocchezze!» Coda Mozza le interrompe. «Il piccolo sta per arrivare. Riesco a vedere la coda.»
Entrambe le femmine abbassano la testa, rapidamente imitate dal resto dei cetacei… E, in effetti, scorgono una piccola coda che sbuca dal ventre di Tsunami, pallida come le spiagge dell’atollo.
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