Quando Lodovico, comodamente seduto sotto il suo ombrellone, sollevò lo sguardo dal giornale, si trovò di fronte uno spettacolo a dir poco surreale: due anziane signore, la cui età sarebbe stata difficile da definire con precisione, stavano discutendo animatamente con il bagnino della spiaggia, il quale al suo risveglio quella mattina tutto si sarebbe aspettato fuorché di dover combattere con due pinguini.
Il loro abbigliamento infatti era decisamente fuori luogo. Le due signore indossavano delle lunghe tuniche nere che arrivavano fino alle caviglie nodose, e delle ciabatte di gomma dello stesso colore. Dai loro colli pendevano delle collane di perle, e sulla testa avevano dei copricapi che davano loro un’espressione alquanto altezzosa.
Si erano educatamente presentate al bagnino, Maria e Santina, e ora lui, sfinito dalle loro richieste, sbuffava.
Le due megere, parlando in stretto dialetto veneto, chiedevano di essere accompagnate al loro ombrellone.
«Scusate, signore, sapete almeno dirmi il nome dell’hotel in cui alloggiate? Altrimenti non saprei come aiutarvi.»
«Ma elo mia el so laoro saver ando ga da sentarse la gente? L’è roba da mati» disse una.
«L’an passà ghera un giovanotto più gentile. No ghe più i bagnini de ’na volta» la sosteneva l’altra, che iniziò a scrutare l’orizzonte alla ricerca di un posto libero dove sistemarsi.
La spiaggia di Caorle a quell’ora della mattina era gremita, gli ombrelloni ancora chiusi si potevano contare sulle dita di una mano. Ed era ancora solo luglio.
Per nulla scoraggiate, le signore si scambiarono un cenno d’intesa e si avviarono verso la distesa sovrappopolata.
«Andemo, Santina, lo catemo da sole el nostro ombrelon! Che Dio abbia pietà de la to anima.» Lo liquidarono senza degnarlo nemmeno di un saluto.
«Signore, vi prego, ascoltatemi! Non potete andare dove volete! Fermatevi, vi scongiuro!» le rimproverò il bagnino, senza sortire però alcun effetto.
Quindi, sopraffatto da quel breve colloquio finito male, si abbandonò di nuovo beato sulla sedia, lasciando che lo sciabordio del mare tornasse a rasserenare i suoi pensieri. Nel frattempo le due anziane, come dei veri e propri reduci di guerra, avevano raggiunto il primo posto libero, dove fecero cadere i pesanti borsoni e poi, per nulla affaticate, si avviarono verso la riva.
Questa devo proprio segnarmela, due soggetti così chissà quando mi ricapitano, non poté fare a meno di pensare Lodovico mentre le osservava scomparire in lontananza.
Dopo aver assistito a tutta la scena con un sorriso incredulo stampato sulla faccia, poté finalmente tornare a leggere il suo giornale. Era seduto a cavalcioni sul lettino, con i piedi immersi nella sabbia tiepida. Quanto tempo mancava a mezzogiorno? Stava morendo di fame e il suo stomaco non faceva che ricordarglielo di continuo.
Per ingannare l’attesa cominciò a leggere un articolo che poco prima aveva catturato la sua attenzione. Il trafiletto a lato della pagina titolava: Vandali di nuovo in azione, profanate altre tombe al cimitero comunale. Il giornalista riportava un fatto avvenuto qualche sera prima, quando alcune persone non identificate – a detta sua ragazzi scapestrati senza niente di meglio da fare – erano entrate di soppiatto nel camposanto e avevano ribaltato alcune lapidi. L’increscioso episodio, per quanto anomalo nella piccola cittadina balneare di Caorle, a quanto pareva non era una novità; già alcuni mesi prima era avvenuto qualcosa di molto simile. Nonostante le approfondite indagini, però, la polizia non era riuscita a risalire agli autori di quegli atti vandalici.
Con un profondo sospiro voltò pagina e proseguì, per niente turbato, nella lettura. Mentre si apprestava a inoltrarsi nella sezione sportiva, uno strano luccichio attirò la sua attenzione. Sollevò lo sguardo dai fogli e scrutò in lontananza, per vedere di cosa si trattasse: una leggiadra ragazza in bikini, simile a una sirena, era appena uscita dall’acqua e si avviava ancora tutta gocciolante nella sua direzione scuotendo la folta chioma bionda. Indossava un sottile costume giallo acceso ornato da strass, che metteva in evidenza le sue prominenti forme.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, come ipnotizzato dalla bellezza senza tempo di quella dea marina.
Quando la ragazza sollevò il viso, i loro sguardi si incrociarono, come se quell’incontro fosse stato prestabilito da un’entità soprannaturale. Al culmine dell’imbarazzo, Lodovico distolse velocemente l’attenzione e tornò a concentrarsi sul giornale, pregando che non si fosse accorta delle sue occhiate. Attese qualche secondo senza sollevare lo sguardo, ma proprio quando pensava di avercela fatta lei lo salutò facendolo sobbalzare.
«Ciao!» Si era fermata proprio davanti a lui, sorridente.
«Ciao» rispose. Era visibilmente imbarazzato.
«Ho visto che mi stavi guardando. Piacere, io sono Martina.»
«Ehm… Sì. Cioè, no, in realtà stavo osservando il mare» disse lui, prima di aggiungere velocemente: «Io comunque sono Lodovico».
«Capito. Senti, ma… Anche tu qui in vacanza?» domandò lei, con fare ammiccante.
«Sì, sono arrivato qualche giorno fa. E tu invece?»
«Io sono arrivata ieri, sono qui con alcune amiche.»
Martina fece una pausa. Poi, non ottenendo alcuna risposta, proseguì: «Senti, ti andrebbe di andare a bere qualcosa insieme stasera? Per conoscerci meglio» azzardò mordendosi un labbro e sistemandosi una ciocca ribelle.
Visibilmente a disagio, cominciò a sudare. Cercava nella propria mente la risposta più adatta a quell’invitante domanda. Stava forse sognando? Sul serio quella ragazza così bella e attraente ci stava provando con lui? Se davvero era così, non era certo il caso di tirarsi indietro.
Dopo averci pensato un po’ su, si aggiustò gli occhiali sul naso, fece un respiro profondo e prese il coraggio a due mani. «Ehm… Perché no? Mi piacerebbe molto» balbettò con un filo di voce dopo un tempo che sembrò infinito.
La ragazza sorrise, facendo risaltare ancora di più la sua bellezza.
«Fantastico! Allora facciamo per le dieci. Ci becchiamo in centro?» disse soddisfatta.
Proprio mentre le parole stavano per uscire dalla bocca di Lodovico alcune grida catturarono la sua attenzione. Una bambina urlante, dall’aria tanto vispa quanto innocente, stava correndo verso di lui a gran velocità. Portava un simpatico costume rosa, e due lunghe trecce bionde mettevano in luce i suoi occhi furbetti, di un azzurro intenso. Quando lo raggiunse, gli si gettò al collo e lo abbracciò forte.
«Papà! Papà! Eccomi, sono tornata! Ora vieni con me a fare un castello in riva al mare? Ti prego…!» lo incalzò arricciando il naso.
Uno sguardo da pesce lesso comparve all’istante sul volto di Martina. Palesemente imbarazzata, si affrettò a ricomporsi e a salutare il più velocemente possibile: «Ora sarà meglio che vada. Per questa sera lasciamo stare, mi sono appena ricordata di avere già un impegno. Sarà per un’altra volta. Ciao ciao» disse avviandosi a passo svelto verso il suo ombrellone.
Tutto era accaduto così velocemente da non lasciargli nemmeno il tempo di fermarla.
Un’espressione di disappunto comparve sul suo volto, e cominciò a scrutare la bambina con fare indagatore.
«Eleonora, dimmi solo una cosa: perché?» le domandò con aria di rimprovero.
«Perché cosa?» rispose lei con finta innocenza.
«Perché mi hai chiamato papà? Io non sono tuo padre! Sei riuscita a farla scappare. Sei contenta, adesso?»
«Direi proprio di sì, era quello che volevo» rispose sorridendo. Quindi recuperò un paio di occhiali da sole e una rivista di parole crociate che erano appoggiati sul tavolino alla base all’ombrellone, rovesciò a testa in giù il secchiello e ci si sedette sopra. «Ma l’hai vista? Scusa se te lo dico, zio, ma non era per nulla adatta a te.»
Lodovico la guardò furente, consapevole di essere caduto in una macchinazione di quel perfido diavoletto.
«Senti, Eleonora, quante volte te lo devo dire di non intrometterti nella mia vita sentimentale? Non sono cose che ti riguardano, me la vedo da solo» rispose con aria stizzita tornando a concentrarsi sulla lettura. «E poi si può sapere cosa aveva questa che non andava? Come puoi dire che non è adatta a me? Neanche la conosci» continuò dopo una piccola pausa.
La bambina ci pensò un po’ su.
«5 verticale: “Intuizione prodotta dall’istinto”. Sesto senso» disse mentre scriveva sulla pagina la soluzione.
Lodovico sbuffò, visibilmente contrariato.
Il sole intanto si era fatto alto e le prime famigliole stavano cominciando ad abbandonare la spiaggia alla guida dei loro passeggini. Capendo che era finalmente arrivata l’ora di pranzo, Lodovico chiuse con rabbia il giornale e si apprestò ad alzarsi.
«Forza, torniamo a casa» la esortò mentre prendeva la maglietta malamente incastrata tra i raggi dell’ombrellone aperto.
Eleonora, per nulla turbata da quella decisione, si alzò, prese il secchiello su cui era seduta e vi infilò la rivista. Quando entrambi furono pronti, lo zio la prese per mano e si avviarono verso il loro residence.
«Cosa si mangia di buono oggi?» gli chiese con delicatezza, mentre raggiungevano la passerella.
«Pasta al pomodoro.»
«Non osiamo troppo, per carità! Le ricette migliori tienile per le tue fidanzate, mi raccomando» lo rimproverò lei con fare allusivo.
Non ricevendo alcuna risposta e vedendolo rabbuiato in viso, proseguì gioiosa.
«Dai, stavo scherzando! Benedetti siano la pasta e tutti i pomodori! E poi, chissà quante ne trova uno come te.»
Lui alzò gli occhi al cielo, cogliendo la doppia frecciatina che aveva appena ricevuto.
Per quanto all’apparenza potessero sembrare diversi, zio e nipote andavano molto d’accordo. Eleonora era nata dalla relazione fra suo fratello e un’acida signora di mezz’età che il fratello aveva conosciuto durante un viaggio di lavoro. Ora erano divorziati. Tutto era successo nel giro di pochi anni.
Quando Lodovico aveva incontrato la nuora per la prima volta, durante una cena di famiglia, gli aveva subito fatto una pessima impressione, per questo alla notizia della separazione non c’era rimasto male più di tanto. Però si era subito affezionato alla piccola Eleonora, e così trascorreva con lei molto tempo. Il loro legame era andato sempre più rafforzandosi, tant’è che ormai la bambina preferiva trascorrere il tempo con lo zio piuttosto che con uno dei genitori; era facile scambiarli per padre e figlia, da quanto si volevano bene.
Così anche quell’estate, alla domanda con chi volesse andare in vacanza, se con la mamma o con il papà, lei aveva risposto rapida e convinta: “Con lo zio Lodo!”. Lui sotto sotto ci sperava. Una volta ottenute le ferie, aveva quindi prenotato nel tranquillo paesino di Caorle, sul mar Adriatico, dove da qualche anno era solito andare durante la bella stagione. D’altra parte non era stato difficile convincere i genitori di Eleonora, che come sempre non vedevano l’ora di liberarsi di quel gravoso compito.
Era cominciata così la loro piccola avventura estiva.
Non appena furono rientrati nel loro appartamento dopo la calda mattinata in spiaggia, Eleonora si lanciò sul letto e accese la televisione. Lodovico prese una pentola dalla credenza, la riempì d’acqua e accese il fornello.
«Non dirmi che hai intenzione di guardare un’altra puntata di Don Matteo…» le disse, ascoltando distrattamente le voci che arrivavano dallo schermo acceso.
«Eccome! Perché credi che ti abbia seguito senza fare storie?»
Il loro alloggio era piccolo ma accogliente. Si trovava all’ultimo piano di un residence a pochi minuti dalla spiaggia, sulla riviera di Levante, e consisteva in una mansarda provvista di angolo cottura, letto matrimoniale e un bagno, oltre all’ampia terrazza che dava sul centro del paese e dove i due la mattina amavano fare colazione e la sera cenare. La zona all’esterno era in condivisione con gli ospiti dell’appartamento di fianco al loro, ovvero una signora grassoccia e suo marito, con i quali non erano ancora riusciti a scambiare una parola.
Quando l’acqua iniziò a borbottare, Lodovico sollevò il coperchio rovente e buttò la pasta.
«Hai messo il sale, vero?» sentì domandare dal fondo della stanza. Glielo domandava sempre.
«Certo che l’ho messo, sta’ tranquilla.»
La bambina riprese a seguire la puntata con grande interesse, timorosa di perdere anche la minima battuta della sua serie preferita.
Eleonora, a causa della delicata situazione familiare, nonostante avesse solo nove anni era già abbastanza matura, molto più avanti rispetto agli altri bambini della sua età. Aveva imparato a darsi da fare e ad arrangiarsi per ottenere qualsiasi cosa, dimostrando una grande determinazione e un’intelligenza fuori dal comune. Era molto sveglia e per questo voleva ottenere il massimo risultato in tutto ciò che faceva. A scuola era la più brava della classe, nonostante le difficoltà relazionali che l’avevano portata a isolarsi sempre di più. Preferiva infatti stare con gli adulti piuttosto che con i suoi coetanei, che reputava troppo infantili e lontani dal suo modo di essere e di pensare. Anche per questo motivo rifugiarsi tra le braccia amorevoli dello zio era ormai diventata per lei una vitale necessità.
La pasta era cotta. Lodovico la scolò, ne riempì due piatti, li condì con della passata di pomodoro fresco.
«Et voilà!» Lo diceva sempre al termine di quella semplice operazione, come un grande chef che aveva appena realizzato una ricetta sopraffina.
Eleonora si alzò dal letto e lo raggiunse a tavola, senza però staccare gli occhi dallo schermo. I due cominciarono così a mangiare in silenzio.
«Allora, chi è il colpevole questa volta?» chiese a un certo punto lo zio Lodo, alzando lo sguardo verso il televisore.
«Il marito della vittima» rispose con prontezza Eleonora mentre si versava un po’ d’acqua nel bicchiere.
«Come fai a dirlo, scusa?»
«Mi sembra ovvio, no? Lui l’ha uccisa per gelosia e poi ha fatto finta di trovare il corpo, per non fare cadere su di sé i sospetti.»
«Se la polizia ti avesse tra le sue fila, molte indagini oggi sarebbero già risolte.» La prendeva in giro, non senza una punta di verità nella voce.
Ogni volta era la stessa storia. Eleonora riusciva a individuare il colpevole molto prima della fine dell’episodio. Grazie alla sua grande perspicacia notava dettagli che una persona normale non era in grado di vedere, e così capiva subito come si erano svolti veramente i fatti.
Quando la puntata finì, dimostrando che la sua tesi era corretta, Eleonora si lanciò di nuovo sul letto e intraprese a leggere un grosso libro che aveva sul comodino. Lodovico intanto sistemava la cucina.
«Che poi non ho capito perché devo essere sempre io a lavare i piatti» disse ad alta voce, camuffando un certo risentimento.
«Sai com’è, se lo facessi io si tratterebbe di sfruttamento minorile. Potresti anche essere denunciato per questo» gli rispose.
Lui sbuffò, sconfitto ancora prima di cominciare quella discussione.
«Voglio chiedere delle ferie» borbottò a bassa voce mentre sciacquava le stoviglie sotto l’acqua tiepida.
«Sei già in ferie!» Sentì gridare dall’altra parte della stanza, allora non riuscì a trattenere un silenzioso sorriso.
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