Lia, dirompente e concreta.
Sybille, confusa e fragile.
Nonna e nipote, accomunate da un diario rosso e una storia lunga un anno, tra la Roma del 1953 e quella di oggi.
Partiranno ognuna per sé, scarpe nuove e tasche vuote, portandosi dietro un amore rotto, un pianoforte, una bicicletta partigiana e due compagni di viaggio sfuggenti e misteriosi.
Si ritroveranno un anno dopo, a una cena di Natale, consapevoli, resistenti e libere: scarpe da buttare ma tasche da svuotare sul tavolo di segreti ancora fino ad allora rimasti sotto il silenzio di un velo di stoffa.
La storia di due donne che si scoprono per davvero, di nodi personali che diventano doni da condividere e attitudini da esplorare: un continuo invito a provarci, a uscire dal noto per tuffarsi nell’ignoto sempre colmo di opportunità.
Perché ho scritto questo libro?
Inseguendo le storie d’amore, la loro fine e i loro inizi, non si sa mai dove si può arrivare. Scrivere questo romanzo è stato questo per me: partire da una fine per ritrovare un nuovo inizio. Sono cresciuta con i racconti di guerra di mio nonno, gli scritti del suo diario, il valore della memoria. Lui è stato il mio aiutante, magari Lia e Sybille potranno esserlo per i lettori, lungo un cammino, a volte tortuoso, alla riscoperta delle radici, della storia familiare e dei talenti di ognuno.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Ancora mi ricordo cosa mi disse la prima volta che mi vide sull’uscio del suo negozio:
“Signorina, lei non è qui in cerca di libri ma di storie da raccontare. Mi creda, si vede subito. Da come scendete quei tre gradini per entrare in negozio. Venga con me, gliene offro qualcuna”.
E mi portò subito nel retrobottega, la ragione vera di quel negozio: un archivio fotografico che a confronto solo il nostro immaginario sulla biblioteca di Alessandria poteva reggere.
“Che cos’è?”, gli chiesi sbalordita.
“È l’archivio dei Dimenticati in cerca di Memorie”, mi disse.
“Dimenticati con memorie?”
“Sì, esatto. Un po’ come i personaggi in cerca d’autore. I protagonisti di queste storie però chiedono alle mie mani di essere salvati dall’immondezzaio dentro il quale di solito finiscono quando parenti e familiari, più o meno cari, ripuliscono le soffitte o le case da un’eredità agognata o una lunga malattia. Forse è un po’ pretenzioso, lo so, ma è quello che so fare. Ho cominciato che ero un ragazzino, anzi, proprio un bambino. Era morto Ciao Core, l’uomo più anziano di tutto il quartiere. Ogni volta che ci penso a Ciao Core, rido. Ma come può una persona chiamarsi Ciao Core!”
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Sorrisi anche io, e molto.
“Non aveva una famiglia vera, il quartiere era la sua famiglia. E quando morì, le sue cose furono portate tutte al fontanone in piazza e distribuite un po’ qua e un po’ là. Soltanto le sue foto non le prese nessuno, rimasero abbandonate in uno scatolone bianco, lì, così, per svariati giorni. Si vede che aspettavano me. E io le volevo prendere davvero. Tutti i giorni, quando andavo o tornavo da scuola, passavo davanti al fontanone e guardavo quella scatola, ma non osavo mai avvicinarmi. Avevo paura che i grandi mi vedessero e pensassero chissà cosa, che le stessi rubando. Un giorno però trovai il coraggio e mi avvicinai. Lo feci solo perché c’era molto vento quel pomeriggio all’uscita di scuola e non girava nessuno per il rione, solo i miei compagnucci di classe. Mi avvicinai a quella scatola così come il prete ci disse che dovevamo fare per prendere l’ostia sull’altare: contriti, con le mani in petto e in silenzio. Solo che stavolta a me il petto batteva forte e non riuscivo a camminare lento, anzi, volevo correre, piè veloce e passo svelto, proprio per afferrare al più presto quel tesoro trascurato e vedere cosa ci fosse dentro. Arrivai ai piedi del fontanone. Una signora con un pesante foulard di panno marrone usciva dalla latteria di fronte e, per non farmi vedere, mi misi di sbieco dietro alle foglie della fontana, e mi sentii davvero piccolo piccolo.
Da dietro le foglie vedevo la signora sempre più che si allontanava; inciampava un po’ per via del vento che davvero stava diventando troppo forte. Dovevo sbrigarmi, dovevo rientrare in casa, altrimenti mia madre ne avrebbe avuto troppa pena.
Tirai un respiro profondo e ritornai nelle mie forme normali, salii il primo gradino e poi il secondo, e mi sedetti accanto al pacco. La pietra di quella fontana era gelida e anche le mie mani stavano cominciando a diventare fredde.
Aprii quella scatola bianca e ci infilai tutta la testa dentro, più giù e in fondo che potevo. Non mi volevo perdere nemmeno un fotogramma. di tutto quello che c’era in quella scatola. Ricordo la sensazione di sorpresa che mi investì quando mi trovai a tu per tu con il buio di quello spazio. C’erano poche fotografie, o comunque meno di quelle che immaginavo; e poi la scatola era troppo grande per le poche fotografie che vi trovai dentro.
In quell’istante, subito dopo la prima emozione, la mia mente di ragazzino ubbidiente mi disse che dovevo rientrare a casa, chiusi la scatola e la lasciai lì, al vento, quasi temendo di aver commesso un qualche peccato.
Passarono un po’ di giorni ma io pensavo sempre a quelle foto: chissà se erano poche perché qualcuno se l’era già prese nel frattempo.
Dopo qualche giorno, una sera iniziò a buttare giù tanta di quell’acqua che a casa pensammo tutti che il Tevere arrivasse sotto al portone.
Ero molto preoccupato. Ma non per il fiume, ma per quelle foto che ormai consideravo mie.
Non sopportavo l’idea di saperle inzuppate e perse. E allora uscii di casa di corsa, con una piccola mantella addosso, sguizzando via dalle braccia di mia madre che voleva a tutti i costi tenermi a riparo in casa da quell’acquazzone.
Mi vide ritornare dieci minuti dopo, rosso in faccia per una delle corse più sudate della mia vita, bagnato fin dentro le braghe e con in mano la felicità di aver salvato da fine certa le fotografie di Ciao Core.
Avrebbero dovuto farla a me una fotografia in quel momento. Sarebbe stata bella da tenere in salone. Ma certamente mia madre me la fece. Non con una macchina fotografica ma con il cuore. Si avvicinò a me con un grosso telo, piena di tenerezza e con un sorriso enorme. Iniziò ad asciugarmi il viso lì, sull’uscio della porta, col mantellino giallo in capo e lo scatolone bianco più grosso di me ancora in mano.
Mi portò a fare un bagno caldo, ma prima ci assicurammo che le fotografie non si fossero bagnate. Poi andai in camera mia, mi arrampicai sul letto e misi a testa in giù il contenuto della scatola: ne venne fuori un discreto mucchietto di fotografie e qualche lettera, che presi e misi da parte. Non mi incuriosivano in verità. Mi interessavano le foto, ma ancora non capivo bene il perché. Cominciai a sparpagliarle sul letto, e così iniziai la mia prima ricostruzione di vite”.
Pasquale Esposito PI
Condividere un link a volte viene fatto semplicemente per abitudine o per far sapere che anche tu eri parte di quel pensiero, ma in realtà non ne sapevi nulla….qui e con Anna Ausilia Ranieri non è così.
Anna è espressione di una profonda anima la cui luminosità acceca per la sua trasparenza e genuinità, ed il suo pensiero è così travolgente che attraverso ciò che dice riesce a trasformare, nella mente di chi l’ascolta , le parole in realtà.
Ed ecco che si viene proiettati da una fantasia ad una realtà in cui ci si sente parte integrante. Anna è questo, ed anche molto di più in quanto questa sua meravigliosa dote letteraria nasce da un suo essere così nella vita di tutti i giorni, ed è per questa ragione che leggere i suoi pensieri, e come camminare con lei lungo i suoi racconti e immedesimarsi nei suoi personaggi che sono sicuramente dentro quelle parti nascoste dei nostri ricordi.
Ecco perché vi invito a partecipare a questo progetto editoriale, affinché costruiate con noi la realizzazione di un ‘opera che permetta di generare tali emozioni, e che a sua volta poi possa essere data ai nostri nipoti, figli, perché allo stesso modo possano sempre tramandarsi questi sentimenti.
Questo è il link che vi invito a cliccare ed a far girare…..e così anche noi avremo contributo ad un passa parole che è molto di più del semplice dire, è un fare , è un essere, è un passato, che vive nel presente e che sarà ancora in un futuro
https://bookabook.it/libro/passi/
Un caro saluto a tutti
Pasquale Esposito
MAURIZIO D’ARGENIO (proprietario verificato)
Lia & Sybille
L’una per l’altra
L’una dall’altra
Un travaso d’amore compiuto
L’atto ribelle mai involuto
La gioia stroncata
La gioia librata
La genesi di un destino
che intreccia in un tempo spaiato
l’andirivieni dell’amore
Che incanta e delude
ma che non si preclude
che traccia in un anno,
di mese in mese,
mimando degli anni lontani
il divenire di chi nel cercare
riscatta in mille istantanee
il lungo metraggio
che la vita da sola
ci svolge
In questo passare,
la mano canuta
in quella prima sperduta
e poi ritrovata,
si compie l’eterno tragitto
dei Passi di entrambe
in lieto reimmettersi
di vita dell’una
in quella dell’atra.