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Per Olivia

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Tommaso ha ventisei anni, vive a Los Angeles, e sta per coronare il sogno di tutta una vita: suonare sul palco di Tomorrowland, il festival di musica elettronica più grande al mondo. Fa il musicista da tutta la vita, ma per la prima volta si trova ad affrontare l’ansia di poter deludere le aspettative del pubblico e ha un blocco creativo.Per superarlo, cerca rifugio nel suo passato e torna a casa, in Italia, a Ponza. Qui, però, ad attenderlo ci sono i problemi che ha lasciato in sospeso nel corso della vita, e solo grazie a Olivia, una misteriosa ragazza che lo guiderà alla scoperta di sé, Tommaso riuscirà a capire di cosa ha realmente bisogno.

Sul palco più grande del mondo

 

Erano le due del mattino. Tommaso stava coronando il suo sogno. Suonava al festival musicale più importante al mondo: Tomorrowland.

In tutto il globo la gente dormiva e sognava, aspettando che arrivasse il giorno seguente. Ma in quell’enorme parco del Belgio c’erano quasi duecentomila persone che, quella notte, ignoravano il vero significato della parola domani.

Ballavano e gridavano come se volessero abbattere la barriera del suono, e forse ci riuscivano. La musica sembrava avvolgere quei suoni confusi, assimilandoli e rendendoli parte di una meravigliosa melodia.

In mezzo a tutto questo, una persona lasciava cadere una lacrima. Quell’impercettibile goccia d’acqua salata usciva proprio dagli occhi dell’autore, che con la sua musica trasportava la gente in un mondo dove i pensieri che opprimono la gran parte delle giornate si spengono e le sensazioni più genuine governano i sensi. E se era lui stesso a creare questo scudo contro i problemi e la tristezza, allora perché piangeva?

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Da Mozart a Stevie Wonder

 

Qualche mese prima, a Los Angeles, c’era un sole pazzesco, e Tommaso aspettava la telefonata più importante della sua vita. Era chiuso nel suo studio da ore e vagava in quelli che erano stati i suoi sogni più profondi, aspettando che diventassero realtà. Ad accompagnarlo c’era una sinfonia molto leggera, che sembrava essersi personificata vicino a lui. Era la musica, un’entità bellissima e innocente, che lo aiutava a rimanere aggrappato alla realtà. E per Tommaso, in quel momento, avere un’ancora che non lo facesse completamente sprofondare nei suoi pensieri era essenziale.

Pochi minuti dopo, un suono estraneo lo riportò nel suo studio, e quei sogni svanirono dalla sua testa. Era il suo amico George, che lo chiamava per parlargli del nuovo skateboard che aveva comprato.

«Non fare il noioso e andiamo a provarlo insieme» gli disse, mentre Tommaso stava per attaccargli il citofono in faccia.

Tommaso era una persona che amava fare tutto ciò che gli veniva proposto. Per questo, a ventisei anni, aveva vissuto una vita più ricca della maggior parte delle persone con il doppio della sua età. Eppure, aveva una sola regola: non doveva essere disturbato quando lavorava, o aspettava chiamate di lavoro. George lo sapeva, ma comunque adorava importunarlo in ogni modo possibile. In un’altra occasione, il giovane musicista si sarebbe infuriato e avrebbe inveito contro il suo amico, che alla fine si sarebbe arreso, lasciandolo ai suoi impegni. Questa situazione era già accaduta decine di volte, ma quel giorno Tommaso aveva un disperato bisogno di uscire.

«Guarda che gioiellino mi è appena arrivato dall’Australia» George aveva dipinto sul volto il sorriso di un bambino al quale era stato finalmente comprato quel gelato che chiedeva da ore.

«Sai benissimo che potrei farti mangiare la polvere anche con la tavola spezzata a metà. Ma sai anche che sto attendendo una chiamata importante; perciò dovrai aspettare domani perché io ti distrugga» Tommaso era rassegnato, sapeva che ormai George non gli avrebbe più permesso di tornare a casa.

«Non serve che rimani in casa ad aspettare. Puoi tranquillamente sentire il tuo telefono squillare mentre siamo sullo skate. Ah, e comunque chi arriva per ultimo alla pista paga la cena!» George, con un gesto veloce, si mise la tavola sui piedi e si allontanò subito dall’amico.

Tommaso aveva conosciuto il ragazzo poco dopo il suo arrivo a Los Angeles. Aveva venticinque anni, ma ne dimostrava la metà. Non era tanto per il suo aspetto, bensì perché George, dentro, era rimasto un bambino; e anche se molti vedevano questa sua caratteristica come un difetto, Tommaso l’adorava, forse perché gli ricordava una parte di sé che non riconosceva più. George era quel tipo di ragazzo che non veniva macchiato dalla durezza del mondo adulto, e grazie a ciò poteva farti trovare la felicità nelle cose che le persone mature ormai non notavano più. Per questo, Tommaso aveva sempre creduto che fossero proprio le persone come George a far ridere il mondo. Spesso il giovane musicista si era perso negli occhi verdi dell’amico, dimenticando tutti i problemi che attanagliavano la sua giornata. Certe volte credeva che George fosse un alieno, ma poi pensava semplicemente che fosse una persona che non si era arresa al grigiore della vita.

«Come ti ho detto, mangerai la mia polvere» disse Tommaso sorridendo, e superò abilmente George, ma la sua tavola era vecchia, e così si sbilanciò, andando a sbattere contro l’amico, che perse l’equilibrio e cadde, sbucciandosi il ginocchio.

«Mi dispiace tantissimo. È per questo che evito di usare lo skate.»

«Troppo facile fare la vittima. Ti toccherà aiutarmi a medicare la ferita, e dovrai offrirmi la cena, perché hai imbrogliato. E comunque non serve un genio per capire che sei negato con lo skate» disse George, con una gentilezza e un sorriso che fecero svanire subito quella situazione di disagio in cui Tommaso si sentiva intrappolato.

Lo skate, per Tommaso, era come un cugino che non vedeva mai. Sapeva che c’era, eppure lo andava a trovare raramente. Però, la volta in cui lo prendeva da sotto il letto e gli soffiava sopra per togliergli la polvere, era già sicuro di stare per divertirsi; e questo gli creava sulle labbra un piccolo sorriso, impercettibile, che preannunciava le vere risate che quella tavola di legno sarebbe stata in grado di regalargli.

I due ragazzi presero le garze e il disinfettante in un discount lì accanto, e appena ebbero tamponato la ferita, Tommaso mantenne la sua promessa e offrì un hot-dog caldo al suo amico. Andarono a gustarselo sulla loro spiaggia preferita.

Quella notte il cielo era nuvoloso, ma un piccolo lampione illuminava loro e il loro tavolo. Sotto quella luce artificiale, i due amici iniziarono a scambiarsi battute di ogni tipo; furono un toccasana, soprattutto per Tommaso, che si era quasi dimenticato di aspettare una chiamata importante.

Ma fu proprio in quel momento, in mezzo a tutto quel divertimento, che la suoneria del telefono fece calare il silenzio su quei due ragazzi.

«È fatta! Suonerai a Tomorrowland. La data e l’ora sono ancora da decidere, ma vogliono che metti un pezzo inedito. Avrai il tempo per una sola traccia, quindi fai in modo che sia la migliore che tu abbia mai scritto. Adesso ti devo lasciare, ma mettiti subito al lavoro. Ci sentiamo in questi giorni. Ah, quasi dimenticavo, congratulazioni.»

Tommaso non ebbe neanche il tempo di rispondere. Il suo agente fu breve e conciso, ma solo dopo qualche secondo con il telefono appoggiato ancora sul suo orecchio, quel giovane musicista si capacitò di quello che gli era appena stato detto. La gioia lo stava per far esplodere, ma prima che potesse scoppiare, George lo interruppe: «Sono io, o il lampione sopra di noi sembra alquanto poetico?».

L’attenzione di Tommaso si spostò su quel piccolo lampione. Avrebbe voluto dire a George che non gli fregava nulla di quel coso, ma rimase a fissarlo. Quella enorme voglia di festeggiare si assopì pian piano, e quella debole luce fece riaffiorare un ricordo nella sua mente.

Non era più a Los Angeles, e non aveva più ventisei anni. Sulla sua faccia non c’erano segni di peluria ed era decisamente più basso, in lui vivevano ancora percezioni di stupore, che oramai non provava da un bel pezzo. Sullo sfondo vedeva un hotel che, data la sua statura, pareva immenso. Quell’androne si faceva sempre più familiare, finché i suoi ricordi divennero più nitidi. Aveva sei o sette anni, e si trovava in quello che una volta era l’albergo dei suoi nonni materni. C’era andato molte volte, ma si era scordato di tutte le sensazioni che quelle vecchie e semplici mura gli davano.

Si ricordò di quando suo padre lo portò a fare un giro e Tommaso, governato dalla curiosità, mentre gli adulti parlavano tra loro, entrò in una sala gigantesca, trovandovi un vecchio e polveroso giradischi. Quello stesso giradischi che ora si trovava nel suo appartamento a Los Angeles, a prendere altrettanta polvere. Ormai si era dimenticato cosa si provasse ad ascoltare un bel vinile. Gli era passato molte volte davanti, ma spesso, per la fretta o per pigrizia, si limitava a usare il suo stereo digitale. Eppure, grazie a quel vecchio e polveroso giradischi, Tommaso aveva scoperto cos’era la musica.

La sua mente tornò a quella sala e a un armadietto pieno di vinili. Si ricordò di quando, quel giorno, passò le sue mani su tutti quei dischi e, senza neanche sapere cosa fossero, si sentì subito impossessato da loro. Passò dall’ascoltare Mozart a udire la magica voce di Stevie Wonder, e ascoltò decine di dischi, ognuno di diverso genere, che però facevano tutti parte di quella magia che Tommaso avrebbe amato per il resto della sua vita: la musica. Bastava che il disco avesse una bella immagine sulla copertina e la curiosità aumentava ardentemente. Si ricordò che suo padre entrò dopo qualche ora nella sala e la trovò completamente in disordine. Rimproverò il figlio per il trambusto, ma si fermò improvvisamente perché vide, sulla faccia di Tommaso, lo sguardo e il sorriso di chi aveva appena scoperto un tesoro gigantesco; una faccia che tutti hanno avuto nella loro vita quando hanno scoperto la loro passione.

«Chi era al telefono?» La voce di George si insinuò nei suoi pensieri, e gli occhi di Tommaso si catapultarono nuovamente sul suo amico, mentre il suo ricordo appassiva nella luce del lampione, e il presente tornava a capofitto nella sua esistenza.

«Era il mio agente… a luglio suonerò a Tomorrowland» disse Tommaso, molto lentamente, così che le parole gli entrassero bene in testa.

«E me lo dici così?! È per questo che non volevi uscire?» George sembrava l’unico entusiasta tra i due.

«Devo andare, George, ti chiamo domani» annunciò Tommaso, incamminandosi subito verso il suo appartamento.

«Ma dove vai…? Guarda che domani vengo a cercarti, e se non mi apri… sfondo la porta» rispose George, ma ormai Tommaso non l’ascoltava più.

I lampioni e le luci dei negozi illuminavano la strada. Tommaso camminava, ma a trasportarlo era il suo istinto, perché lui sembrava trovarsi da tutt’altra parte.

Dopo pochi minuti arrivò a casa, e da uno scatolone coperto con un panno, prese il suo vecchio giradischi e iniziò ad ascoltare Songs in the Key of Life di Stevie Wonder.

Mentre veniva avvolto da quei suoni, si stese sul letto, pronto per andare a dormire. Cercò di resistere il più a lungo possibile, per paura che tutto ciò accaduto fin a quel momento si rivelasse un sogno. Prima di chiudere completamente gli occhi, guardò fuori dalla finestra, verso la città. Vide tutte quelle luci e, cullato dalla voce di Stevie Wonder, i suoi occhi cedettero. Si tuffò nel mondo dei sogni sapendo che, quel giorno, uno di questi si stava finalmente avverando.

2022-05-31

Aggiornamento

Volevo ringraziare tutte le persone che hanno acquistato Per Olivia. Siamo arrivati a 200 preordini. Ancora non ci credo, ma più guardo lo schermo del mio computer e più mi rendo conto che così tante persone hanno creduto nelle mie capacità. Grazie di cuore. Non vedo l'ora che il mio manoscritto arrivi nelle vostre librerie
2022-03-03

Extra Tv

Vi lascio il link della mia intervista su Extra Tv riguardo il mio romanzo e tanto altro: https://fb.watch/bxP6qdGqhz/

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Francesco Soriente
Nasce nel 2002 ad Alatri, è diplomato al liceo delle Scienze umane di Frosinone e frequenta Lettere moderne all’Università La Sapienza di Roma. È appassionato di cinema e sceneggiatura, fumetti americani e giapponesi e letteratura, soprattutto italiana. Ciascuna di queste forme di scrittura lo ha profondamente influenzato ed è stata spunto per scrivere "Per Olivia", il suo romanzo d’esordio.
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