Qualcuno aveva tentato di misurare la distanza tra sé e il mondo esterno palpando la superficie di vetro, ma la distanza era una voragine che rendeva inconsistente, quasi ridicola, l’idea che il mondo esterno potesse esistere davvero.
Renato teneva le mani di Milla nelle sue: sottili e fresche, racchiuse fra i due palmi, ne tastava la consistenza, il rilievo molle delle vene, ora carezzandone il dorso, ora sfiorando la linea della vita, e poi stringendole, quasi che potesse perderle, da un momento all’altro.
Milla serrava le palpebre, nascondendo gli occhi, al di sotto della frangetta castana, la pelle del suo viso chiara, non c’era traccia delle efelidi di cui lei gli aveva parlato, le efelidi che comparivano col sole, a disegnare la geografia di un cielo di latte.
Anche il cielo là fuori, Renato lo sapeva, era senza stelle, così buio che nemmeno le luci della città vi incrociavano i loro bagliori.
Venne la luce blu, pulsò e rimbalzò oltre il vetro, disegnando il profilo di una mano che sembrava una supplica muta.
Piovve sulle loro teste, sui capelli rossicci di Renato, sulle spalle incurvate di Milla, li sorprese lì immobili, rannicchiati l’uno contro l’altro; se ne stavano addossati alla parte di muro in mezzo alle due vetrate dell’ingresso laterale quando un lampo bluastro si posò con due ali luminose di fianco a loro.
Nella testa di Renato la luce del sole di una mattinata di scuola sostituì quel blu artificiale e minaccioso, il cielo da nero si fece limpido, i bambini correvano all’interno trascinati dall’eco della campanella e gli insegnanti li seguivano con passo lento.
Si strinsero ancora più forte, Milla sprofondò il viso nel petto di Renato, che le cinse i fianchi, la tenne a sé, piegandosi in avanti per racchiuderla nel suo abbraccio.
Sentiva il cuore di Milla affannarsi col suo ritmo sincopato attraverso il maglioncino, quasi che potesse attraversarlo, per sfiorare il suo petto, e cercare, magari trovare, il suo cuore, il cui battito non era certo dissimile da quello della ragazza.
Renato sperò che il suo cuore fosse quello più calmo dei due e si concentrò per essere forte.
La verità è che aveva paura.
Tutto ciò che gli arrivava ai timpani era un unico tono cardiaco, veloce e profondo, quasi rauco, che era la sommatoria dei loro due cuori.
Arrivò il frastuono di un vetro infranto e Milla sussultò, tra le braccia di Renato, e qualcuno gridò: “la polizia! La polizia!”
Prese vita un coro che scandiva una sorta di litania con quella parola, ‘polizia’, che si formava, impastandosi fino a sfaldarsi nelle bocche, correndo di gola in gola, chiudendosi nel petto, disarticolandosi fino a perdere qualunque significato, un amalgama tribale di vocali e consonanti.
Renato si avvicinò all’orecchio della ragazza, avvertendo il dolce odore del contorno del padiglione, e le sussurrò con tono sbrigativo che ci si doveva muovere in fretta.
I rumori si accavallarono in una serie concitata di passi e di tonfi, a un certo punto un frastuono di voci si levò nell’aria fino ad assumere i connotati di un boato e distillò un urlo lancinante.
<> disse a Milla, stavolta con più decisione, ma questa non si mosse, appuntata al suo torace come se non esistesse altro rifugio possibile.
<< E dove? Rimaniamo qui, senza opporre resistenza. Non possono farci niente.>>
Milla si rese conto di non credere, non del tutto almeno, alla frase che aveva appena pronunciato e prese a tremare, anche se cercava di non darlo a vedere; serrava la mandibola, le si tendeva il collo, la fronte si aggrottava e le labbra esangui si ritraevano.
Renato piegò il collo, le pupille grigiastre a correre, come in un nistagmo, verso la fonte del caos: urla e imprecazioni, frammenti concitati e gente che si chiamava per nome, poi da quella selva presero a staccarsi le implorazioni, sibilate, sputate fra i denti, e Renato decise che non potevano più rimanere lì inermi.
<< Si mette male. Dobbiamo andarcene, ora.>>
Milla lo guardò con le pupille velate.
Nella tensione del suo labbro inferiore vibrava un sentimento d’incertezza.
Renato lanciò un’occhiata oltre le vetrate, il cortile brulicava di poliziotti e carabinieri.
Dovevano aver fatto irruzione dai cancelli della scuola.
Non riusciva a capacitarsene e la sorpresa lo congelò.
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