Spetta minga che te rusen
C’era una volta una piccola barca a vela. La sua carena era bianca, di legno giovane, con una striscia blu che correva tutto intorno come una cintola. L’ albero si ergeva forte e altissimo e le due vele erano candide e lucenti, su quella più ampia, al centro, spiccava una macchia rossa: da lontano sembrava di vedere la bandiera giapponese sventolare nell’ azzurro. La piccola barca aveva un bel caratterino e tutti sapevano che aveva lo scafo gnucco, poiché voleva sempre fare di testa sua, senza dar retta a nessuno; inoltre era abbastanza pigra e si dondolava sperando che le cose andassero sempre per il verso giusto, senza impegnarsi più di un poco.
Le barche a vela non vanno a scuola per imparare ad andare al largo da sole, ma vengono istruite a piacimento dalle chiatte e dai battelli più anziani ed esperti, allenandosi tra loro in acque confinate. Quando il timone ruota veloce e fiocchi e stecche son lunghi il giusto, tutte le imbarcazioni devono sostenere un esame. La prova viene giudicata dai velieri vetusti e consiste nel prendere il largo e salpare oltre la grande boa gialla. La navigazione dura circa uno spicchio di sole, dopo aver girato tutto intorno al faro, sito sull’ isolotto nella baia oltre la collina, le barchette fanno ritorno al porto di casa. Il giudizio vien dato in base alla velocità di navigazione, a falle o strappi riportati, al numero di manovre per l’approdo… Insomma tutte quisquilie che, se ben allenate, possono esser fatte a oblò bendati. Superato l’esame ogni partecipante riceve l’attestato di chiglia maggiorenne e la libertà di circolare in lungo e soprattutto in largo.
Le ore, i giorni e le settimane prima dell’esame tutte le barchette studiano a più non posso: ripassano le mappe, misurano le distanze, provano il percorso e le manovre, considerano le profondità, la salinità del mare, la posizione delle stelle e del sole, la velocità delle nuvole e la forza dei venti e delle correnti. Alcune lucidano i ganci, l’ancora e il timone, altre rafforzano le cuciture delle tele e i nodi delle funi. Tutte si danno proprio un bel da fare!
Tutte tranne la veletta dalla pennellata rossa: lei tutta tronfia se ne va a zonzo oscillando dolcemente chiedendosi il perché di tanta fatica. Lei con la sua cintola blu passa il tempo a contare le conchiglie sul fondale marino, a parlare con i gabbiani e a prendere il sole.
Lei è convinta che l’esame non sia nulla di complicato: al largo ci sa andare e qualche volta ha parcheggiato vicino al molo senza troppi danni. “Il cielo sarà clemente così come le onde e sarà una passeggiata… anzi una navigata.”
Il giorno prima della partenza la nostra pigrona sfoglia il manuale e dà uno sguardo alla mappa… forse qualche esercizio avrebbe potuto farlo… “ma andrà bene!”
Per rilassarsi e non pensarci troppo schiaccia un pisolino e va a trovare qualche pesciolotto suo amico. Lungo il porticciolo incontra un anziano caicco: -Come andiamo “Sol levante”?- così alcuni la chiamavano. -Ti sei preparata per il grande giudizio o stai zuzzurellando come tuo solito?-
- Mi sento pronto tutto sommato, andrà bene, non sarà poi tanto complicato… in fondo…-
- In fondo, in fondo… in fondo al mare ti ritroveremo se continui così! Se te se moeuvet mai, spetta minga che te rusen! –
- Come?-
- Se non ti muovi mai, non aspettarti una spinta! E’ un detto milanese. Me lo insegnò un piccione che tanto aveva viaggiato al nord e vissuto ai piedi della “bela Madunina”. Non te la caverai sempre senza un po’ di impegno, studio e dedizione, cara gondoletta!-
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Chi non s’engegna, fa la tegna
Mirko oggi, all’uscita dalla scuola materna è tornato a casa a piedi con la nonna.
“Giusto” ha pensato, quando l’ha intravista dal vetro, mentre si infilava scarpe, giacca e berretto “mamma mi aveva detto che oggi doveva lavorare un po’ a computer! Che bello, chissà cosa farò di speciale con la nonna questo pomeriggio!”
Dopo averla salutata e averle consegnato la sua borraccia blu il bimbo zampetta allegramente aprendo il succo di frutta datogli dalla maestra. Inizia a raccontare di mirabolanti avventure vissute in salone con i suoi due amici del cuore; pirati e super eroi li accompagnano fin sotto casa, dove Mirko chiede alla nonna di aprire lui il cancello con la chiave fucsia. Salendo in ascensore lamenta di avere una gran fame.
-Mi è venuta un’idea- esclama la nonna- ho visto che la mamma ha preso dei grossi biscotti a forma di barchetta, perché non li farciamo come un galeone pieno di tesori… se vuoi puoi prepararne uno anche per la mamma e portarglielo di sopra, ne sarà felice!-
-Sai nonnina è proprio una bella idea!-
Il bambino dopo essersi tolto cappotto, scarpe e cappellino corre in bagno e poi con grande entusiasmo esclama, dirigendosi in cucina:
-Sono pronto a divorare due, dieci, cento navi!!!-
-Comincia a rimboccarti le maniche, pirata dei miei stivali!-
E così nonna e nipote iniziano a frugare nell’armadietto dei dolciumi e nel frigorifero per scegliere gli ingredienti migliori: codette, gocce di cioccolato, crema al pistacchio, marmellata, panna spray, mirtilli, banana, mela, yogurt…
A Mirko non pare vero, sembra di aver di fronte la casetta di Hansel e Gretel.
Mamma e papà non gli permettono spesso di mangiare i dolci, ma si sa con i nonni si può osare un po’ di più!
Ed ecco i due chef all’opera che accostano con grande attenzione e precisione gli ingredienti migliori, creando barche colorate e deliziose che poi gustano in allegria canticchiando e immaginando di salpare tra onde di zucchero.
Il piccolo cuoco-pirata inizia a comporre con ancor più dedizione la barchetta per la sua mamma.
-Ecco fatto!- dice infine con grande soddisfazione- posso portargliela ora?-
-Certamente ma zitto, zitto mi raccomando e senza fretta-
…Ma si sa quando l’emozione è forte è proprio difficile controllarsi…
Mirko balza giù dalla sedia come una scheggia e con le mani ancora unte e appiccicose, con una ciabatta sì e una no, inizia a correre tenendo il piattino di carta, guardando estasiato la sua opera. Peccato che (tra la foga, la poca attenzione e le scarpe lasciate davanti alla scala) inciampa e scivola facendo un gran tombolone. Da lì allo scoppiare in lacrimoni grossi come cocomeri è un attimo.
La nonna accorre pensando che si sia fatto molto male.
Invece il bimbo piange per aver spappolato il dolcetto destinato alla sua mammina!
-Coraggio alzati, non è niente di grave…- lo rincuora la nonna.
……..
A tucc ghe par de pensà giust
Eccoli lì a gironzolare con il loro “Gru Gru”, da mattina a sera. Zampettano a zig zag o a serpentina, chi più piano, chi più veloce o a balzetti. Qualcuno fa piccoli voletti qua e là, altri più pigri nemmeno quello. Ce ne sono di grigi, di più scuretti, con il collo smeraldo e viola o completamente bianchi, ma tutti si guardano velocissimi attorno e avanzano portando ritmicamente il collo avanti e indietro.
I piccioni. Sembra non combinino altro tutto il giorno, i piccioni; i bambini e i cani si divertono come matti a spaventarli e a farli correre poverelli, e allora sì che ciò pare uno scossone nella loro monotona giornata! Se qualcosa però li fa davvero sobbalzare ecco che si riuniscono a macchia e decollano uniti. Anche quando si tratta di fare uno spuntino fanno gruppo e arrivano planando veloci, in questo caso in modo molto più disordinato.
Sembra tutta qui la vita dei piccioni a Milano, ma… non è così semplice e poco interessante la realtà piccionesca…
Anche loro hanno una società ben strutturata, per certi versi più chiara e funzionale di noi umani: essi sono suddivisi in piccoli sottogruppi a seconda delle zona, ognuno ha il suo ruolo e il suo protocollo da seguire nei giorni feriali, che sono 4, e nei giorni festivi che son 3 (beati pennuti!). Ci sono i piccioni sentinella, i rassettatori, i controllori, i procacciatori, i curatori, i contabili, gli intrattenitori, i protettori, i maestri e via dicendo. Ci sono anche gli addetti alle relazioni con le altre specie animali, questo è uno dei ruoli di più alta responsabilità. Per quanto riguarda l’alimentazione ci sono alcuni responsabili di accumulare le provviste e altri scelti per racimolare la razione base quotidiana per il suo gruppo; tutti quanti però ogni volta che capita qualche “distributore extra” (bambini con la nonna, anziana signora sola devota alle creature volatili, rovesciamento accidentale di spazzature o sacchetto di patatine…) al richiamo delle “sentinelle del cibo” possono giungere sul luogo e farsi una bella scorpacciata, basta solo rispettare poche semplici regole di precedenza. Il loro tempo è scandito dalla natura: caldo e freddo, buio e luce, sole o pioggia.
Una vita semplice, è pur vero, ma non meno degna di interesse e rispetto. Non dimentichiamoci che i piccioni in epoche passate erano ben stimati e fondamentali come viaggiatori messaggeri!
Vediamo cosa può succedere però tra piccioni quando scoppia un piccolo grosso malinteso…
Uno stormo molto numeroso di esemplari è stanziato proprio nei pressi di corso Sempione.
Accade che un giorno due ragazzi si trovano nel pomeriggio, dopo aver finito i compiti per la scuola, a provare i loro nuovi skate proprio in quella zona e si fermano poi a fare merenda seduti sulla gradinata.
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Arco della pace
Uno dei monumenti più belli di Milano è l’arco Trionfale (ovvero una grossa porta ad arco costruita per celebrare una vittoria di guerra) che potete ammirare al centro di piazza Sempione; esso fa da testata all’omonima via e strizza l’occhiolino al poco distante dirimpettaio Castello Sforzesco.
La maestosa costruzione venne realizzata da luigi Cagnola a partire dal 1807 ed è oggi simbolo della pace tra nazioni raggiunta con il congresso di Vienna; il momento celebrato è di particolare rilevanza poiché per la prima volta gli stati dell’Europa decisero che il modo giusto di mettere fine a una guerra fosse riunire gli stati interessati e discutere una soluzione valida per tutti.
Accanto alla grande porta ci sono ancora i caselli che venivano utilizzati per riscuotere le tasse al passaggio e per delimitare la campagna e la città.
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