Quel tratto di strada sterrata, perfettamente rettilinea, solca e divide un campo di erba medica di colore verde intenso, reso ancor più brillante dalla rugiada mattutina.
In lontananza una figura di donna, anche lei intenta a passeggiare godendosi la natura incontaminata.
«Ilaria, sei tu? Buongiorno! Immagino che tuo marito sia ancora a casa a dormire!»
«Riccardo, che piacere rivederti! Stamani pensa lui alle faccende di casa, io mi rilasso facendo due passi… signori, buongiorno.»
«Ilaria, buongiorno, che bello ritrovarsi tutti, che ne dite se passeggiamo insieme?»
Il sole, sempre più brillante con il passare delle ore, lentamente viene coperto da nubi, la serenità si trasforma in panico. Un padre, una madre, un ragazzo di nome Riccardo e una ragazza di nome Ilaria sono così travolti da un qualcosa di inaspettato, inquietante. La loro vita cambierà per sempre, l’inferno li aspetta.
«Non meritavamo questa fine, non abbiamo fatto niente di male, o forse sì, vogliamo vivere, vogliamo viv…!»
Da lì in poi soltanto tenebre…
CAPITOLO DUE
Il nostro è un paesino tranquillo, vivo qui da molti anni ormai.
Quando ero piccolo i nostri genitori si sentivano talmente tranquilli da lasciarci “bighellonare” per il borgo tutto il giorno.
Ho ancora impresso nella mia mente il ritorno da scuola, il pranzo veloce e poi via in sella alla mia scassatissima bicicletta modello Bmx.
«Mamma, torno stasera per le cinque!»
«Mi raccomando, che devi fare i compiti.»
Mia mamma era una persona buona, sempre intenta ad accudire me e mio fratello. Da giovane faceva la parrucchiera, forse inserita in un altro contesto avrebbe proseguito nel suo lavoro, del resto e nonostante tutto era ancora molto precisa nel tagliarci i capelli di tanto in tanto.
Mio padre era poco presente in casa ma molto nella nostra vita. Giovane impiegato nella locale fabbrica del paese, la classica industria fondata a cavallo delle due guerre mondiali che dà lavoro a tutta la zona, quasi mille dipendenti… ed è ancora lì.
Ingegnere di talento, in pochi anni riuscì a ottenere un posto di tutto rispetto. Tutti i lavoratori lo salutavano con un timore reverenziale viziato da una sorta di naturale confidenza, del resto quelle stesse persone erano state compagni d’infanzia, di giochi, di “zingarate”.
Ma quando si hanno molte responsabilità si finisce per passare gran parte delle giornate lavorando, sacrificando la vita privata per portare a casa uno stipendio adeguato.
«Sono le sei e tuo figlio non è ancora tornato, deve fare anche i compiti.»
Passava un’altra oretta ed ecco che mio padre, imprecando, saliva in macchina e partiva alla mia ricerca.
Le mie giornate al villaggio, questo era il nome di una zona del paese costituito da una miriade di piccole casette con annesso giardino che “mamma fabbrica” dava in dotazione agli operai, passavano spensierate.
Ricordo le lunghe pedalate per le viuzze, la casina sull’albero costruita con i miei amici rubando letteralmente le tavole di legno ai muratori, le prese in giro, le marachelle, i piccoli e ingenui amori non ancora ben codificati.
Poi c’era lui, il campetto della chiesa. Il calcio, il “pallone”. Squadre messe su in modo estemporaneo, sulla base di una classificazione di bravura del tutto superficiale. Ricordo molto bene le battaglie ma soprattutto ho ben impresso nella mente i miei vestiti prima e dopo la partitella. Credo che anche mia madre abbia ben impresso questo ricordo.
«Daniele, sono quasi le sette, tra poco si cena e non hai ancora fatto i compiti.»
Ed eccomi improvvisamente mesto e a testa bassa ritornare verso casa con la mia bicicletta, mio padre dietro in macchina a spronarmi, in un mix tra auto di supporto ai ciclisti e fantino che fa sentire il frustino al cavallo per farlo andare più veloce.
La nostra era una famiglia tranquilla, forse io ero un po’ scapestrato, agitato.
Mio fratello Francesco invece, più piccolo di me di quattro anni, si è sempre dimostrato più inquadrato e pacato. Si sa, non tutte le ciambelle si sfornano con il buco, chissà quale tra le due è quella venuta peggio. Forse semplicemente quando sono fatte a mano sono tutte diverse. I dolci artigianali sono i migliori.
Il nostro è un paese tranquillo, o almeno così pensavo.
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