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Consegna prevista Giugno 2025
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Angelo Maggi e Michele Pirrotino sono due scrittori in cerca di celebrità. Un giorno si imbattono in un misterioso social letterario, PloTown, che promette loro un facile successo di pubblico a patto che accettino di partecipare a un gioco narrativo interattivo denominato Web Reality Book. Ognuno di loro sarà a turno l’autore della storia che l’altro vivrà e successivamente assumerà invece il ruolo di personaggio, trovandosi in balia dell’altro divenuto autore, in un botta e risposta senza esclusione di colpi. Chi dei due riuscirà a scrivere il finale?
Se sei un lettore esigente, troverai in questo libro una giusta rivalsa sugli autori velleitari e imprudenti. Se sei un autore in cerca di scorciatoie per la notorietà, leggilo attentamente e fanne tesoro. La prossima volta potrebbe capitare a te.

Perché ho scritto questo libro?

E se scoprissi che qualcuno sta scrivendo la mia storia? Come reagirei? Da qui sono partito. Ogni autore sogna di diventare almeno temporaneamente il personaggio di un libro. Seduto davanti al foglio bianco o al pc immagina: e se la barriera che separa il mondo reale da quello romanzesco cadesse? E se qualcuno mi offrisse una fantastica scorciatoia per il successo, cosa sarei disposto a fare per ottenerlo? Ho girato le domande ai miei due narratori. E loro hanno risposto nel modo che leggerete.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Post 1 – Michele Pirrotino

Dunque tocca a me iniziare. Ok, la cosa migliore è essere diretti, andare al sodo. Cominciamo col dire che Angelo Maggi è un uomo colto e noioso. Un verboso professore d’italiano in aspettativa che si è chiuso in casa per scrivere. Una vera maledizione per un narratore. Non gli succede niente di interessante da mesi, se non da anni. E’ un tipo sui quaranta ma sedentario come un ottantenne. E’ un solitario – e si capisce perché – ma convive con due donne, madre e figlia. La prima è la sua compagna, separata dal marito ma non ancora divorziata. L’altra è la figlia di questa, una ragazza di tredici anni.

[…] Fine del racconto? No, semmai è l’inizio…

Angelo Maggi, ore 8:00

Esc. Tra tutti i tasti del computer, che sembrano caduti a casaccio sulla tastiera, ce n’è uno in particolare, piantato in alto a sinistra, che in certi momenti può venire in soccorso e può offrire una facile e insperata via d’uscita: Esc. Vuol dire qualcosa come: annulla, sospendi il gioco, esci dall’applicazione, scappa, mettiti in salvo”. Nel mio caso forse suggeriva: “Abbandona i facili sogni di gloria e le lusinghe dell’intelletto artificiale. Torna in te!”

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Esc. Forse bastava semplicemente premere il tasto giusto e tutto sarebbe finito lì: la storia di quell’altro, che avrei dovuto inventare in qualche modo; e la storia che mi sarebbe toccato vivere in prima persona, volente o nolente, capitolo dopo capitolo. Eppure, eravamo proprio all’inizio di questa incredibile vicenda, forse ancora in tempo per fermarci. Magari potevo tranquillamente dire: scusate, mi sono sbagliato, non voglio più giocare a questo assurdo gioco narrativo in cui qualcuno cerca di scrivere la mia storia e a me tocca viverla e raccontarla, cercando di reagire come posso.

[…]

Comunque, in quel fatidico momento non potevo nemmeno schiacciare il tasto Esc. Il pallino, o meglio, la tastiera, era ancora in mano a quell’altro e a me non restava che aspettare gli eventi: quelli che a lui sarebbe piaciuto inventare e farmi vivere. L’unica libertà che avevo era quella di raccontare ciò che accadeva e inventare delle contromosse narrative. Se la mia imprevedibilità mentale e comportamentale fosse stata superiore alla sua, di volta in volta avrei potuto trovare una scappatoia alle situazioni in cui mi cacciava, o perlomeno evitare il peggio.

Quindi scartai subito l’idea rassicurante ma illusoria di abbandonare il gioco. D’altronde, se uno fosse veramente dotato di un buon senso della realtà non si metterebbe in testa di fare lo scrittore. Uno che si nutre di finzioni e figure retoriche facilmente si caccia in situazioni assurde o paradossali. Tutto era cominciato quando sulla mia casella mail comparve un messaggio proveniente da PloTown, la piattaforma social-narrativa che frequentavo da qualche mese. Come gli altri utenti, ogni tanto postavo l’incipit di un racconto, o un intero capitolo, e poi leggevo i commenti, i consigli e a volte le stroncature degli altri. Insomma, frequentavo questa community di aspiranti narratori con una certa curiosità da neofita, ma con la prudenza dell’uomo maturo che si avventura in un mondo tecnologico abitato da millennials scafatissimi e velocissimi nell’apparire, colpire e sparire nell’affollato nulla della rete. In ogni caso questa interattività critico-narrativa a suo modo era divertente e stimolante e mai mi sarei aspettato di venire risucchiato in una pericolosa dimensione letteraria parallela. Per farla breve, la mail mi invitava a partecipare a una nuova iniziativa di PloTown, denominata “Web Reality Book”. Quale doveva essere il mio ruolo? Beh, il protagonista naturalmente. E inoltre sarei stato anche l’autore, anche se non l’unico, beninteso. Cioè? Cioè dovevo prestarmi a un misterioso gioco a due con un altro narratore.

“Ogni partecipante sarà accoppiato a un partner letterario di cui dovrà scrivere la storia, dopo essere venuto a conoscenza delle informazioni necessarie. I due partner narrativi si alterneranno nella scrittura in una vicendevole narrazione. Ogni narratore sarà a turno l’artefice dell’altrui esperienza e il protagonista della propria storia in prima persona, vivendo per otto ore nei panni di autore e di personaggio reale della narrazione. La durata di una normale giornata di lavoro, ma un’opportunità unica e senza precedenti, al termine della quale la tua vita non potrà più essere la stessa di prima.

Tutti gli utenti di PloTown potranno seguire online gli sviluppi della vicenda e postare i propri commenti in tempo reale”.

[…]

Una prima vocina mi diceva: troppo assurdo, come può essere? Una seconda vocina si chiedeva: a che pro? Ammesso che sia vero, perché mi dovrei imbarcare in un’impresa così folle? Una terza vocina, continuando a leggere la mail, aveva trovato la risposta alla seconda domanda:

“La letteratura è una scelta di vita. Se decidi di essere uno scrittore, i piaceri, il successo e la ricchezza, oppure i dolori, le frustrazioni e la miseria passeranno comunque per la lettura e la scrittura. Ma non basta la tua abilità, serve anche e soprattutto un buon canale di comunicazione con il pubblico. Il web ti mette a disposizione un pubblico praticamente illimitato e in continua crescita. Noi ti mettiamo a disposizione il web. Pubblicazione immediata della tua storia, traduzione in cinque lingue (inglese, francese, spagnolo, arabo, cinese) e forte promozione sugli altri media (giornali e tv). E non occorre pagare nulla. Devi solo accettare le regole di partecipazione a “Web Reality Book” e postare il tuo racconto nella sezione dedicata di PloTown.

Adesso l’esca pendeva appetitosa davanti al pesciolino e la vocina continuò a leggere:

“Avrete una settimana di tempo per scrivere la sceneggiatura della storia che inventerete per il vostro partner. Nella settimana successiva PloTown si riserva di predisporre tutto ciò che serve per avverarne il successivo svolgimento nella realtà e assicurarne la fruibilità per tutti gli utenti interessati. Poi, al termine delle 8 ore di WRB, avrete un’altra settimana per scrivere il racconto in prima persona della vostra esperienza di personaggio. Al termine, procederemo con l’editing e la pubblicheremo in forma cartacea in collaborazione con la nota casa editrice OnlyBestSeller, che curerà anche la distribuzione e promozione in Italia e all’estero. Ma nota bene: il racconto che tu scriverai farà parte di un libro più ampio che comprenderà anche la storia raccontata in parallelo dal tuo partner narrativo con il quale, durante questa esperienza, resterai sempre in strettissimo contatto”.

Cosa volesse dire quel “in strettissimo contatto” non ero ancora in grado di capirlo e neanche di sospettarlo, ma lo spiegone non era ancora finito:

“Web Reality Book è un format basato su una tecnologia sperimentale, la psico-informatica, che sfrutta le metodologie ICT della realtà virtuale e aumentata in combinazione con l’ipnosi e la Programmazione Neurolinguistica. Si tratta di un brevetto originale protetto da copyright, di proprietà esclusiva della PloTown S.r.l.”.

“Prima di iniziare dovrai fornire tutte le informazioni necessarie riempiendo scrupolosamente gli appositi spazi contrassegnati come obbligatori e seguire le istruzioni che ti verranno fornite durante la fase preparatoria. Una volta completata la procedura, ti arriverà in automatico sulla tua casella mail un nostro messaggio che varrà a tutti gli effetti come un contratto tra te e la PloTown S.r.l.

Le vocine in coro dissero: l’unico modo per verificare l’autenticità dell’operazione è partecipare. In fondo, se la cosa è campata in aria, come la ragione aristotelica sospetta, non funzionerà; e quindi poco male. Se invece il gioco ha qualche fondamento…

“Alla fine di tutte le operazioni di registrazione poggia entrambe le mani sullo schermo in corrispondenza dei segni che appariranno per guidarti. Tieni le mani così per un minuto e ascolta quello che ti verrà detto. Non toglierle neanche quando sentirai una piccola scossa. Si tratta di una procedura innocua che non serve a prelevare le impronte digitali ma, che tu ci creda o meno, ti trasmetterà tutta l’energia di cui avrai bisogno per partecipare pienamente al gioco che ti proponiamo”.

Inserii dunque i dati richiesti sulla mia situazione esistenziale e familiare, sui miei studi e sulle mie inclinazioni. Domande sempre più indiscrete sulla mia storia personale a cui però non riuscii a non rispondere, soprattutto quando dal monitor cominciò a parlarmi una irresistibile voce guida. Il tutto sarà durato almeno un’ora. Dico sarà durato perché la mia consapevolezza era fluttuante e affatturata da una strana trance che si era lentamente appropriata della mia mente. Era come essere interrogati da Maigret, Poirot e Sherlock Holmes compresenti e coalizzati con Freud. Non ricordo esattamente cosa scrissi e dissi. Sicuramente quella che ritenevo la verità su me stesso e sul mondo. Dopo la lunga confessione, ci fu lo strano rituale delle mani sullo schermo, la leggera scarica elettrica preannunciata e poi…

E poi apparve sul monitor la scheda informativa sul mio partner narrativo, tale Michele Pirrotino. Un nome che sulle prime mi ricordò vagamente qualcosa. Una sensazione associata a un pericolo, a una minaccia non meglio precisata. La minaccia si precisò nitidamente alla prima lettura. Sembrava proprio una beffarda macchinazione fatta ad arte e su misura per me. Proprio per me che detesto il giallo, il noir e soprattutto le storie di mafia.

Finita la fase di documentazione, iniziai dunque la mia settimana di sceneggiatura. Come da contratto, utilizzai l’apposito format online realizzato da PloTown e mi resi subito conto che, creativamente parlando, era come viaggiare su un tappeto volante. Le mani componevano sulla tastiera, ma quasi erano i tasti a battere sulle dita, a sollecitarle e guidarle verso determinate soluzioni narrative. Nonostante sia tenuto alla massima riservatezza riguardo alla piattaforma di scrittura, devo ammettere che era programmata da dio e che le mie facoltà autoriali sembravano ampliate e accelerate dal software misterioso. La stessa cosa accadde poi durante le fatidiche 4 ore di scrittura di WRB e nella stesura finale del mio resoconto personale.

[…]

Michele Pirrotino, ore 9:00

Michele Pirrotino sarebbe il mio nome. La mia condanna a vita. Un giorno forse a morte. Per il pubblico però mi chiamo Michele Brandi. Per i miei lettori Pirro Michelini. Ma procediamo con ordine.

La mia famiglia è la famigerata famiglia Pirrotino. Più precisamente, la cosca Pirrotino di Palermo. Palermo e dintorni: Milano, Roma, New York, Medellin… Io ne faccio parte solo anagraficamente. O almeno così vorrei, ma nessuno può affrancarsi realmente dalla propria famiglia. Me ne andai subito dopo la maturità. Non mi interessava la vita criminale e volevo studiare nella capitale. Mia madre era morta l’anno prima di una malattia che il denaro non poteva curare. Mio padre, anche lui malvivente senza talento, non si oppose alla mia diserzione. Il resto della famiglia era contrario, ma di fronte al recente lutto mi lasciò fare, forse pensando che tanto sarei ritornato sui miei passi. Ma io ero nato per osservare e raccontare, non per accoppare, tacere e girarmi dall’altra parte.
Il mio primo turno di scrittura su PloTown è appena finito, il computer è già spento. Esco di casa e vado al lavoro in auto. Questione di cinque minuti. Conduco programmi televisivi. Sto a Roma, città troppo vicina a Palermo (e a Milano, New York, Medellin…). La cosa che amo di più sono i fatti. E amo le parole in quanto fatti. Per questo mi interesso di narrativa, ma solo di un certo tipo: inchieste, reportage e, soprattutto, romanzi gialli. Tutto ciò che aiuta a capire. Il compito dello scrittore (e del giornalista, quale io sarei in teoria) è proprio questo: aiutare a capire.

In quanto giornalista, conduco programmi di intrattenimento sulla Tivvù di Stato. Autentica spazzatura mediatica, chiacchiere disinformate su casi umani fabbricati ad arte (arte?). Attenzione morbosa per qualcosa che assomiglia al nulla. Quando l’umanità è ridotta a quasi nulla, merce psicologica per l’audience, l’amore per le parole e per i fatti ne esce ogni giorno umiliato. Ma eccomi arrivato. Come tutti i giorni dal lunedì al venerdì varco i tornelli col mio tesserino aziendale. Saluto la solita guardia giurata che mi ricambia con il solito saluto-non saluto. Con questo viatico entro nel perimetro del Centro di Produzione Televisiva. Attraverso il cortile. Una gloriosa scritta campeggia sulla facciata dell’edificio principale. E’ il nome dell’ente radiotelevisivo in cui lavoro, nome che ingloriosamente naufraga con l’azienda che lo porta. L’oceano dei nuovi media la sta inghiottendo inesorabilmente. I pescecani che lo infestano sono euforici, noi che siamo ancora qui dentro un po’ meno. Non si vede più terra. Si naviga a vista, senza rotta, senza capitani coraggiosi. I pirati di un tempo sono diventati guardiacoste.

[…]

Scrivo romanzi gialli sotto pseudonimo. Pubblico con il nome di Pirro Michelini, fantomatico autore di noir ambientati nella periferia romana. Potevo diventare un boss, un assassino. Invece mi limito a scrivere omicidi. La violenza esce dalla mia penna con grande facilità, è un mestiere che in fondo ho nel sangue. Ed è la mia valvola di sfogo, la mia salvezza. I personaggi che la sera scrivendo faccio morire in quantità e con morbosa efferatezza assomigliano a volte pericolosamente a quelli che ospito di giorno nel mio programma. Mi vendico di loro e della vita che faccio senza nuocere a nessuno, se non alla letteratura di genere. Ma c’è una tale abbondanza nel settore che uno più o uno meno chi se ne accorge. Mi pagano poco ma mi diverto a coltivare la violenza raffinata del sadico e la curiosità intellettuale dell’investigatore. Ci sono poche terapie altrettanto efficaci.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Mauro Angeloni
Sono nato nel 1964 a Roma, dove tuttora abito con mia moglie, mio figlio e il mio gatto. A Roma, o nella sua provincia, ho sempre vissuto, eccetto una densa parentesi ginevrina.
La mia attività professionale si svolge alla Rai dal 2000. Attualmente mi occupo dell’offerta cinematografica di Raiplay dal punto di vista editoriale e redazionale. Negli anni passati, tra le altre cose, mi sono occupato dei contenuti del Canale Cultura di Rai.it e del Canale Millepagine, dedicato ai libri e agli scrittori.
Sono laureato in Filosofia e Dottore di Ricerca in Linguistica. La mia specializzazione, anzi la mia deformazione, è l’Analisi del Discorso. La mia principale passione è la scrittura, in tutte le sue forme, ma soprattutto letteraria: narrativa, poetica, teatrale.
Per finire, confesso di dedicarmi anche al disegno e, dulcis in fundo, al canto corale, tra i tenori del Coro Città di Roma.
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