Oltre a essere affascinata dal mobilio, dall’arte e dai cammei (e tutto ciò che si può trovare da un antiquario), ho sempre ammirato il vestiario che donne e uomini del passato indossavano. Se all’inizio il mio sguardo era volto alla moda medievale e rinascimentale, crescendo ho iniziato ad amare profondamente il secolo appena trascorso. Dalle frange degli anni Venti alle gonne a ruota degli anni Cinquanta alla creatività degli anni Settanta, con le stampe colorate e i pantaloni a zampa. Tuttavia, non ero a conoscenza dell’esistenza di negozi vintage. Nella mia mente, ciò che si poteva comprare di quegli anni era confinato al mondo antiquario. Il mio primo approccio con un negozio vintage è stato nel 2008, quando avevo undici anni. I miei genitori avevano organizzato una festa a tema anni Settanta, mio papà e alcuni suoi amici avrebbero suonato dei grandi successi rock.
Nonostante entrambi i miei genitori avessero conservato tanti abiti della loro gioventù, mancavano degli elementi per completare il look da rockettaro di mio papà. È così che sono finita da Humana Vintage, in via Cappellari. Lo confesso: non è stato amore a prima vista. Tenete conto che nel 2008, in Italia, vintage e second hand erano ancora un fenomeno di nicchia, e comprarli era spesso attribuito a soggetti non abbienti e bisognosi o a personalità stravaganti. Una mentalità che purtroppo nel nostro Paese ancora resiste tra non poche persone. Non c’è niente di più sbagliato, ma di questo avremo modo di parlare più avanti. Ricordo perfettamente di essere entrata nel negozio con uno sguardo già corrucciato, ero stranita dall’ambiente in cui mi trovavo: montagne di capi tutti diversi, un forte odore di naftalina e solo una vecchietta tutta bardata a cercare vestiti. Alla fine siamo usciti con un giletfloreale perfetto per la serata, ma non ci sono più tornata per anni. Che peccato, chissà quanti tesori mi sono persa.
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