We are transmitting from coordinates: 45º01’47’’N 7º39’15’’E.
La radio stava trasmettendo il segnale ma il brusio di ritorno era incomprensibile. Non erano voci sovrapposte ma solo rumore dell’etere.
Erano già trascorse quattro ore dal momento in cui avevamo acceso la radio e non avevamo avuto risposta da nessuno, nemmeno un messaggio registrato in loop, nulla.
La piccola stanza dove ci trovavamo era buia e fredda. I vetri della finestra alla nostra destra erano così logori che la luce del sole, appena spuntato da dietro la collina, faceva fatica a penetrare. Il rumore dei nostri denti che battevano per il freddo assomigliava ad un esercito di fameliche cavallette e tra un tremore e l’altro sognavo una tazza di caffè bollente. Credo che il mio desiderio fosse ugualmente condiviso anche da Zecca e Lego.
“Che ore sono esattamente?” chiese Zecca.
“Le otto e sedici.” risposi.
La condensa del mio alito insieme al fumo della pipa accesa mi facevano somigliare ad una locomotiva a pieno regime.
“Ecco perché fumi la pipa, ti tiene calda la mano!” disse Zecca, che era quasi abbracciato a me per il freddo pungente.
“Vuoi fare qualche tirata, così ti riscaldi?” gli risposi, cercando di rallentare il frenetico battito della mascella.
“Piuttosto che fumare quell’inferno mi do fuoco all’istante!” Ridemmo.
E mentre noi due cercavamo di passare il tempo sperando di non congelarci, Lego sembrava estraneo alla nostra conversazione. Era concentrato davanti alla radio come se stesse giocando in borsa valori.
I sui unici movimenti, da più di quattro ore, erano premere le due freccine del cambio frequenza della radio. Alzava il volume o lo abbassava per migliorare la ricezione, ma nulla, sentivamo sempre un brusio etereo. La sua espressione del viso o meglio quello che riuscivamo a vedere, per via della poca luce e della maschera in neoprene, era pura alienazione.
“Is anyone listening?
“Is anyone receiving? Over!
We are transmitting from coordinates: 45º01’47’’N 7º39’15’’E.
Does anyone copy? Over!”
ripeteva e ripeteva…
“Direi che sia arrivata l’ora di andare via da questo postaccio!” mi azzardai a dire.
“Vi prego, ancora qualche istante!” bisbigliò Lego.
Eravamo arrivati di notte, percorrendo strade periferiche, senza attraversare mai la città. Abbandonammo il fuoristrada in un bosco, nascondendolo con della neve e dei rami spezzati d’abete. Scendemmo dalla collina a Est della città e attraversammo il primo ponte disponibile sul fiume.
Il piano congegnato da Zecca era stato perfetto. Non avevamo visto né sentito nulla, una situazione già di per sé surreale, ma così, non ce l’aspettavamo. La città era completamente vuota, deserta e morta. Ci saremmo aspettati di vedere delle luci di candele negli appartamenti, qualche anima per le strade, ma non c’era nulla di tutto questo. Solo carcasse di auto sommerse dalla neve, lampioni stradali piegati e arrugginiti, tronchi di alberi spezzati o tagliati di netto, forse per bruciare la legna dei rami per scaldarsi.
La neve, che era caduta abbondante, rendeva l’atmosfera ancor più ovattata e surreale. Una città completamente priva di vita. Ma non era possibile che quasi mezzo milione di persone fossero tutte morte in questi anni di buio! Dove erano finiti tutti?
Il mio orologio a lancette segnava le otto e quarantasette, eravamo oltre l’orario pianificato per il ritorno a casa.
“Ragazzi! Dobbiamo andare, ora! Subito!” dissi con fermezza.
“Questa notte è filato tutto liscio, non rischiamo che le cose si mettano male ora! Oltretutto mi fa un male cane la chiappa” ribadii.
“Ma dobbiamo abbandonare tutto? Capisco che non ci ha risposto nessuno, ma vorrei provarci ancora. Forse non sono riuscito a calibrare la radio nel modo corretto” disse Lego, con una voce tremolante dal freddo.
A questo punto intervenne Zecca.
“Allora, facciamo in questo modo: smontiamo la radio e i cavi dell’antenna e portiamoli via con noi. Credo di essere in grado di fabbricare un’antenna funzionate anche a casa nostra, con tutta calma e in sicurezza.”
Ricevette immediatamente due sì! Lego era felice di non dover abbandonare la radio e io ero felice di tornare alla Safe-House. E tutti e tre eravamo contenti di uscire da quella stanza fredda come il Polo Nord.
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