Vanda e Luisa sono due donne profondamente diverse, accomunate da un’inesauribile voglia di vivere. Sono state due nonne formidabili per Francesca, che però si chiede: chi erano nonna Va e nonna Lu prima di diventare nonne? In una doppia intervista dal sapore nostalgico e dai toni garbati, le due protagoniste ripercorrono i momenti salienti delle loro vite attraverso le difficoltà del Novecento, che hanno saputo affrontare con determinazione e sguardo sempre rivolto al futuro.
Premessa
Scrivo queste pagine mentre bevo silenziosamente un caffè, seduta a un piccolo tavolino del bar dentro al parco di Villa Ada, a Roma. È una giornata di ottobre come si trovano solamente qui nella Città eterna, con un sole caldo che ricorda ancora l’estate. Il bis di carbonara di ieri mi costringe a slacciare il primo bottone dei jeans per stare più comoda. Mi appoggio allo schienale della sedia, respiro. Sono tornata a Roma a un anno di distanza dalla laurea e a più di un anno dallo scoppio della pandemia, biglietto di sola andata, in cerca di un posto dove potermi sentire più leggera e tranquilla, dove i miei pensieri possano prendere una forma più definita. Non ho mai avuto una particolare difficoltà nel sentirmi a casa un po’ ovunque nel mondo, mi sono sempre bastate poche e piccole cose per riuscire a riprodurre ovunque vada una profonda bolla di intimità e tenerezza che mi faccia stare bene e che io mi porto dentro: una macchinetta del caffè, un cane o un gatto da accarezzare, una birra al tramonto, una lunga passeggiata, la televisione accesa mentre cucino. Sono frammenti che rivedo ovunque nel corso della mia vita recente, in qualunque posto io sia stata. Tuttavia, oggi sento di aver perso di vista questa pace, questo senso di appagamento. Sento nervosamente di non stare bene da nessuna parte, anche in presenza di tutte quelle piccole cose che normalmente mi tranquillizzano. È un momento della vita in cui mi sembra impossibile che le cose vadano per il verso giusto, ho fretta, ho ansia, provo fastidio, non trovo posto. Mi capita spesso di fare quei sogni in cui si tenta in tutti i modi di afferrare una cosa che, per quanto vicina, non si riesce mai a prendere. Su ogni mia scelta vedo incombere silenziosamente un grande orologio ticchettante che mi ricorda di non perdere tempo, come se davvero esistesse dentro la mia testa la grande bibbia delle scelte giuste e sbagliate, di quelle inutili e di quelle invece vincenti. Con questa confusione sono tornata a Roma, forse in cerca di risposte – chissà a quali domande –, forse in cerca di quella bolla di calma temporaneamente persa di vista. O forse solo in cerca di una carbonara fatta a regola d’arte, perché no? Magari è sufficiente.
Continua a leggere
In questi mesi così densi in cui pensare al futuro fa crescere preoccupazioni e il presente non mi soddisfa, il passato mi tende una mano, mi abbraccia. Scopro una sensazione di placido sollievo nel ripensare a tutte le volte in cui il tempo sembrava fermo ed eterno, e mi accorgo che per quanto la mia vita sia stata costellata da persone incredibilmente capaci, entusiaste e appassionate, avevano tutte sempre un’irrefrenabile e costante fretta. Tutte, tranne le mie nonne.
Chiudo gli occhi per un istante e mi sento pervasa dalla calma ripensando a Vanda che fuma la sua sigaretta seduta su una sedia a cavallo del portone di casa, all’ombra delle viti rampicanti davanti all’entrata. Penso a Luisa, che in estate, solerte, appende a testa in giù i rami di origano per farli appassire sui fili del bucato, a fianco delle federe bianche. Penso a tutte quelle volte in cui mi sono presentata alla porta – e alla tavola – delle mie nonne in balìa di preoccupazioni e timori, trovando dopo pochi passi dentro la loro casa quella giustificata lentezza e quella pacatezza che il mondo esterno difficilmente accoglie. Tra quelle mura, i nervi si rilassavano non appena incontravo i loro volti così teneramente modellati dalla gioia di vedermi. Mi stupivo, anzi, di come una persona potesse essere tanto felice di avermi accanto, mentre mi godevo quella dolce sensazione di due braccia che ti avvolgono per l’intero tempo passato con loro, facendomi sentire sempre nel posto giusto. È forse per questo che con le mie nonne non ho mai avuto paura di sentirmi persa, perché sapevo che quelle braccia avvolgenti non mi avrebbero lasciata, almeno per il tempo di un pranzo o di una merenda insieme.
Davanti alle mie frenesie – che molto spesso prendevano la forma di monologhi sul senso dell’esistenza umana – le mie nonne mi hanno sempre invitato alla calma. «Stai tranquilla, purina, adesso mangia.» Come se in quel piatto di tagliatelle al ragù io avessi potuto trovare le risposte che mi servivano. Ogni tanto le maledicevo per queste risposte così prive di argomentazione: come si può stare tranquilli con così tante cose da decidere e da affrontare? Avrei voluto consegnare loro quei giudizi scritti a penna rossa dalle maestre delle elementari sui temi di italiano, come “Cerca di scrivere frasi più lunghe e aggiungi più particolari utilizzando anche le tecniche della similitudine e della metafora”, se non fosse che avrei probabilmente riscontrato un momento di smarrimento davanti alle parole “similitudine” e “metafora”.
Questo libro, di fatto, nasce dalla curiosità che le risposte così corte e secche delle mie nonne mi hanno suscitato. Volevo sapere di più di quella parte di vita a cui non ho assistito e che le ha fatte diventare così come le ho conosciute, concrete, solide, stabili.
Questo è un libro sul tempo, sulla vita, sul cambiamento, sul rispetto (e anche sul rispetto del tempo). È un libro che racconta di due donne che non hanno mai potuto godere della comodità di sentirsi perse e di non avere le risposte, perché nate in un’epoca in cui non c’era troppo tempo per pensare. Intervistandole, ho conosciuto forse per la prima volta Vanda e Luisa, le cui storie non potrebbero essere più diverse, se non fosse per quella straordinaria proiezione verso il futuro che entrambe hanno sempre mantenuto. I racconti delle mie nonne hanno frasi brevi e semplici, pochi aggettivi e niente fronzoli, un po’ come loro, che rispondono alle domande in maniera diretta, materica, cruda, pratica. Sono due storie che procedono parallelamente, quasi per contrasto: mentre Luisa ancora oggi si sente pervasa dalla paura che le ha provocato la guerra, Vanda ha voluto dimenticare tutto; se Luisa non ha mai saputo che cosa volesse dire essere picchiata dal proprio padre, Vanda a novantadue anni aveva ancora il timore di far cadere qualcosa dal tavolo; se Luisa ha vissuto circondata dai fratelli in una casa chiassosa e vivace, Vanda avrebbe voluto una bacchetta magica per teletrasportarsi da sua sorella in Venezuela, dato che soffriva molto la loro lontananza. Ho imparato molto dalle loro storie, ma in maniera un po’ anticonvenzionale: è stato come andare a teatro, assistere a uno spettacolo d’impatto i cui retroscena sono però più interessanti, più istruttivi. Non mi ha stupito sentire le mie nonne raccontare di una realtà misogina, patriarcale, rigida e piena di estremismi (politici e non), ma sono stata del tutto coinvolta dalle dinamiche che si scatenavano nella loro testa, dal loro modo di pensare e affrontare le situazioni. Sono stata ammaliata dalle contraddizioni, da queste due donne paffutelle profumate di borotalco, che hanno paura dei topi ma non della morte; che hanno resistito durante la guerra, ma che da quando usano il bastone si dichiarano “spacciate”; due donne che hanno capito fin da bambine il senso della condivisione di quel poco che si aveva e dell’inclusione di chi invece non aveva nulla, ma che non sanno descrivere a parole il loro stato d’animo se chiedi loro come stanno. Mettere nero su bianco la loro vita è servito a tutte e tre. Io ho trovato molte delle risposte che cercavo e loro si sono dedicate il tempo di riflettere sul mondo che hanno visto e sentito sulla loro pelle. Le loro testimonianze sono un invito a interessarsi alle storie degli altri che con incredibile lucidità, talvolta, risolvono alcuni dei nodi in cui ci si incaglia, semplicemente vivendo.
Giovanna Balzani (proprietario verificato)
Mi sono emozionata.
Mi sono rivista con le mie nonne! Da leggere assolutamente! Durante la premessa ho potuto immaginarti “realmente” a Roma e le descrizioni dei tuoi stati d’animo mi hanno davvero commosso!
Io non leggo molto quindi non sono una esperta. Però ho trovato la tua scrittura morbida e scorrevole e le pagine vanno libere e leggere.