Lo zio aveva una certa delicatezza nella voce e gli sorrideva mostrando il bianco del suo smalto sulla pelle olivastra.
«Giovanotto!» fece all’improvviso il nonno.
«Sì, nonno?»
«Vieni a sederti un po’ qui» fece il vecchio dandosi dei colpetti sulla gamba.
Clayton riconobbe il segnale e si preparò alle disquisizioni autobiografiche del vecchio.
«Sai,» gli disse non appena ebbe il nipote in grembo «avevo un solo obiettivo quando mi sono arruolato.»
«E qual era?» chiese Clayton, pur conoscendo già la risposta. «Volevo cambiare il mondo, figliolo, a colpi di schioppo contro… mmh, siano dannati se una volta tanto me ne ricordo i nomi. Bah! Comunque, l’importante è che è andata come doveva andare. Non c’è uomo che sia un vero uomo se non fa il proprio dovere per la difesa della patria.» E mettendo il punto al discorso, tirò una cinquina poderosa sulla spalla del suo secondogenito, lo zio di Clayton.
Il padre di Clayton, invece, era un uomo serio, di qualche anno più grande del fratello. Aveva combattuto anche lui al fronte come medico, contro gli insulti, gli sputi e i topi, le raffiche e i pianti disperati di chi non voleva morire. Arrivata la licenza, dopo tre settimane in trincea, aveva continuato a fare il medico in paese. Come la ottenne è presto detto.
Con un gesto invitò tutti a prendere il proprio posto in tavola e, un po’ zoppicando come faceva, si fece aiutare dalla moglie per mettersi comodo senza che quel movimento lacerasse di dolore, oltre la gamba, anche animo e orgoglio.
«Padre,» disse al prete che era stato invitato per quell’occasione «a lei la preghiera.»
Il prete, che fino a quel momento se ne era stato nel suo cantuccio a osservare le abilità culinarie della donna, si risvegliò inebetito riassestandosi giacca e colletto.
«Ehm, ma certo. Dio benedica questo pranzo domenicale, condiviso con gli affetti più prossimi in questo giorno di riconciliazioni e saluti. Amen.»
La verità è che a quella tavola Dio era un’abitudine; la benedizione, invece, una salsa che colava su un enorme tacchino.
Clayton prese posto accanto alla madre e davanti a sé aveva lo zio e il nonno. Il padre, a capotavola, guardava in faccia il prete che contemplava dall’altra parte del tavolo i fumi della carne. Sembrava immerso in una qualche atmosfera mistica, dove i fumi sacri dell’incenso si confondevano con quelli non meno sacri dell’arrosto.
«Un gran bel pezzo di carne!» esordì il vecchio sergente, l’espressione appena più rasserenata sotto le folte sopracciglia che nascondevano due celesti occhi di bimbo.
«Ben detto, sergente, ben detto» diceva il prete, che nel frattempo lanciava occhiate a ripetizione al tacchino e alla donna, senza riuscire a decidere quale pezzo di carne preferire. Alla fine, optò per l’animale, ritenendo di salvare in un sol colpo stomaco e castità. Soddisfatto di questa sua risoluzione, si approntò a godere di quanto Dio gli offriva, perché la fede è una questione di spirito e lo spirito buono prepara l’uomo a godere di tutti i doni della vita.
Nel frattempo, lo zio di Clayton giocava con la forchetta a infilzare un pomodoro, ma il suo sguardo era altrove e i denti della forchetta si limitavano a prendere di striscio la pelle rossa dell’ortaggio, che sudava freddo ogni qual volta il grigio metallo si faceva vicino come uno spaventoso rastrello.
L’uomo di casa, notando che la testa del fratello aveva cominciato a viaggiare, cercò di spezzare quella catena di congetture fantasiose e inusuali avanzando temi contingenti, i quali servono solo a sopprimere le idee poiché raramente danno adito a discussioni interessanti, eppure fanno sempre bene il loro lavoro. La contingenza è per gli individui ciò che una secchiata gelida è per una mente che vaga verso nuovi e sconosciuti itinerari. Ed era più o meno questo che la mente del fratello andava rincorrendo: un qualche concetto nuovo scatenato da una frizione di incoerenza che egli viveva intimamente.
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