Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

I racconti della soglia e fantastici dintorni

Svuota
Quantità

Diciassette racconti uniti da un elemento comune: un passaggio, una soglia che conduce altrove i protagonisti.
Il reale viene contaminato dal mondo onirico e quella soglia è spesso quella interiore, che porta a interpretare gli stessi eventi in modi diversi a seconda del punto di vista.
Attraverso queste storie, l’autore elogia l’immaginazione dei bambini, che non andrebbe mai persa ma, al contrario, alimentata anche da adulti, in modo da non perdere mai la capacità di guardare la realtà con il filtro della fantasia e meravigliarsi.

1. UN ALBERO AFRICANO

«Clayton, vieni!» gridava la madre dalla finestra che dava sul giardino.

Clayton trasalì nel sentire il richiamo che era arrivato chiaro e squillante alle sue orecchie fin lì in fondo al prato, dove se ne stava accovacciato sotto l’ombra di un enorme albero a osservare il tragitto nero delle formiche sulla superficie sconnessa della corteccia.

«Vengo!» rispose, ma le sue pupille erano un continuo rigarsi di minuscoli corpi su sfondo screziato.

Continua a leggere

Continua a leggere

Era affascinato da esseri così piccoli, sopra i quali poteva benissimo posare un solo polpastrello per scatenare su due piedi un tumulto e divellere la continuità ordinata di catenelle nere.

«Clayton!» esclamò ancora la madre, una bella donna, l’acconciatura perfetta e il grembiule immacolato sopra l’abito della domenica.

Quando Clayton finalmente si scosse dai suoi pensieri – cosa che gli costò pure una buona dose di volontà – alzando lo sguardo un po’ stanco, notò uno zaino marrone appoggiato alla porta di ingresso. Subito, un altro pensiero scalzò il precedente e si diresse verso casa, non proprio per i richiami della madre, quanto più per il nuovo interesse.

Varcata la soglia, entrò subito in sala da pranzo dove, insieme al nonno che brontolava sproloqui con quel suo labbro ricurvo sotto i baffoni, incontrò lo sguardo irridente e giovane di suo zio.

«Ciao, Clayton.»

Lo zio aveva una certa delicatezza nella voce e gli sorrideva mostrando il bianco del suo smalto sulla pelle olivastra.

«Giovanotto!» fece all’improvviso il nonno.
«Sì, nonno?»
«Vieni a sederti un po’ qui» fece il vecchio dandosi dei colpetti sulla gamba.
Clayton riconobbe il segnale e si preparò alle disquisizioni autobiografiche del vecchio.
«Sai,» gli disse non appena ebbe il nipote in grembo «avevo un solo obiettivo quando mi sono arruolato.»
«E qual era?» chiese Clayton, pur conoscendo già la risposta. «Volevo cambiare il mondo, figliolo, a colpi di schioppo contro… mmh, siano dannati se una volta tanto me ne ricordo i nomi. Bah! Comunque, l’importante è che è andata come doveva andare. Non c’è uomo che sia un vero uomo se non fa il proprio dovere per la difesa della patria.» E mettendo il punto al discorso, tirò una cinquina poderosa sulla spalla del suo secondogenito, lo zio di Clayton.

Il padre di Clayton, invece, era un uomo serio, di qualche anno più grande del fratello. Aveva combattuto anche lui al fronte come medico, contro gli insulti, gli sputi e i topi, le raffiche e i pianti disperati di chi non voleva morire. Arrivata la licenza, dopo tre settimane in trincea, aveva continuato a fare il medico in paese. Come la ottenne è presto detto.

Con un gesto invitò tutti a prendere il proprio posto in tavola e, un po’ zoppicando come faceva, si fece aiutare dalla moglie per mettersi comodo senza che quel movimento lacerasse di dolore, oltre la gamba, anche animo e orgoglio.

«Padre,» disse al prete che era stato invitato per quell’occasione «a lei la preghiera.»

Il prete, che fino a quel momento se ne era stato nel suo cantuccio a osservare le abilità culinarie della donna, si risvegliò inebetito riassestandosi giacca e colletto.

«Ehm, ma certo. Dio benedica questo pranzo domenicale, condiviso con gli affetti più prossimi in questo giorno di riconciliazioni e saluti. Amen.»

La verità è che a quella tavola Dio era un’abitudine; la benedizione, invece, una salsa che colava su un enorme tacchino.

Clayton prese posto accanto alla madre e davanti a sé aveva lo zio e il nonno. Il padre, a capotavola, guardava in faccia il prete che contemplava dall’altra parte del tavolo i fumi della carne. Sembrava immerso in una qualche atmosfera mistica, dove i fumi sacri dell’incenso si confondevano con quelli non meno sacri dell’arrosto.

«Un gran bel pezzo di carne!» esordì il vecchio sergente, l’espressione appena più rasserenata sotto le folte sopracciglia che nascondevano due celesti occhi di bimbo.

«Ben detto, sergente, ben detto» diceva il prete, che nel frattempo lanciava occhiate a ripetizione al tacchino e alla donna, senza riuscire a decidere quale pezzo di carne preferire. Alla fine, optò per l’animale, ritenendo di salvare in un sol colpo stomaco e castità. Soddisfatto di questa sua risoluzione, si approntò a godere di quanto Dio gli offriva, perché la fede è una questione di spirito e lo spirito buono prepara l’uomo a godere di tutti i doni della vita.

Nel frattempo, lo zio di Clayton giocava con la forchetta a infilzare un pomodoro, ma il suo sguardo era altrove e i denti della forchetta si limitavano a prendere di striscio la pelle rossa dell’ortaggio, che sudava freddo ogni qual volta il grigio metallo si faceva vicino come uno spaventoso rastrello.

L’uomo di casa, notando che la testa del fratello aveva cominciato a viaggiare, cercò di spezzare quella catena di congetture fantasiose e inusuali avanzando temi contingenti, i quali servono solo a sopprimere le idee poiché raramente danno adito a discussioni interessanti, eppure fanno sempre bene il loro lavoro. La contingenza è per gli individui ciò che una secchiata gelida è per una mente che vaga verso nuovi e sconosciuti itinerari. Ed era più o meno questo che la mente del fratello andava rincorrendo: un qualche concetto nuovo scatenato da una frizione di incoerenza che egli viveva intimamente.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “I racconti della soglia e fantastici dintorni”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Davide Penna
nato a Legnano l’8 febbraio del 1990, si laurea in lettere e parte per i Balcani e la Moldova, dedicandosi ai bambini. Tornato in terre natie, per strane quanto provvidenziali circostanze, incontra l’insegnamento elementare. I Racconti della soglia, frutto degli anni di esperienza con i giovani, è il suo libro di esordio.
Davide Penna on FacebookDavide Penna on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors