Un’esistenza consumata in attesa del suo sparo di Sarajevo e di qualcuno che tornasse a premere il grilletto per aprire la sua gabbia e lasciarla fuggire.
Un’esistenza – la sua – dall’esterno perfetta. Donna, figlia, madre e compagna esemplare agli occhi di tutti.
Ma una vita profondamente infelice e insoddisfatta per lei.
Insoddisfatta di quella vita senza passione, senza pathos, senza battaglie che la facessero sentire viva.
Un’esistenza trascinata in attesa perenne che accadesse qualcosa che la rapisse a quel torpore e la portasse via.
In attesa di qualcuno che tornasse dal suo passato.
Quel qualcuno che desse il via alla guerra.
Quel qualcuno mai nominato e nominabile, invisibile ma indimenticabile.
Un fantasma sempre presente nel cuore e nella mente, da incontrare solo nei momenti di solitudine.
Un amore che diventa una condanna. Per Anita e per tutti coloro che sanno cosa significa amare qualcuno in silenzio. È il destino degli amori impossibili e per questo eterni, quegli amori che ci relegano all’infelicità, a una vita mai completa, a una felicità solo sfiorata.
È la pena che sconta chi si sente prigioniero di una realtà che non ci soddisfa, quando la nostra vita ci sembra una gabbia da cui desideriamo solo fuggire. E non ci resta che aspettare il buio e il silenzio per poter sognare di scappare, di ricominciare da capo dove nessuno ci conosce, immaginare la persona amata, chiederci dov’è, con chi, disegnare con la mente il suo volto ed essere altrove. Con lei o con lui.
Altrove. Lo spazio a cui non sappiamo e non possiamo dare un nome e una latitudine, ma che sappiamo dov’è: lontano dal posto in cui siamo e da cui vorremmo fuggire.
Voler fuggire.
È quello che accade ad Anita ogni momento da due anni, da quando ha detto addio all’unica persona che abbia davvero amato nella sua vita e che ora è un fantasma, a cui però corre ogni sera il suo pensiero appena chiude gli occhi, mentre il suo compagno e sua figlia dormono tranquilli e ignari su dove siano la sua mente e il suo cuore in quel momento.
Fissa il soffitto e pensa a quanto questa vita le vada stretta, quanto le manchi la libertà e quella sensazione di sentirsi vivi davanti a un amore provvisorio, senza pretese e legami.
«A che pensi? Mi sembri irraggiungibile» le ha detto molte volte il suo fidanzato negli ultimi due anni, quando di colpo si perde a fissare il vuoto.
«A nulla» risponde lei.
In quei momenti, Anita è davvero irraggiungibile, come lo siamo quando qualcuno prova a superare le nostre barriere e a entrare nei nostri pensieri. Ma nessuno che ci sta accanto ha accesso alla nostra anima, perché la distanza tra noi e chi ci sta di fronte è incolmabile.
Quella distanza è colmabile solo dalla persona a cui corre il nostro pensiero. E a lui pensa Anita quando sembra essere distante anni luce da chi le sta intorno. “A nulla” è l’unica risposta plausibile a quella domanda.
Non può dirgli nient’altro, non può confessargli che ogni istante aspetta qualcuno che la porti via da quella monotonia, dalla vita di compagna e madre, da quel senso di vuoto e desiderio di partire senza tornare più.
Di certo non può dirgli che pensa a qualcun altro, che in cuor suo non si è rassegnata e aspetta il suo ritorno.
Lui, però, non è mai tornato in questi due anni.
E se lo avesse fatto, Anita sarebbe corsa immediatamente da lui, ma poi all’ultimo si sarebbe ricordata di tornare indietro.
E per tornare indietro, doveva ricordarselo.
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