È fissare su carta le storie e le esperienze che ho avuto il privilegio e la responsabilità di accogliere, tutte le cose che ho cercato di apprendere.
Troverete le vite di adolescenti e giovani con esperienze familiari complesse, in certi casi costretti a crescere in una comunità di accoglienza, in affido o in una casa-famiglia. Alcuni tra loro sono giovani migranti, giunti in Italia soli quando erano ancora minorenni.
Dialogano idealmente con queste storie articoli, riflessioni, recensioni che in questi anni hanno accompagnato il mio lavoro in ambito educativo e sociale.
Alcuni brani sono stati scritti a più mani e nascono da lunghi dialoghi con i ragazzi e le ragazze protagonisti per dare spazio alla loro voce senza intermediazioni, cercando di uscire dai soliti cliché. In altri casi i nomi sono di fantasia ma raccontano vite incredibilmente reali.
La scrittura e la lettura sono sempre state per me strumenti per affrontare la solitudine e la marginalità, per ricomporre ferite che mi sembravano troppo profonde per essere curate.
Se queste parole potranno in qualche modo risuonare nel cuore di altri e trovare corrispondenza nei pensieri e nelle vite di chi le legge, sarà per me un grande regalo.
Ogni pagina nasce da una confidenza ricevuta, da un segreto condiviso, da lunghe chiacchierate al tavolino di un bar, in riva al mare o mangiando un piatto di riso cucinato con mille spezie, dall’ascolto e dalla condivisione con educatori ed educatrici, insegnanti, assistenti sociali, psicologi e psicologhe, volontari e volontarie.
Sono il frutto di quindici anni di incontri, di viaggi ed esperienze che hanno profondamente influenzato la mia visione del mondo.
Come perle di uno scrigno che per tanto tempo ho custodito le riconsegno a nuovi lettori e lettrici, perché possano riflettere nuova luce.
Dietro ad ogni racconto ci sono volti, nomi e ricordi per i quali non smetterò mai di ringraziare.
VIVERE SULLA STRADA A RIMINI
Elisa ha diciotto anni, gli occhi spenti, trascina a fatica i passi. Dorme per strada, a volte alla stazione, qualche volta quando è più fortunata alla Caritas o alla Capanna di Betlemme. Ha molti uomini intorno.
Spesso in cambio del sesso riceve qualcosa da mangiare o delle sigarette. Un anno fa è rimasta incinta, ma il suo bambino non l’ha mai conosciuto. È stato subito dato in affido a una famiglia. Anche lei qualche anno fa è stata ospite di una famiglia affidataria, e poi di una comunità… ma giorno dopo giorno si sentiva mancare il fiato. La sua disperazione si è trasformata presto in fughe, bugie, tossicodipendenza.
E se la tua famiglia di origine ti ha insegnato solo insulti e violenze è difficile fidarsi di nuovo degli adulti o delle persone che incontri.
A diciotto anni i pensieri di una ragazza di solito sono legati agli affetti, alla scuola o al lavoro, ai viaggi da fare, ai sogni in cui credere.
I pensieri di Elisa sono tutti rivolti alla strada: come evitare l’ennesima rissa, come trovare un garage da occupare o una grata da cui proviene aria calda per riscaldarsi un po’ prima che la scopra qualcun altro, come rimediare qualcosa da mangiare o da bere.
A Rimini ci sono 967 persone che vivono in strada.
Quasi mille uomini e donne, e tra questi anche bambini e adolescenti, che la notte non hanno una casa a cui tornare. Alcuni fastidiosi, addirittura molesti… altre volte invisibili. E questo accade a Rimini, nella città del turismo e dell’accoglienza, ma avviene allo stesso modo in ognuna delle nostre città.
Ti guardi intorno e vedi chilometri di costa e decine su decine di alberghi. Leggi i giornali e scopri che a Rimini ci sono 28.000 appartamenti vuoti o poco utilizzati. Per non parlare di strutture enormi abbandonate.
L’emergenza abitativa è una questione impellente e soluzioni semplicistiche non esistono. Spesso chi vive in strada è portato a rifiutare ogni forma di aiuto. Ma questo non ci deve autoassolvere.
E ogni volta che incrocio lo sguardo di Elisa non posso fare a meno di ricordarmene.
L’INTEGRAZIONE? TANTA PAZIENZA E LA FORTUNA DI INCONTRARE LE PERSONE GIUSTE
Mi chiamo Ahmed, per tutti Momo, ho ventitré anni. Ho lasciato la scuola in Egitto a undici anni per andare a lavorare. Un giorno la mia famiglia mi ha chiesto di lasciare tutto e partire per l’Italia, per accompagnare mio fratello più piccolo. Ho parlato tante volte del mio viaggio. Un viaggio terribile, attraverso il deserto, e poi su una barca per dieci giorni nel mare agitato prima di raggiungere Lampedusa. Mio fratello ha rischiato la vita per un’intossicazione da pesce avariato e ho temuto di perderlo.
Ma oggi voglio raccontare soprattutto cosa succede a noi ragazzi stranieri dopo l’arrivo in Italia.
Con mio fratello siamo stati inseriti prima in una casa di pronta accoglienza, che si chiama Amarkord, e poi a Casa Clementini, entrambe a Rimini.
È molto faticoso all’inizio: sei un ragazzo solo, straniero, non conosci la lingua italiana. Ti trovi in un Paese nuovo senza la tua famiglia, devi conoscere una nuova cultura e adattarti.
Gli educatori mi hanno aiutato tanto.
Ci sono tante realtà che aiutano i ragazzi quando arrivano in Italia e il loro compito è fondamentale. Le persone che lavorano in queste associazioni sono molto importanti.
Gli educatori fanno un lavoro pagato troppo poco, ma davvero bello. Donano una parte della loro vita e del loro tempo per aiutare ragazzi come noi.
Ricordo tutti gli educatori che all’inizio ci hanno accolto. Hanno avuto la pazienza di conoscerci, un poco alla volta, dedicandosi a noi. Mi hanno dato un grande sostegno morale, prima che pratico. Ci hanno dato il tempo giusto per conoscerci, senza urlare o arrabbiarsi, e ci hanno insegnato tante cose che era importante sapere.
Ricordo Nikka, un’educatrice, la prima volta che mi ha accompagnato a prendere l’autobus. Sono piccole cose ma per noi importantissime per imparare come vivere qui in Italia.
Mi piace informarmi e seguire la politica italiana, e per questo sono molto preoccupato in questo periodo.
Io sono qui da tanto tempo, ho fatto tanti lavori per mantenermi. Ma se ai ragazzi come me non viene offerto un aiuto e una possibilità, come faremo?
Dopo che ho compiuto diciotto anni la cosa più importante per me era trovare un lavoro.
Senza un contratto non potevo avere il permesso di soggiorno o trovare una casa.
Penso che sia molto importante avvicinarsi al lavoro attraverso tirocini e stage. Ci serve per imparare a conoscere il mondo del lavoro e mettere da parte un po’ di soldi. Ci tengo a raccontare un’altra cosa.
Io ho sempre vissuto insieme ad altri ragazzi che, come me, erano stati in comunità. Eravamo nella stessa situazione e, certo, abbiamo litigato e avuto problemi, ma ci siamo sempre aiutati e voluti bene. Quando uno ha bisogno dell’altro continuiamo ad aiutarci. Abbiamo creato una rete.
Il mio migliore amico è sudamericano. La mia padrona di casa che mi ha aiutato tanto è italiana. Ho avuto inquilini egiziani, albanesi, bengalesi, colombiani… adesso arriverà un ragazzo somalo a vivere con me.
Integrarsi è fondamentale! Conoscersi e conoscere. Non possiamo stare sempre nello stesso punto e frequentare solo i nostri connazionali. Altrimenti rimarremo sempre al punto di partenza.
Bisogna voler bene alle proprie origini ma anche aprirsi a nuove cose. Io dico sempre che mi sento cittadino del mondo.
Niente di tutto questo è facile. Ho visto tanti ragazzi come me perdersi.
Serve tanta pazienza, saper aspettare e avere la fortuna di incontrare le persone giuste.
Bruna Barducci (proprietario verificato)
Un libriccino che trasuda cuore e passione da ogni riga. A volte è Silvia a raccontare, altre volte presta la propria voce ai ragazzi che ha incontrato, che narrano in prima persona la propria storia. Ma la costante resta il cuore. Un piccolo manuale prezioso anche per chi non è educatore: le pagine con le “dieci cose che ho imparato dai ragazzi in comunità” sono tesoro per ogni adulto, qualsiasi sia la sua professione, anzi la sua vita.
Regina Di Silvestri
Libro letto tutto d’un fiato che mi ha emozionato e fatta riflettere. Si percepisce la semplicità e l’amore con cui è stato scritto. Lo consiglio vivamente proprio per la capacità di trattare tematiche non facili mantenendo una linea non pesante, quindi per tutti.
Aurelia Elena Bot (proprietario verificato)
Il libro è un piccolo gioiello che raccoglie tante storie brevi, scritte in modo che siano scorrevoli e piacevoli da leggere. Nonostante i racconti parlino di situazioni difficili, c’è sempre un fondo di speranza e di fiducia, che esprime al meglio il senso del lavoro educativo (che Silvia ha fatto proprio grazie a numerosi anni di esperienza). Ho adorato leggerlo e l’ho anche regalato a colleghe impegnate in educazione, che hanno apprezzato molto.
Ada Serra
Un testo agile, intenso, appassionato, a tratti anche ironico. L’autrice, una professionista di lungo corso nel campo dell’educazione, ci conduce con delicatezza alla scoperta di questo mondo, con racconti di vita spesso molto duri, ma che lasciano spazio alla speranza. I capitoli brevi e la playlist musicale aiutano senz’altro e accompagnano la lettura. Un libro per tutti, consigliatissimo anche come regalo!