Era un appartamento fantastico. Dal quindicesimo piano del palazzo all’incrocio tra la Columbus Avenue e la Cinquantottesima Strada di Manhattan, si godeva di una vista magnifica. L’edificio era proprio ad un passo da Central Park, il luogo dove si sarebbe tenuta una delle tappe più importanti della campagna elettorale del Presidente Carter. Un appartamento che Matthew Pride non si sarebbe mai potuto permettere, se non fosse stato il fotografo ufficiale della Casa Bianca.
Quella mattina Matt aprì gli occhi alle otto in punto. Era un giorno importante anche per lui, ma non voleva farsi mancare la sua solita colazione. Lo schermo dello smartphone gli ricordava inesorabilmente che aveva ancora troppe notifiche da controllare. Ma in quel momento era decisamente più attratto dal design moderno dell’appartamento e dallo skyline di Manhattan. L’organizzazione non aveva badato a spese per quel giorno. Dopo essersi stiracchiato sotto le coperte decise che era davvero arrivato il momento di alzarsi. Alle 11:00 doveva essere pronto ai piedi del palco allestito nel cuore di Manhattan. Non gli era concesso neanche un solo minuto di ritardo, ma era sempre stato puntuale agli appuntamenti di lavoro. Quel giorno però sapeva di non poter assolutamente commettere errori.
Dopo essersi preparato, si diresse verso la porta d’uscita. Prese lo zaino con tutto l’occorrente: corpo macchina, obiettivi, batterie di scorta, treppiede e un filtro UV in caso di cielo troppo terso. Si guardò da vicino nella grande parete a specchio dell’atrio per essere sicuro di non essere né troppo formale né troppo casual. La classica camicia bianca con i jeans e un paio di sneakers potevano funzionare.
Chiusa la porta assicurandosi di aver dato almeno due mandate, prese l’ascensore consultando le recensioni dei Caffè della zona. Fu attratto dalla foto del menù di un locale che offriva frutta di stagione, uova e omelette, pancakes, tipica colazione americana e farina d’avena e granola. Pensò che era tutto perfetto quella mattina, anche per un fotografo. Solo il pessimo odore dei gas di scarico delle auto stava urtando la sua serenità.
Raggiunse il locale velocemente, ed ebbe anche il tempo per leggere l’edizione del lunedì del Times. La foto del Presidente John Carter occupava metà della prima pagina dell’edizione del 22 aprile del quotidiano. Poi però c’erano solo notizie di guerra e tutta una serie di report in occasione della Giornata della Terra. La maggior parte dei quali sottolineava gli impegni presi per l’ambiente, nonostante i piani di decarbonizzazione fossero ancora in drammatico ritardo. Nulla però, nemmeno i fiumi di sostenitori del Presidente in carica, avrebbero impedito a lui di essere puntuale al suo posto.
Matt amava scattare fotografie, e ne aveva fatto il suo lavoro. Ma sopra ad ogni altra cosa c’era la sua grande passione per la storia. Non smetteva mai di scavare tra le pieghe del tempo passato, leggendo e navigando online tra le pubblicazioni degli esperti. Cercava qualcosa di cui nemmeno lui conosceva il nome o il luogo, ma non poteva farne a meno. Essere sempre così vicino al Presidente lo stimolava molto, anche ad essere sempre informato su quello che stava accadendo nel mondo.
Quella di Matt non è mai stata una vita ordinaria. Il suo lavoro lo aveva abituato a non avere orari da ufficio, a frequenti cambi di programma e a viaggi quasi senza preavviso. Aveva da poco compiuto 29 anni, ma era già diventato bravo nel creare delle ancore, dove e come poteva. Sapeva bene che chi svolgeva il suo mestiere, doveva saper gestire al meglio la propria agenda. Essere resiliente, come diceva il Presidente. All’inizio non fu facile per uno come lui, ma poi era diventato il suo personalissimo segreto del successo.
Ma anche avere una buona app per il meteo era fondamentale per un fotografo. Quel giorno sarebbe stato un bel pasticcio in caso di pioggia. I posti dei fotografi davanti al palco erano stati assegnati dall’organizzazione prima dell’evento, ma nessuno li rispettava. Spesso bisognava sgominare per trovare la giusta postazione e la pioggia avrebbe complicato tutto.
Anche se il Sole splendeva alto nel cielo, ci si stava sempre di più abituando agli imprevisti meteorologici. Fortunatamente Matt ebbe ulteriore conforto dall’app del suo smartphone dov’è non c’era nessuna nuvola a minacciare la giornata. Un istante prima di bloccare lo schermo una notifica dalle Flash News catturò inaspettatamente la sua attenzione.
“Amazzonia, violenta scossa di terremoto scuote km di foresta in Brasile.”
“Da quando il Sud America è zona sismica?” Si chiese stupito. Era proprio sicuro che quella fosse una delle poche zone al mondo esenti almeno da questo tipo di catastrofi naturali. Spesso aveva anche fantasticato sul poter mettere a fuoco l’obiettivo in quelle foreste così ricche di tradizioni e di storia. Avrebbe voluto esplorare il “polmone del Mondo” da freelance, libero di scattare fotografie senza alcuna commissione. Ma lavorare con il Presidente gli offriva comunque molte altre opportunità, oltre che una paga fissa per poter vivere. Sperava comunque che John Carter prima o poi sarebbe volato in Brasile per questioni diplomatiche. Per lui sarebbe stato un bel colpo dover accompagnare il Presidente.
La curiosità lo spinse ad aprire quella notifica per leggere tutta la notizia, aveva abbondantemente il tempo per farlo. Poche righe descrivevano la potenza della scossa e poi subito seguivano le fotografie scattate dall’alto. Quella che era successo era qualcosa di incredibile. Aree enormi di foresta completamente abbattute dalla forza devastante del terremoto. Non aveva mai visto nulla di simile, quantomeno di quella portata e vastità. Quello che Matt stava leggendo sembrava non essere la solita notizia gonfiata dalla stampa in modo eccezionale per acchiappare qualche click in più, era tutto reale e preoccupante. Decisamente non gli era nemmeno passato per la testa che si trattasse di qualche fake news. Le sole immagini rendevano inutili le parole. Fu istintivo cercare altre informazioni con i motori di ricerca. Chi ama la storia sa bene quanto sia sempre importante consultare diverse fonti. Ma tutte le testate battevano gli stessi titoli e pubblicavano le stesse immagini. Per approfondire ulteriormente sarebbe servito l’abbonamento ad una delle testate online che Matt stava consultando. Lui però non ne aveva neanche uno.
“Magari il Presidente dopo la conferenza saprà dirmi di più sul terremoto.” Disse tra sé e sé mentre stava ancora camminando verso Central Park. Quasi sempre, dopo gli eventi più importanti, il Presidente e Matt si prendevano del tempo per controllare gli scatti e decidere quali inviare all’agenzia di comunicazione che postava sui canali social ufficiali della Casa Bianca: “potus”. Buffo forse, ma si era deciso che l’acronimo di President of The United States doveva essere anche il nome dell’account Instagram presidenziale.
Spesso, durante queste revisioni, c’era anche l’occasione per uno scambio di opinioni sui fatti d’attualità e sui suoi prossimi interventi in pubblico. Il rapporto che si era creato tra i due, dopo questi quattro anni fianco a fianco, era senz’altro di fiducia e amicizia. Lui ci credeva per davvero.
Il Presidente poco dopo la prima elezione aveva drammaticamente perso la sua famiglia in un incidente stradale. L’autista, che stava portando la moglie e il figlio al suo intervento pubblico nel Maine, fu sorpreso da un alce che aveva attraversato improvvisamente la strada. Il veicolo precipitò da un dirupo di oltre cinquanta metri. Non vi furono superstiti. Quell’evento cambiò profondamente la vita del neo Presidente, ma non la sua voglia di portare avanti il mandato per gli americani che lo avevano eletto. E questo per Matt aveva un grande valore.
Poco dopo Matt iniziò ad intravedere il palco. Era allestito in perfetto ed elegante stile “John Carter”. La folla stava già iniziando a riempire il perimetro studiato per contenere tutti in sicurezza. Era quasi ora di esporre il Press Pass e abbandonare per il momento il pensiero dell’Amazzonia.
Superati i metal detector e i vari controlli di sicurezza, Matt riuscì finalmente ad aggiudicarsi una buona prospettiva. Il posto migliore era sempre assegnato a lui, ma non era una certezza che i colleghi della stampa privata lo rispettassero. Non c’era nulla di scontato nel mondo dei media, nemmeno per il fotografo del Presidente. Anche quella volta però poteva essere fiero della sua conquista.
Lo scatto di prova gli aveva definitivamente tolto tutti i dubbi sulla piena operatività della sua mirrorless. Testare la luce, i tempi di chiusura dell’otturatore e verificare eventuali oggetti che potessero entrare involontariamente nello scatto erano ormai un rito per lui. Non se parlava di sfruttare la modalità di scatto automatica. Notò con piacere che il sole era ormai alto in cielo, niente nuvole e di tanto in tanto si alzava una piacevole brezza fresca. La sua app meteo non lo aveva tradito.
La folla però stava iniziando sempre più a spingersi sulle transenne alle sue spalle. Quello in effetti poteva essere l’unico elemento di disturbo. Il pubblico questa volta era troppo vicino ai fotografi sotto al palco, un potenziale errore che non si sarebbe aspettato da quelli dell’organizzazione dell’evento. Ma gli avevano dato un appartamento eccezionale per la trasferta, non se la sentiva di incolparli troppo.
Quel giorno il Presidente avrebbe dovuto dare massimo vigore alla campagna per le elezioni. Novembre si avvicinava ineluttabilmente, serviva una svolta. E la data del 22 aprile non fu scelta per nulla a caso. Era la giornata in cui tutto il mondo, ormai da anni, festeggiava l’ambiente e la salvaguardia della Terra e delle sue risorse. La sua voglia di rilanciare le promesse fatte durante tutto il primo mandato, non aveva permesso a nessuno di lasciare nulla al caso.
Vivere la quotidianità di John così da vicino aveva convinto anche Matt. E non solo sulla politica del Presidente, ma anche sulla sua persona al di fuori del suo ruolo istituzionale. Sapeva anche che i compromessi erano aspetti da cui anche l’uomo più nobile spesso non poteva esimersi, ma il suo personalissimo bilancio sul primo mandato era nettamente positivo. Ovviamente nei limiti di ciò che era consentito conoscere al fotografo della Casa Bianca. Sapeva di poter assistere alla vita presidenziale da una posizione privilegiata rispetto agli altri cittadini. Ma la fiducia verso il Presidente Carter era un sentimento che si percepiva ad ogni modo anche stando in mezzo alle persone. Non solo ascoltando i discorsi tra la gente alla mattina al bar, ma anche leggendo i post delle poche community social non pervase da odio e ignoranza che meritavano ancora attenzione.
Erano le 10:44 quando il giovane fotografo iniziò a rendersi conto che qualcosa non stava andando come al solito. Non erano ancora arrivate le guardie del corpo che solitamente anticipano il Presidente e il traffico attorno a Central Park non era diminuito, segnale che le strade non erano ancora state chiuse. Fu un orario che gli rimase impresso nella memoria. Perchè nello stesso momento ricevette un’altra drammatica notifica sul suo smartphone. Non dimenticò mai più quelle poche parole, come non dimenticò nemmeno quel senso di smarrimento che lo pervase dalla testa ai piedi:
“Terremoto in Amazzonia: fonti ufficiali confermano l’apertura di un’enorme voragine nel territorio a Nord del Rio delle Amazzoni.”
Non c’era nulla di buono in quella notifica. Il suo pensiero non era andato subito ad una vendetta della natura nei confronti dell’uomo. Lo pensava sempre ad ogni catastrofe naturale a cui aveva assistito finora. Le foto in rete mostravano uno squarcio lungo chilometri, di una larghezza e profondità mai vista prima. In passato Matt aveva sempre provato quella strana sensazione di rivincita per questo genere di eventi, eccezion fatta per le eventuali vittime innocenti che queste catastrofi a volte si portano con sé. Questa volta era diverso, nel mondo si erano riaccesi troppi conflitti bellici. Cina, Russia, Israele, Iran… Temette qualcosa di più grave data la portata dell’evento.
Intanto a Central Park gli addetti ai lavori iniziavano a chiedersi come mai non ci fosse il solito brulicare di persone dietro al palco. Mancava pochissimo all’inizio della conferenza.
“Matt, il Presidente è in ritardo?” era la voce di David, un collega del Times che lo stava riportando alla realtà.
“Sono il fotografo, non la sua segretaria David.” Gli rispose con un sorriso. Amavano stuzzicare.
“Lo hanno incastrato con il terremoto, ci scommetto le prossime tre birre.” Azzardò il reporter del Times.
“Tutto può essere.” Rispose Matt.
“Certo che non si è mai visto nulla di simile. Un disastro ambientale di proporzioni bibliche.”
David scosse la testa.
“Incredibile… Stanno girando filmati in rete da fine del mondo, dubito che sia solo un terremoto, e il Presidente non è mai stato in ritardo”.
In effetti non era mai successo che il Presidente a pochi minuti dall’inizio di un evento non fosse almeno già arrivato nel backstage per prepararsi. E mentre tutti cercavano di scoprire qualcosa di più sulla possibile assenza attraverso le loro agenzie stampa, la folla alle loro spalle aveva ormai riempito tutta l’area adiacente al palco. Una folla enorme. Carica per sostenere il suo Presidente per un altro mandato. Ma allo stesso tempo la gente era scossa da quello che ormai era diventato di dominio pubblico. Tutti avevano appreso la notizia del terremoto dalle testate online, alla radio e dai cartelloni luminosi. Ovunque ormai venivano mostrate le immagini della più grande foresta del mondo così profondamente ferita.
Matt aveva colto un enorme paradosso guardandosi attorno. I cartelloni elettorali erano la testimonianza delle lotte politiche già entrate nel vivo del dibattito. C’erano gli slogan per la legge contro la deforestazione e tutte le altre le battaglie ancora in corso. Dalla folla si ergeva anche uno striscione che recitava: “Stop all’inquinamento del mare”. Ma a far da sfondo agli slogan ambientalisti c’erano i maxischermi di Manhattan con la terribile notizia del terremoto. Immortalò quel momento con uno scatto.
Che la situazione sul pianeta Terra fosse ormai insostenibile, era un fatto evidente. Ma in quel momento gli alti livelli di microplastiche nei mari, i cieli ingrigiti dallo smog e dalle emissioni delle grandi aziende erano quasi passati in secondo piano. L’Uomo aveva da poco abbandonato un secolo segnato da decenni di scarsità, per approdare nel nuovo millennio con una sovrabbondanza di tutto. Una corsa inarrestabile della produzione in qualsiasi mercato aveva esaurito le risorse che la terra ogni anno poteva produrre.
Era stato superato il limite, e il Presidente quel giorno avrebbe dovuto essere lì a spiegare cosa era giusto fare. Il suo programma prevedeva di abbandonare l’utopia di un mercato in grado di autoregolarsi. Servivano subito leggi in favore della protezione della biodiversità. Questo naturalmente gli aveva provocato non pochi nemici lungo la strada, ma lui sapeva benissimo anche questo.
Ora però tutti i presenti pensavano solo ad aggiornare con frenesia i loro browser, per capire quale minaccia stesse vivendo in quel preciso momento il pianeta e i suoi abitanti. Si capiva che non c’era nulla di normale in quello che stava succedendo in Brasile. Mai nessun fatto di cronaca per dimensioni o possibili conseguenze, sembrava aver toccato il mondo in questo modo. Dappertutto ormai si parlava solo del terremoto.
La macchina del complottismo e delle fake news era stata avviata con una velocità ancora più fulminea del solito. L’evento era surreale beninteso, ma come sempre era necessario mantenere la calma e affidarsi alle fonti ufficiali della stampa internazionale. Sui social network circolavano già le teorie più disparate che iniziavano con gli alimenti e proseguivano con la fine del mondo. Tutto documentato con le immancabili immagini generate con l’Intelligenza Artificiale. Anche questa volta non fu il buonsenso a prendere il sopravvento.
Quando mancava un minuto all’inizio dell’evento, delle auto blindate non c’era ancora nessuna traccia. C’era un problema. Ed ora anche Matt ne era più che certo. Fu con grande sorpresa che di lì a poco, prese posto sul palco la Vicepresidentessa Kate Broen. Indossava un abito blu perfettamente in tendenza, e lo portava alla perfezione. I lunghi capelli neri erano mossi dal vento, tanto da coprirle parte del volto. Ma non abbastanza da nascondere uno sguardo per lei insolitamente severo.
Fu proprio quest’ultimo dettaglio a destare immediatamente preoccupazione nella mente di Matt, insieme al foglio che teneva tra le mani. Era un chiaro segno del fatto che non avrebbe potuto dire né una parola in più, né una parola in meno di ciò che era già stato deciso. Quel mattino, la Vicepresidentessa Broen lesse con la preoccupazione, e voce a tratti insicura, una drammatica comunicazione:
“Il Presidente non sarà presente oggi sul palco. Sapete tutti quanto abbia a cuore ciascuno di voi. Avete probabilmente già appreso dalla stampa le notizie relative al disastro ambientale avvenuto poche ore fa in Amazzonia. Il Presidente è in prima linea per fornire tutto il supporto che lui e il nostro Paese potranno offrire. Sarà nostra premura tenervi aggiornati sullo svilupparsi della situazione, ma purtroppo siamo costretti a posticipare l’evento di oggi per far fronte a questa drammatica emergenza.”
Parole ermetiche che scossero tutto il paese. Non era mai successo finora che il Presidente mancasse ad un appuntamento così importante per la sua campagna elettorale. I più fedeli ne videro un gesto d’amore e di attenzione per una delle foreste più importanti del nostro pianeta. Matt, che lo conosceva molto meglio di altri, era totalmente frastornato. Per quanto grave fosse la questione, il Presidente era un politico in campagna elettorale dopotutto. Non avrebbe perso l’occasione per amplificare l’impatto mediatico ed ottenere una maggiore sensibilità del pubblico su questo tema. Doveva esserci per forza dell’altro.
Senza pensarci stava già smontando l’attrezzatura fotografica, riponendo tutto con cura nello zaino. Il suo lavoro oggi era finito prima del previsto. La sua mente però iniziava ad immaginarsi cose impossibili che si sarebbero potute verificare nelle ore a seguire. Forse era tutta colpa di un esperimento nucleare finito male. Quella si che poteva essere la verità dietro ad un fatto del genere. Definirlo “terremoto” poteva essere solo un diversivo per i media. Cosa si poteva nascondere a nord del Rio delle Amazzoni? Non riusciva a darsi pace.
La Broen, dopo aver letto quelle poche righe, scese dal palco. Aveva fretta, era chiaro. Non era ancora nel backstage quando prese il telefono e lo avvicinò all’orecchio. Poco dopo il telefono di Matthew iniziò a squillare. Era lei.
“Matt, John vuole vederti alla Casa Bianca, subito.” Non diede altre spiegazioni. “Vieni dietro al palco, ti do un passaggio”.
“Kate che succede?” riposte Matt. Ma aveva già riagganciato.
Benché durante gli eventi ufficiali ci fosse un profondo rispetto dei ruoli, in quegli anni i due erano diventati buoni amici. Avevano molte cose in comune, non solo il fatto di lavorare entrambe per la Casa Bianca.
Matt non sapeva ancora nulla su ciò che stesse effettivamente succedendo, ma era entrato quasi in una situazione di panico. Proprio come quando non si è in grado di trovare qualcosa che sta proprio davanti ai nostri occhi.
“Matt, lo zaino!”
Gli gridò David, prima che il giovane superasse la barriera di uomini della sicurezza che costeggiava il lato destro del palco.
“Grazie, amico!” gli rispose.
Non sapeva che altro aggiungere in quel momento.
“Che cosa sta succedendo Matt?” Lo interrogò con uno sguardo evidentemente preoccupato.
“Vorrei tanto saperlo anche io. Ti chiamo amico.”
E con passo spedito si diresse verso l’auto che lo stava già aspettando con la portiera aperta.
La sicurezza lo fece passare senza battere ciglio, era già stato inviato a tutti l’ordine di non fermare il fotografo Matthew Pride per nessun motivo. Superata la linea di sicurezza, finalmente vide Kate che era già seduta in auto. Capì immediatamente che il posto vuoto accanto a lei era quello che gli avevano riservato per raggiungere la Casa Bianca.
Non fu tutto ben chiaro quello che successe dopo. Negli istanti che seguirono la chiusura della portiera dal suo lato Matt si sentì rapito. Era abituato a quelle persone, ed era abituato ad essere tirato fuori velocemente da certe situazioni su richiesta del Presidente. Ma quella volta non riusciva a mettere a fuoco niente.
L’unica certezza in quel momento era che non si sentiva al sicuro. Era così frastornato, ma una frase gli giunse chiara tra i rumori delle sirene. Una frase che suonò come una profezia.
“Preparati a mettere in discussione qualsiasi cosa tu abbia mai conosciuto fino a questo momento Matthew Pride.”
Lo avvertì Kate, con lo sguardo pervaso a sua volta dalla stessa incertezza ed instabilità che lo aveva travolto.
Kate era una giovane donna che Matt conosceva ormai da molti anni. Erano quasi coetanei, anche se lui era quello più giovane dei due, e questo li aiutava spesso nel capirsi al volo. Avevano assistito a molte fasi chiave del primo mandato del Presidente, perdendo il conto delle cene istituzionali a cui avevano presenziato. Lei come membro del Governo, lui come l’uomo che avrebbe dovuto immortalare i momenti migliori della serata.
Uno dei vantaggi del lavoro di fotografo era quello di potersi unire ai banchetti, dopo aver scattato tutto quello che il giorno successivo avrebbe fatto gola alla stampa istituzionale. Dopodiché il suo lavoro era finito. Ma la festa no. Lì, in quelle lunghe serate, Matt incominciò a conoscere una persona profondamente diversa da quello che si era immaginato. Pensava che la sua forza espressiva e il suo vigore politico fossero la parte esteriore di una donna indistruttibile. Invece c’era molto di più dietro quell’espressione sicura che per mesi aveva tappezzato gli spazi pubblicitari durante tutto il lungo periodo della campagna elettorale.
Proprio in quel momento ebbe la prova che anche Kate, come chiunque, poteva vacillare. Conosceva bene il dubbio e l’incertezza delle situazioni di crisi. Era in grado di gestirle al meglio, rimanendo profondamente analitica, intervenendo il più delle volte velocemente con una possibile soluzione. Questa volta però era tutto immobile, anche Kate.
Dopo qualche istante di silenzio, Matt non riuscì a trattenersi.
“Cosa sta succedendo davvero? E perché stiamo andando alla Casa Bianca in auto? Ci vorranno almeno 4 ore!”.
Seguì un attimo di esitazione da parte di Kate. Sembrò quasi che stesse per rivelare qualcosa di segreto. Ma poi ritornò subito in sé.
“Non farmi domande a cui non posso rispondere. Abbi pazienza, la scelta dell’auto è necessaria. Vedrai il resto con tutto con i tuoi occhi. Non credo che esistano parole per descrivere tutto quello che sta succedendo.”
“Forse è per questo motivo che il Presidente ha chiamato il suo fotografo ufficiale?”
Tentò ancora Matt.
“Gli serve subito del materiale per i social?”
Disse quasi certo di aver fatto un passo avanti verso la comprensione di questa convocazione.
“Forse. E comunque si fida di te, puoi stare tranquillo. Anche più di quelli che il Governo paga per stargli accanto. Sei già stato messo alla prova tempo fà. Ma anche questo lo sai”.
Ora era lei che stava cercando di portare il discorso su altro piano.
Anni fa la Casa Bianca fu travolta da continui scandali legati a fughe di notizie riservate. L’Alta Sicurezza decise quindi di diffondere una serie di notizie false, quante erano le persone che ci lavoravano all’interno. Ogni notizia venne portata all’orecchio di una specifica persona. Un metodo della vecchia scuola, ma che funziona sempre.
Ci vollero meno di ventiquattro ore per capire chi erano le gole profonde. Kate e Matt discutevano molto su questo modo di operare della Sicurezza, lei sapeva benissimo che il reporter si sarebbe acceso ogni qualvolta si tornasse a discutere sull’operato della CIA. Ma non cadde in quel tranello. Matt se lo ricordava benissimo. E di sicuro quella non era stata l’unica volta.
“Strano che tu lo dica al passato. Io mi sento ancora osservato.”
Replicò Matt senza però suscitare alcuna reazione. Provò quindi ancora una volta la strada diretta.
“In che modo tutto questo ha a che fare con l’Amazzonia?”
Non prese mezze misure e andò diretto al punto.
“Matt finiscila con le domande. Lo sapevo che non avremmo dovuto viaggiare insieme.”
Questa volta il messaggio arrivò forte e chiaro. Non provò nemmeno ad insistere oltre. Sconfitto, si mise a scrutare fuori dal finestrino le persone che vivevano la loro giornata ignare di quello che gli stava per succedere. Ed in quel momento non riusciva a fare altro che invidiarle.
Le quattro ore passarono in un silenzio assordante. Kate continuava a controllare lo schermo del suo smartphone. Picchiettava nervosamente lo schermo per attivarlo e controllare qualcosa che non era l’ora o una semplice notifica. Matt però si accorse solo verso metà strada che stava verificando il segnale di ricezione. Si tradì avvicinando il dispositivo al finestrino, come per capire se in quella posizione il segnale fosse migliore. Un indizio troppo generico per poterlo collegare a qualsiasi altro fatto avvenuto quel giorno. Si sommò anzi ai suoi dubbi e alle sue ansie per quello che stava avvenendo. Possibile che il Presidente in un momento di crisi volesse al fianco proprio il suo fotografo ufficiale?
Dal suo lato passeggero Matt vide chiaramente l’entrata posteriore della Casa Bianca. Quell’immagine gli diede un po’ di sollievo. Pensò che di lì a poco avrebbe avuto una risposta sul suo futuro. Nel migliore dei casi sarebbe stata solo una questione di qualche minuto.
Varcata la soglia del cancello di ferro battuto, avanzarono sul vialetto d’asfalto che conduce all’ingresso. Ogni volta che percorreva quelle poche centinaia di metri per Matt era come rivivere una scena di un film. Non ci si sarebbe mai abituato. Scrutando tra le siepi che costeggiano il parco interno, vide un uomo che portava i capelli molto lunghi.
Una figura totalmente fuori luogo considerando quando la Casa Bianca badasse anche all’aspetto esteriore di tutti i suoi addetti. Si accorse che erano così brillanti da riflettere la luce del sole, quasi come le acque calme di un lago. Il viso di quell’uomo era immacolato e indossava un vestito che quasi si confondeva tra le piante. Una caratteristica che inquadrò subito come abbigliamento da lavoro. Con leggerezza si disse che doveva essere un nuovo giardiniere.
Subito dopo l’autista parcheggiò nervosamente, dando una brusca sterzata. Si impegnò ad evitare di colpire il cordolo costeggiante la scala che dava accesso all’atrio, dal quale venivano accolti gli ospiti più riservati. Non era uno dei soliti autisti, lo aveva sospettato fin dal primo momento in cui ero salito su quell’auto. Chi guida le auto del Presidente non consuma i copertoni ad ogni semaforo.
Kate fu la prima ad aprire la portiera dell’auto blindata. Scese velocemente dall’auto mentre un uomo, con il pass della CIA appeso al collo, aprì la portiera dall’altro lato dell’auto e invitò Matt a scendere. Seguirono come sempre i controlli con il metal detector. Anche lo zaino con l’attrezzatura fotografica venne ispezionato con cura nonostante rimase sull’auto. In questo modo l’agente aveva svolto il suo incarico come da protocollo.
Matt però non fece neanche in tempo a protestare per il sequestro del suo zaino. Vicino a lui Kate stava fissando impietrita il suo smartphone senza dargli retta. Poi finalmente alzò lo sguardo.
“Mio Dio, non c’è più segnale.”
Francesco Vincenzi (proprietario verificato)
Il progetto mi incuriosice molto e quello che ho letto fin qui non fa che alzare le mie aspettative!
Complimenti davvero.
Angelo Lupo (proprietario verificato)
Ho letto l’anteprima e mi ha incuriosito tantissimo. L’idea di unire fantasy a qualcosa di così moderno e attuale mi ha catturato fin da subito. Non vedo l’ora di scoprire dove ci poterà questa avventura!
Riccardo Sbardellati (proprietario verificato)
Ho letto l’anteprima ed è super interessante, un mix insolito quanto avvincente!
Non vedo l’ora che esca il libro!! Complimenti Giacomo!
Aiman Ahmed (proprietario verificato)
Sto già aspettando il prossimo
Patrizio Perfetti (proprietario verificato)
È il genere di storia che piace a me… ho letto l’anteprima e ora non vedo l’ora di leggere tutto il libro!!!
Michele La Marra (proprietario verificato)
Dopo aver letto l’anteprima non vedo l’ora di avere il libro completo fra le mani per scoprire come la storia si svilupperá! Hype ai massimi e primi complimenti al neo autore!
Marino Beretta (proprietario verificato)
Spero che il sia il primo di una lunga serie.
Nicole Coscia (proprietario verificato)
Si vede già che questo libro è il frutto di un lavoro lungo, pensato e molto complesso! Sono curiosissima di vedere come la storia e i personaggi si evolveranno, non vedo l’ora di leggerlo!! Complimentii
Pasquale Gallo (proprietario verificato)
Ho letto l’anteprima e devo dire che mi ha davvero colpito! I personaggi sembrano avere un grande potenziale, e già dalle prime pagine si percepisce la profondità del mondo che hai creato. L’intreccio tra magia e la lotta per il pianeta è avvincente, e non vedo l’ora di scoprire come la storia si evolverà. Sono certo che il messaggio importante che vuoi trasmettere troverà la sua piena forza nella versione completa. Continua così, l’attesa per il libro è già tanta e sono sicuro che saprà emozionare e far riflettere!