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Ritratti di Neve

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L’anima di Ripalta è la Beppa, che tornando dai campi si toglie gli stivali, guarda sua nipote, sorride. È la saggezza infantile di Elia, le cui radici si espandono tra i carruggi stretti e i passaggi ripidi. È Leandro, al quale il mare è rimasto negli occhi. È Arturo, che sfida i bambini a guardare nel buio fitto e spaventoso della stalla. È la Dora, che ha sempre una moka pronta sui fornelli. È la vita divisa a metà della signora Trinci, sempre al confine, abitante e ospite allo stesso tempo. È la chioma folta e grigia di Giuseppe, che ondeggia come i campi al vento. Ripalta è viva finché sono vive le sue storie.

Alla mia nonna

e alla bambina

che ha conservato

dentro di sé

e dentro di me.

Ad Adele e Marco,

memoria e futuro.

UN NOME

Un nome non lo si sceglie, così come non si sceglie il luogo che ci si porta dentro chiamandolo “casa”. La Giuseppa si è ritrovata questo nome duro, che riempie la bocca con poca eleganza. Nel tempo ha provato ad addolcirlo con storpiature e diminutivi, ma non si può correggere quello che il destino ha deciso. Per tutta la vita è stata “la Beppa”.

La Beppa porta con sé un bagaglio di storie. La sua famiglia è contadina, e come le piante è cresciuta libera, senza che la si potesse controllare. Così, si è espansa, contratta, alcune parti sono state potate, alcuni rami sono caduti e altri nuovi e teneri se ne sono formati. Me la immagino bambina, mentre sente raccontare di Angiolina e Gina, sue sorellastre, nate dal primo matrimonio di sua madre. Due giovani unite in un destino di dolore: la prima morta di parto e la seconda sotto le macerie quando una bomba si era abbattuta su Ripalta. La deflagrazione l’aveva sorpresa in paese, a fianco del marito, che l’aveva da poco raggiunta, e con la neonata tra le braccia.

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Lei, invece, è la quinta di altri sette figli della Marinetta: Pietro, Margherita, Dora, Lucia, Mario e Anna, e poi lei, con quel nome così dissonante rispetto agli altri, datole quando la credevano un bambino nel ventre di sua madre. L’avevano immaginata Giuseppe, e al momento della nascita non c’era tempo per pensare a un altro nome. Sarebbe stata Giuseppa, sarebbe diventata la Beppa.

Ripalta invece è un paesino poggiato su una piccola altura dell’entroterra ligure, il fiume Vara che scorre docile a valle e le colline che si inseguono una dopo l’altra fino a dove lo sguardo riesce a distinguerle in un verde sempre più lontano. Ripalta è un campanile arancione, una salita ripida, un carruggio e le case colorate che si appoggiano una all’altra, una volta di pietra per sognare avventure, e il bosco – “la via bella” l’hanno sempre chiamato, un nome dolce come le more che si offrono in estate sul sentiero.

Mi chiedo, allora: può un paese raccontare l’animo umano? Possono delle pietre, dei castagni, un microcosmo di personaggi che popolano il mio passato e il mio presente dirmi qualcosa che vada oltre i ricordi?

Questo racconto passa inesorabilmente attraverso la Beppa, che intreccia le storie dei morti e quelle dei vivi, poiché lei è, mentre scrivo, viva e morta, ha la storia dentro di sé ma non può raccontarla, può farmela immaginare, e in questo modo cercare di non perderla.

Chiara

2022-08-07

Evento

Ripalta Non poteva esserci momento migliore della festa della Madonna della Neve per presentare il libro "Ritratti di Neve", nel pomeriggio leggeremo insieme e raccoglieremo racconti e memorie di Ripalta aspettando febbraio per poter stringere il libro tra le mani. Intanto continuate ad aiutarmi nell campagna di Crowdfounding per far volare più lontano possibile i personaggi e la festa!

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Chiara Cito
nata a La Spezia nel 1982, è laureata in Psicologia del lavoro e si è occupata di lavoro e disabilità prima di dedicarsi all’insegnamento in classi di adolescenti provenienti da tutto il mondo. Oggi insegna italiano in un ente professionale di Rimini e Ritratti di neve è il suo romanzo d’esordio.
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