Robbie ha quindici anni e vuole essere ricco. I suoi genitori non sono benestanti e lui vive con frustrazione il confronto coi compagni più ricchi. Si sente inadeguato ed incolpa il mondo per la sua situazione. Ma qualcosa di molto inaspettato lo catapulterà in un turbine di start up ed investimenti! Attraverso disavventure, curiose mentorship e faccende di cuore, imparerà a mettersi in gioco e farsi in quattro per ottenere ciò che desidera.
Una storia divertente che nasconde qualche importante segreto sui soldi e la ricchezza. Le idee base di finanza personale ed imprenditoria dei più grandi autori del settore arrivano nel mondo dei giovani adulti. Si accenderà una $cintilla anche dentro di t€ ?
Perché ho scritto questo libro?
Tutti vogliono essere ricchi. Ma come si diventa ricchi? E cosa significa davvero essere ricchi?
L’educazione finanziaria è cruciale per tutti e per i giovani in modo particolare. Indipendenza e stabilità non sono garantite e occorre imparare a gestire la propria economia in prima persona.
La buona notizia è che i concetti base di finanza personale non sono poi così complicati come potrebbe sembrare, anzi: smettiamola di pensare che la finanza sia ostrogoto e mettiamo le mani in pasta!
Chi pre-ordina la versione ebook avrà subito in omaggio un ebook che comprende i primi due volumi della nostra saga best seller “The Drunk Fury”.
ANTEPRIMA NON EDITATA
È successo di nuovo!
Ripeteva Robert ‘Robbie’ Wayfarer mentre fissava lo specchio. E lo fissava ormai da quindici minuti.
Era ora di colazione ed i suoi lo aspettavano. Colazione tutti insieme, secondo abitudine. Il papà con il giornale aperto che si lamentava un po’ di tutto, come se il mondo facesse proprio apposta per fare innervosire lui. La mamma che gli metteva fretta per non perdere l’autobus.
Si, lo avrebbe perso quasi di sicuro quell’autobus. Ma non capiva cosa ci fosse di strano in lui. Nella sua immagine percepiva qualcosa di diverso, senza vederlo. Come una traccia. Controllava l’attaccatura dei suoi capelli scuri, poi le sopracciglia e il verde degli occhi. Sulle guance c’erano un paio di brufoli nuovi e ancora nessun pelo di barba. Ma non erano questi i motivi dello scomodo feeling. Il naso. Quello lo vedeva un po’ diverso dal solito e la pelle tra le narici tirava.
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Ok, qualcosa era successo. O meglio: gli era successo. Nella notte. E non era la prima volta. Ma forse adesso era davvero il caso di scendere a fare colazione, di corsa. Anche perché alla prima ora c’era la prof. Greenhan e Robbie già non sopportava l’idea.
“Robbieee! Allez Mon Bijoux che è ora di andare a scuola, se perdi il bus guarda che te la fai a piedi, io e il papà dobbiamo fare delle commissioni prima di andare al ristorante”.
La mamma aveva ragione. E quel ‘Mon Bijoux’ lo fregava sempre. A quindici anni non vuoi più essere chiamato ‘Mon Bijoux’: cavolo, ormai sei grande! Ma non riusciva a capire perché sotto sotto gli piacesse ancora così tanto. Sarà stato per il ricordo di qualche anno prima, quando lui era piccolo e i suoi erano più felici. Sarà stato perché riportava la mente ai racconti della mamma, di quando lei era una bambina e per un periodo si era trasferita con la famiglia dal Nord Europa fino a Dakar. L’unica ragazzina bianca che giocava ogni pomeriggio sulla spiaggia e insieme agli amici si buttava nelle onde con una tavola da surf mezza rotta.
“Robbieee! Je te donne un coup sur le nez!”
Si, si, si, ok! Meglio scendere davvero. La mamma scherzava, certo, ma già il naso lo sentiva strano ed un pugno non avrebbe aiutato.
Mentre mangiava di volata i cereali decise di provare ad indagare un po’. La prese alla larga, con fare circospetto: magari loro non avevano notato niente, o magari sì?
“Mami… Ho sonno, yawn, ma soprattutto mi sento un po’ strano oggi”
“È normale Robbie aver sonno al mattino se si gioca ai videogame fino a tardi… Ed è anche normale sentirsi strani a 15 anni. Stai crescendo.” disse il papà appoggiando il giornale. E Robbie già sapeva come avrebbe continuato. Cioè dicendo esattamente: “…ma essere puntuali è importante per dare una buona impressione ai professori e prendere bei voti. Dai, dai quest’anno sei in seconda, ripeto: è importante!”.
***
Perse il bus, ovviamente. Gli giravano le scatole più che altro perché avrebbe dovuto sorbirsi una predica dalla prof. Greenhan. Ma non gli dispiaceva fare due passi, erano quindici o venti minuti al massimo. Con il papà d’estate facevano delle camminate, nel suo giorno di riposo. Alla sera in quarantacinque minuti salivano di buon passo i 500 metri di dislivello del piccolo Ginevroso Mount, vicino a casa. Qualche volta, nei weekend, lo portava anche in escursioni più impegnative: suo papà era un vero appassionato di montagna. Ma era ormai un bel pezzo che non andavano più. Prima era più semplice, quando suo papà aveva davvero un giorno di riposo dal ristorante e non faceva mille ore di straordinario per far fronte alle spese. Che palle ste spese, pensava Robbie, perché non siamo ricchi e basta? E poi che cavolo di spese sono che non compriamo mai niente di bello?
Camminando per le strade della sua cittadina avvertiva ancora quella strana sensazione. Come se avesse indossato i vestiti di un altro, anzi come se ci avesse dormito dentro. Non certo una sensazione confortevole. Una specie di prurito alle braccia, un fastidio alla schiena, proprio sopra il sedere. Sentiva qualcosa di strano sulla faccia. Il naso, in particolare il naso. Come quando il dentista cura una carie e per qualche giorno si sente la masticazione non allineata. Ecco, proprio quella sensazione, ma al naso.
Guardava il suo riflesso in ogni vetrina ed in tutti gli specchietti delle auto parcheggiate. Non c’erano segni evidenti, niente di anomalo. Voleva dare ragione al papà, dire che era questione di crescita. Ma sentiva che sotto c’era qualcosa di più.
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