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Romaamor
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Consegna prevista Ottobre 2024

Roma anni Sessanta. Il padre di Benedetta, con un collega ingegnere, costruì una bella villa ai piedi dell’Aventino. Una casa bianca e grigia, con un grande giardino tutt’intorno, abitata da molti bambini e dai tanti che, per un giorno o per tutta la vita, vissero quel sogno ricamato di verde. La villa unì i destini di due famiglie che, pur non essendo parenti, strinsero legami forti e per sempre. La vita fiorì e le storie si intrecciarono, allegre e a volte tristi.
Il cuore s’apre al ricordo ed ecco, in danza, si presentano cugini, fratelli, donne di servizio che furono mamme a modo loro, le sister dell’Istituto Mater Dei, i cani amatissimi, lo zio ministro, la zia “quattroquarti”. Un libro corale che ha al suo centro Roma ma che corre anche su e giù per l’Italia inseguendo il filo del ricordo e le persone che in esso respirano. Un libro che restituisce il sapore famigliare di una Roma sparita, ancora viva nel ricordo di chi l’ha vissuta

Perché ho scritto questo libro?

Andando, un giorno di sole, da mia madre ancora viva, udii la voce della villa romana offesa da me che solo di quella sarda ho scritto. “E di me, dimmi, di me, perché ti sei dimenticata? Tra le mie ora deserte stanze, ti sei fatta grande, nel mio giardino hai inseguito il lume lassù?”. Dentro, mia madre mi attendeva con il caffè servito col cucchiaino d’argento e lì, intorno a noi, c’erano – lo sentivo – la Mimma, Sormario, la nonna Lisetta. Non eravamo sole. Dovevo scrivere e ora l’ho fatto.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Nel bel palazzo d’ocra e d’ombra, ritto sul gomito della timida salita di Via di San Sebastianello, c’era, fino agli anni Ottanta (e dal 1886), l’Istituto Mater Dei, scuola privata, cattolica, vecchia già di cent’anni, con suore irlandesi ed italiane, pur essendo la fondatrice del loro ordine,  le Povere Serve della Madre di Dio, inglese purosangue e di nome Mother Magdalen Taylor.

Ogni piano dell’edificio era diviso in aule scolastiche con dentro una trentina di noi in divisa bianca e blu e, man mano in salita, si passava dalla scuola elementare al liceo, che era solo il classico, sicché al ginnasio vedemmo scendere, come fatine, dal Sacro Cuore della Trinità dei Monti (che aveva solo il linguistico), molte nuove compagne punto felici di passare da monte a valle…

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Ogni piano aveva le sue sister. Il primo era custodito dalle portinaie, sister Paolina e sister Addolorata, tutte e due italiane. Oh, fermiamoci un poco nel loro stanzino caldo che era il matroneo della Cappella! Tutte due piccole di statura, gli occhiali sul naso, l'abito blu e nero lindo di semplicità, non potevano  essere, nel viso e nei modi, più diverse. La prima, Paolina, con un nome candido, da stender col bucato, aveva però scritta nella faccia di luna piena e in quei pochi capelli di stoppa grigia in fuga dal velo, la determinazione e un piglio selvatico che si palesava anche soltanto nel gesto brusco con cui si affacciava al portoncino e chiedere, con voce roca: “Chi è?” la seconda, sempre un passo indietro, era Addolorata di nome e anche di fatto: pallida, pelle di crema, un faccino lungo e smunto, non parlava quasi mai.

A me bambina faceva un poco paura la prima e mi innamorava la seconda, che avrei voluto per nonna e che forse, ora lo so, neppure seppe mai che esistevo anche io…
Tra i compiti solenni delle sister portiere, che facevano la guardia alla scuola tenendo sempre il portoncino aperto sulle scale, c'era quello di suonare le campanelle che chiamavano per nome le consorelle. Din-don-din-din… Ogni sister aveva il suo  codice in doremi, tradotto in un alfabeto morse di scampanellii che, alla bisogna, riempivano cortile, aule e cuore. Nel silenzio delle mattine d'oro, noi chine sui banchi,  si inseguivano, lì fuori, gli squilli d'argento a ricamare il cielo di  armonie celesti. Solo le sister custodivano il mistero di quelle sequele angeliche.

2024-03-22

Aggiornamento

Oggi ho raccolto un bel mazzo di margherite che vorrei spedire, una ad una, con la mia squadra di pulcini volanti a tutti e a ognuno dei miei sostenitori. Grazie, grazie a tutti e avanti, con Cuoresardo e Romaamor i miei amati dioscurini!
2024-03-21

Aggiornamento

Nevicano margherite sui prati verdi dove, in punta di piedi, leggiadra, danza la primavera e splende d'oro il sole nel cielo celeste che bacia la terra. Desidero qui ringraziare, uno per uno, quanti hanno creduto in me, nel mio progetto, nel mio piccolo Romaamor che, pian pianino, sembra quasi giunto alla meta. E mentre penso che l'andare, accidentato, è stato pur bello nelle gioie sorprendenti che sempre regalano il sorriso, penso al gemello sard di Romaamor, cioè Cuoresardo, che quest'estate mi porterà una bella sorpresa. Per ora, altro non scrivo, ma seguitemi e saprete la notizia bella in anteprima!
Le allegre anatre qui ritratte da me tute felici per il caldino e la nuova vita che sorge, vi augurano, insieme a me, una splendente primavera!
2024-03-19

Aggiornamento

Nel giorno bello di San Giuseppe desidero fare gli auguri a tutti i papà che passano da queste parti. Oggi sono andata a comperare i bignè per mio marito (che è anche papà) e ho trovato da Regoli in via dello Statuto una fila lunga che arrivava, quasi, a Piazza Vittorio. E quelli che entravano avevano il viso lungo e quando uscivano, come bimbi alle giostre, un sorriso luccicante! Lo stesso che avevo io quando sono andata, ieri, alla pizzeria di Alessandro River, un negozino delle meraviglie (nel senso che la pizza è da gambero rosso) perché Alessandro è diventato sostenitore di Romaamor. E mi ha aiutato prenotando le sue copie (non vi dico quante però...). E dire che ci siamo conosciuti per caso una sera che andavo in cerca di un poco di pizza da portare a casa per mio mairto. E mi sono trovata sul naso la pizzeria Ruver. Mi sono fermata, ho comperato una bella scatolotta di pizza e sono tornata a casa. Ottima, ottimissima. Così ho scritto una recensione su Local guides e l'ho mandata via Instagram ad Alessandro, che è stato molto contento. Gli ho raccontato di Romaamor che racconta anche del Rione Miani dove io sono nata e cresciuta e dove lui ha il negozio. Così ne ha volute le sue belle copie da regalare Natale prossimo ai suoi clienti migliori. Tra i quali ci sono anche io e tutti gli amici e sostenitori del Rione Monti che hanno ricevuto in dono un assaggio di pizza Ruver,.. Qui il link alla mia recensione... https://www.google.com/maps/contrib/117113124007671940141/place/ChIJm5eiseZhLxMRQCWyoJRZR2c/@43.1535572,10.0901746,7z/data=!4m6!1m5!8m4!1e1!2s117113124007671940141!3m1!1e1?entry=ttu
2024-03-09

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Una notte la villa romana si svegliò nel ritmo del flamenco. Nel terrazzo di cotto rosso si ballavano le sevillanasm ballava Lisa Flores una bouleria e suo padre Enrico, gran musicista oltre che comunicator e professore, suonava la chitarra mentre Javier, allora in Italia, cantava il suo canto gitano. Ecco il mio quadretto di ricordo abitato da Enrico Cogno, ex vice presidente della Ferpi, uomo dai mille ingegni. Lui, proprio lui, innamoratosi del mio "Cuoresardo" ha scritto un articolo per sostenere "Romaamor" negli incerti del viaggio e Marco Tosatti, ex la Stampa, ora principe di Stilum Curiae (un bel sito in cui scrivo anche io) lo ha pubblicato e qui lo inserisco per tutti voi. Avanti, piccolo Romaamor, ce la faremo. Magari con un boccone di pizza da Tuver in Viale Aventino! roamamor/https://www.marcotosatti.com/2024/03/06/giocare-con-i-ricordi-benedetta-de-vito-fra-cuore-sardo-e-roamamor/ Giocare con i Ricordi. Benedetta De Vito fra Cuore Sardo e Roamamor. 6 Marzo 2024 Pubblicato da Marco Tosatti 3 Commenti Marco Tosatti Cari amici e nemici di Stilum curiale offriamo alla vostra attenzione questa recensione che E.C. ha scritto di Cuore Sardo, il libro che Benedetta De Vito ha pubblicato tempo fa, prima di mettere in cantiere Romaamor, che è in fase di lancio, in attesa che si raggiunga il numero necessario di prenotazioni…Buona lettura e diffusione. §§§ GIOCARE CON I RICORDI I luoghi in cui abbiamo vissuto a lungo sono incisi nel cuore. Non si cancellano, a dispetto degli anni che scorrono come ruscelli. Per questo due case, una al mare ed una in città, sono rimaste vive nelle parole e nel cuore di Benedetta De Vito, due case che sono interi pezzi di vita e di passioni, delusioni, tristezze, gioie, in un fascinoso caleidoscopio, dove la cosa che prevale è il gioco delle relazioni. È questo che rende i sentimenti una partita a scacchi dove, se si vince, si rimpiangerà (quando tutto sarà finito) cosa si è perduto, e se si perde, ci si consolerà con il fatto di non dover soffrire ancora. La casa del mare era in Sardegna. È descritta con una poetica che non si dimentica in Cuore Sardo. La casa di città è quella di Roma, dove sin dal titolo si capisce il gioco palindromo del cuore di Benedetta: Romaamor. Dice l’autrice: “Andando, un giorno di sole, da mia madre ancora viva, udii la voce della villa romana offesa da me che solo di quella sarda ho scritto. “E di me, dimmi, di me, perché ti sei dimenticata? Tra le mie ora deserte stanze, ti sei fatta grande, nel mio giardino hai inseguito il lume lassù?”. Dentro, mia madre mi attendeva con il caffè servito col cucchiaino d’argento e lì, intorno a noi, c’erano – lo sentivo – la Mimma, Sormario, la nonna Lisetta. Non eravamo sole. Dovevo scrivere e ora l’ho fatto”. Non so dirvi com’è il nuovo romanzo. Non lo sa ancora nessuno perché, per leggerlo, bisogna attendere che il parto editoriale sia compiuto. So solo che è il fratello gemello del libro sardo e tanto mi basta per essere certo che sarà una cosa dal cuore profumato. Sapete, cari amici, una volta esisteva l’editoria, quel mestiere difficile e coraggioso mandato avanti da persone che, consapevoli di editare testi in una lingua bellissima quanto rara, non potevano contare, come in America, su milioni di lettori in grado di garantire il successo di un libro. Per anni hanno continuato su questa strada impervia sino a che, complici i successi di chi scovava tramite il web una strada per arricchirsi più facilmente, hanno applicato il concetto del successo anche alla cultura, com’è per i pannolini, i detersivi e gli hot dog. È cambiato il mondo: al posto di un Paese in cui pochi scrivevano e diverse persone frequentavano le librerie (passando ore deliziose sfogliare le parole dell’esordio e le frasi finali di testi odorosi di abete) hanno trovato al posto delle librerie un esercizio di kebab (tanto era più comodo comprare i libri in rete) visto che la bellissima Italia è un paese di moltissimi scrittori e di pochi lettori. Così gli editori sono diventati rari e il coraggio classico del “rischio d’impresa” è passato di mano: gli autori non si devono limitare a fare la fatica di scrivere un libro ma devono procurarsi i lettori, uno ad uno, in qualche caso facendo esprimere la loro volontà di acquisto con un gesto davvero coraggioso: comprare le copie ancora inedite di un libro, al buio, per fiducia nell’autore, per amore della cultura, per un gesto di sfida, come premio a un titolo indovinato…. È il nuovo gioco che si deve fare per poter leggere. Per capirlo meglio, quando qualche mese fa dovevo pubblicare l’ultimo mio testo, ho approfondito la questione e ho scoperto che per la maggior parte (non tutta, è vero, ma la maggior parte) quello che conta è saper interpretare i desideri del mercato che si basano: sull’uso di una lingua letta da milioni persone (non certo l’italiano); sulla scelta di un tema di grande interesse popolare; sulla rarità di testi in questo specifico settore; non conta l’abilità dell’autore ma solo lo staff editoriale, da pagare in anticipo: il fatto di essere incapace di scrivere in una lingua richiesta dal mercato e di non possedere una particolare abilità è sostituito da un team di ghost writerche sanno fare, anche grazie all’intelligenza artificiale, tutto questo in poche ore. Se il testo risponde a queste caratteristiche avrà successo. Se no, il nuovo mercato editoriale vi dimostra che siete inadatti a farne parte. A fronte di questa situazione (ho le prove, non si tratta di una esagerazione) se non si tratta di un autore in grado di garantire un rilevantissimo numero di copie (per chiara fama o appoggi particolari) uno scrittore “normale” si trova di fronte a tre scelte: a) rinunciare a pubblicare il libro; b) pagarsi in modo anticipato, totalmente, le spese editoriali; c) contare sull’appoggio di un gruppo di amici sostenitori e anticipare l’acquisto del testo, prenotando le copie presso l’editore. Questa terza scelta è la più nobile. Romaamor è in fase di parto editoriale: vedrà la luce se i sostenitori ci crederanno al punto da farlo nascere, diversamente… No, non si può prendere in esame un’alternativa alla nascita. Il gemello di Cuore Sardo deve vedere la luce, se vogliamo (e lo vogliamo) che la letteratura di pregio non sia cosa dei tempi passati. Io, per rientrare delle spese editoriali del mio ultimo romanzo, ho utilizzato con un certo successo questa trovata. La riproduco sperando che funzioni anche per l’ultimo figlio di carta di Bened
2024-03-05

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Dal mio taccuino rosa Sì, ho sempre scritto e proprio ieri, visitando una vicina di casa (dovevo dare un paio di pantaloni al marito), mi sono ricordata di due episodi dimenticati. Il primo. Avevo diciott'anni o poco più e ancora tutta presa dai sogni che mi s'accendevano nel cuore, quando frequentai per tre mesi un corso di inglese per far poi il proficiency. L'insegnante, inglese alla Agatha Christie, mi aveva preso in simpatia e leggeva spesso, a voce alta, le mie "composition". Tre mesi passai con lei e poi mai più. Ma poco dopo una compagna di classe, Annalisa, si ritrovò a fare il corso mio, tre mesi dopo. L'insegnante lesse uno dei miei temi (ricordo solo che ea l'incontro di un attore con la luna) e poi disse che era di una sua "past pupil" e che questa persona si chiamava Benedetta. Ammalisa alzò la mano e: "DE Vito?". Sì ero io. Il secondo ricordo lo ha acceso in me un'altra Annalisa che io chiamo Lisa ed è amica per sempre. Facevamo insieme un corso di spagnolo e lei ballava da regina il flamenco e io una schiappa. Ci fu un concorso per vincere una borsa di studio di un mese. E bisognava scrivere un tema. Vinsi io e scelsi di andare a Mallorc dove poi Lisa mi raggiunse per andare insieme a Siviglia. E lì, a Palma, incontrai Michel, un francese, di cui mi innamorai. Ma questa è un'altra storia e anche triste perhé da allora, anche se lui mi disse: "Volveremos a vernos", non l'ho più visto. E sono stata io a non volerlo... Nell'immagine sono io con i miei cari libri
2024-02-23

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Dal mio taccuino rosa ancora concorsi letterari
Partecipai un anno che non ricordo, ma già nel Duemila, alla seconda edizione di un concorso chiamato "I racconti di Sabaudia" e mandai un racconto che avevo scritto qualche tempo prima dal titolo "Il segreto di Alice"., di cui non vi racconto la trama perché magari un giorno potrò ripubblicarlo insieme ai tanti altri che ho scritto negli anni.
Il nome del vincitore, ricordo, si sarebbe saputo soltanto alla premiazione sicché andai, con un autobus, sola soletta, lì dove si sarebbe svolta la cerimonia svelta. IN platea c'erano tutti o quasi gli autori e alla fine vinse un racconto bello di cui non ricordo il titolo, e il mio rimase al palo. Con un pippi lungo fin sulla strada, lemme, lemme, me ne tornavo verso la fermata del bus quando fui raggiunta da un tipo che non era in uniforme ma di certo nella vita la portava. Mi afferrò per la spalla e mi disse: "Doveva vincere lei, lei è una vera scrittrice". FU un piccolo premio, per me, di consolazione. Lo ringrazia, salii in pullmann e via verso i doveri famigliari, il mio vero lavoro.
2024-02-20

Aggiornamento

Dal mio taccuino rosa, pillole di me Nel ringraziare, uno per uno, quanti mi stanno aiutando nella dura salita verso quota 200 (e fino all'ultimo mi impegnerò per raggiungere la vetta), mi piace qui ricordare Giancarlo Oli, sì s', proprio il coautore del dizionario Devoto Oli, che ho avuto la gioia e l'onore di contare tra gli amici. Tutti e due innamorati delle parole e archeologi a modo nostro nel ricercare in esse le radici della verità. Lo incontrai alla presentazione di un libro, gli regalai un mio racconto, fummo amici. Mi restano di lui un plico di bellissime lettere, vergate con la penna stilografica, piene di racconti, aneddoti, preziosi consigli. Le conservo tutte quante raccolte da un nastro verde e un giorno, per quanto belle sono (ognuna e tutte) le ho portate in biblioteca per fare un piccolo lascito a nome suo, di Giancarlo. Ma non le hanno volute, così le conservo qui a casa, gelosa, di quell'amicizia piena di "sirene", cioè di parole (sirene le chiamava Fernando Pessoa sul quale ho fatto la mia tesi di laurea), che è durata poco perché Giancarlo, nella sua Grassina a Firenze, è morto molto giovane e non so neanche come... Nella foto, la sirena Tavolara, rosa e celeste!
2024-02-13

Aggiornamento

Dal mio taccuino rosa A sedici anni, quindi, ho scritto il mio primo racconto ed è cominciata la mia "carriera" di lettrice. Tutti i classici, da Guerra e Pace alla Recherche (bè, non l'ho ancora letta tutta quanta...) e pian piano ho forgiato i miei gusti, incontrando come amici in carne e ossa scrittori e scrittrici che erano già dall'altra parte. Inutile stilare una lista che è quella di molti altri. Mi piaceva, comunque, la scrittura Ottocentesca, Emio De Marchi, nei racconti brevi, mi innamorò. E poi Luigi Capuana nei suoi racconti intitolati "Le Paesane". Splendidi, l'italiano vivido, le immagini fresche.Ricordo la gioia di andare a dormire con il libro ancora a metà... Intanto scrivevo. Andai al Salone di Torino, Proiettavano un bel documentario su Italo Calvino che spiegava che, con i libri, non si campa (carmina non dant panem). E ricordo, estasiata, che lo udii dire questo: "Nella vita bisogna fare molte operazioni di matematica, con carta e penna, addizioni, divisioni, sottrazioni, poi imparare molte poesie a memoria e ricordarsi che tutti ci può esser tolto con un grande polverone". E' vero, non si campa con i libri Io guadagnai i miei primi 200 euro con un racconto che vinse un premio letterario ad Ascoli Piceno. Il racconto si intitolava "Finalmente libera" e parlava di Monica, una compagna di scuola che avevo molto amato, morta in America, rincorrendo una madre che non la voleva. Ripenso a lei oggi che splende il sole e che Romaamor procede lentamente verso il suo destino.
2024-02-08

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Briciole di me, dal mio taccuino rosa Ho scritto il mio primo racconto a sedici anni. Si intitolava "Riti di passaggio" e non vi dico la trama perché magari un giorno cercherò di ripubblicarlo. Non mi ricordo più in quale anno lo mandai a un concorso letterario, il 6 concorso di Terre di Mezzo e vinse il secondo posto, guadagnandosi la pubblicazione. Fu una sorpresa perché Marcello Baraghini, di Stampa Alternativa, lo aveva escluso dalla pubblicazione nel mio "L'ingegnere" uscito come un classico (di allora) Millelire per i tipi appunto di Stampa Alternativa. Oh che strano! Ma avanti! Di quei tempi, veramente quasi nessuno ha saputo della mia "vittoria" e non ho vinto un bel nulla o forse sì un libro che si intitolava "Acque tragiche" mi resta un volumetto che, in copertina, reca un uomo chinato che osserva una lumaca nel suo lento andare. Il titolo: Folgorazioni. Era una folgorazione il mio racconto. Sì, in effetti.
2024-02-07

Aggiornamento

Il mio "Romaamor" non è nato così, per caso, un giorno d'inverno nella quiete romana. Nonono, nossignore, l'ho cominciato a scrivere, per dire così, bambina, nella casa dove sono nata, nelle giornate di giardino e giochi, trascorrendo un tempo di nulla che era tutto, Né televisione né telefono né quasi frigorifero, io, piccola, leggevo. Ore e ore, nel mio angolino, leggevo. Sì, leggevo. E i miei libri di allora (che leggevo e rileggevo in mancanza di altri) erano due solamente. Il primo, un grande volume (che qualcuno si è portato via, con grande mio dolore) di fiabe di Andersen, dove la mia preferita era la storia di Elisa e dei suoi tanti fratelli trasformati in cigni selvatici; e il secondo un libro di Lucy Maud Montogomery, scrittrice canadese, autrice di "Anna dai capelli rossi" (che tutti conoscono), ma anche del mio adorato "Marigold, la bimba dal cuore esultante". Vi si narravano, con ironia, brio e tenerezza, le piccole grandi avventure (in forma quotidiana) di una bimba dalle trecce bionde, che abitava in una grande casa affacciata sul mare, con zie, zii, nonne e parenti (tutti o Lesley o imparentati con essi) a fasci, ma che abitava, tutta sola, però in un mondo suo, di magia e di poesia. Infatti, come ho scoperto molti anni dopo il titolo del libro in inglese è "Magic for Marigold". Molti anni ancora dopo, ma non così tanti come quelli della mia scoperta del titolo, incontrai lungo la mia strada, anzi ebbi la gioia e la fortuna di incontrare lungo la mia strada, Donatella Ziliotto e Teresa Buongirno. La prima scout di Pippi Calzelunghe e anima della casa editrice Salani, la seconda scrittrice e giornalista e anche mamma di un mio ex amore, le quali mi spiegarono che, fin da subito, i bambini sanno scegliere quale sarà la via loro, e due in buona sostanza sono le strade: avventura o memoria. Dissi: "Io di certo, da bambina, scelsi la memoria". E loro, in coro: "Segui la tua strada allora!". La stavo appena imboccando quando me lo consigliarono e moli altri incontri (di scrittrici vive e già passate di là) dovevo incontrare: la trama in cui l'ordito è proprio, dopo Cuoresardo, questo mio Romaamor. E tutti e due i libri (Cuo0resardo pubblicato, Romaamor non so non credo) sono due dei tanti capitoli del più grande "Cigni selvatici" che è nel mio cassetto , con i tanti suoi segreti....
2024-01-31

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Eccoci arrivati, almeno, alla boa delle sessanta copie che fa di Romaamor un piccolo libro pubblicato, anche se in edizione limitata. Mi accontento. In tempi difficili è già tanto e ringrazio, uno per uno, quanti mi hanno dato fiducia e chi mi ha detto che aspetta di leggere il libro con gioia. Sì, ma un grazie anche a chi si è opposto e ha voltato le spalle al progetto, preso dai suoi pensieri, dai suoi lacci antichi, dai sentimenti che l'hanno popolato, giovane, per non lasciarlo mai. Grazie anche a loro.
Io continuo a remare per far sì che Romaamor arrivi al porto finale intitolato alle duecento copie, ma se proprio non ce la farà, pazienza, ci ho provato, ho scritto, ho riguardato, ho fatto il labor limae e poi ho inviato. Ora tocca al mondo e io, più di spingerlo con amore, non posso fare.
Avanti, evviva, un ciao rosa a tutti quanti
2024-01-24

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Dal mio taccuino rosa Ho deciso di tenere un bel conto preciso di quel che accade durante questo mio difficile crowd funding perché di Cuoresardo non ho tenuto scritto nulla e nulla mi ricordo. Come quando si ha un bambino e, per la gioia di stringerlo tra le braccia, nulla si ricorda dei nove mesi d'attesa che, per me, furono raggianti e ogni giorno avrei voluto viverlo due volte. Non così la marcia nel crowd funding che si scontra con segrete invidie, nascosti rancori, enigmatiche risposte, promesse non mantenute. Sì, ma poi arriva il messaggio di una conoscente, una della quale sai poco o nulla, e ti scrive per dirti che ha prenotato Romaamor perché ha tanto amato Cuoresardo e allora si va avanti, dimenticando tutto il resto e sotto il divino Manto (di cui non parlo) vado avanti con tanta allegria, anche se fosse un naufragio... Aggiungo in foto la bennibag (quella di destra con le roselline gialle) che ho cucito per Silvia che si è meritata questo ed altro...
2024-01-09

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Va bene, Celeste, che sia per ora un piccolo, allegro dialogo tra noi mentre fila la metropolitana lungo i suoi binari e poi lasciando il mondo e bucando la notte andandosene a zonzo tra le stelle. Sì, ecco molto meglio, prendiamo una metropoliutana che conduce nel firmamento e lì, in silenzio, ammiriamo le lucine che parlano al cuore. Oh non voglio farti andare a dormire pensando a cose tristi! E allora, una piccola storia tragicomica che non troverai in Romaamor perché si svolge a Torino. A diciannove anni o giù di lì, ancora bambina in cuore e ben lavata all'umiltà dall'Istituto Mater Dei, finii (non so neanche dir perché) a dare una mano a una certa compagna di classe, figlia di un addetto stampa della Camera dei deputati, in una importante Fiera del Libro. Dovevamo far da ufficio stampa al primo romanzo di Hugo Pratt. Dormivamo - Pratt e Corto Maltese nella stanza accanto - in un albergo zeppo di stelle, nel centro di quella città sull'attenti, savoiarda, un poco buia per i miei gusti. Lei la mia amica, che portava un nome tale e quale a una via consolare romana e aveva negli occhi di lampo verde una malizia di femmina a me allora sconosciuta, mi sussurrò fin dal primo giorno di stare in guardia: in albergo, infatti, non sapevano che io occupassi il secondo letto in camera sua... Come se non mi bastasse già l'insicurezza che portavo fin dalla culla cucita all'anima. Ogni mattina, dunque, con la pioggia o con il sole, rimboccavo per benino le lenzuola che, di notte, cercavo di gualcire meno della principessa sul pisello. Poi scivolavo, spolverando i muri, giù per le scale, senza metter piede in ascensore che non si sa mai. Lei, “l'amica”, mi aspettava neanche fossi una spia al bar dell'angolo. "Ti hanno vista?", sussurrava. E via in taxi alla fiera. Una mattina, mentre sgattaiolavo rasente i muri, facendo a precipizio le scale color porpora, incrociai un tipo impomatato, con dei gran riccioloni neri. Mi fermò, trattenendomi per la mano. Io, dal terrore, clandestina e rea qual ero, quasi gli sputavo il cuore mio in faccia... Ma lui, bonario, mi disse: “Non c'è bisogno che si rifaccia tutti i giorni il letto, signorina. Le cameriere sono pagate per questo...”. Io, color porpora come le scale.
2024-01-09

Aggiornamento

Me ne andavo, cuore a cuore con i miei pensieri, lungo le strade consuete che mi portano a Piazza Argentina, pensando a come scrivere il diario di bordo di Romaamor e mentre, desolata, osservavo la mia Roma sventrata dai lavori della metropolitana, ho pensato di far così. Ed ecco le istruzioni per l'uso. Salirò con voi su un vagone della Metro B, la più antica e di colore blu, e chi vorrà potrà sedersi insieme a me perché il vagone è tutto prenotato e c'è scritto fuori in grande "Romaamor" e, ad ogni stazione, racconterò una piccola storia che è, per me, grande e per voi non so. E comincerò ora stesso, un rigo dabbasso, con la stazione Rebibbia. Chiudo gli occhi sono lì. Eccomi, in altre primavere, aspettando un uomo che mi era molto caro e che ora è volato lassù. C'è lui che avanza lento, completo nel mio sguardo che lo inquadra tutto e ha una sacca in mano e niente più. Corriamo ad abbracciarci e vedo, dietro di lui, ma solo con l'occhio dell'anima che in me è acceso una piccola suora vestita di bianco: Suor Gervasia! Era quest'ovetto fresco di religiosa, grassottella, ricamata nella sua risata d'argento, un'orsolina la "fatina di Rebibbia", e aveva avuto dal suo ordine la dispensa e il permesso di occuparsi non di collegi femminili, ma dei detenuti del carcere di Rebibbia Ogni galetto era per lei "bello come il sole" e presto mi assunse al suo servizio e divenni così staffetta sua: comperavo penne per gli ergastolani, andavo a consolare i parenti dei reclusi, parlavo con gli avvocati, sgambettavo per i tribunali portando carte e documenti... Respiro. Che strano, quando mia mamma è volata lassù, ho trovato in un cassetto una gran busta con su scritto "Benedetta" e dentro tra le piccole cose della mia giovinezza un articolo di Epoca tutto dedicato a Gervasia come si faceva chiamare... Ecco ho finito, ora tocca a voi nei commenti, se vi va...

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Ho vissuto questo crowdfunding un po’ come fosse il mio e stamante al risveglio ho letto questa bella notizia, quindi ora la libreria e il tanto successo che – già so – meriterà questo libro, ma da qui ad ottobre perché non sperare per i prossimi obiettivi? Uno alla volta? Quindi via al consigliarlo per arrivare al secondo che è di sole 50 copie! Buona primavera!!!

  2. (proprietario verificato)

    Mi hai fatta ridere, ma mi hai messo curiosità, eri registrata o no all’albergo?
    In tutta verità devo dire che ieri sera non sono andata a letto triste, perché dopo aver scritto il commento, ho cercato in rete “Gervasia Rebibbia” ed ho scoperto l’esistenza (purtroppo anche la scomparsa) di questa magnifica donna, invito tutti i lettori che non la conoscono a cercarla.

  3. (proprietario verificato)

    Mi piace essere la prima, ma sembra che solo qui ci riesco… pensandoci bene non è vero, sono la prima ogni volta che scatta il rosso al semaforo quando tocca a me, sono la prima anche quando dal dottore è appena entrato il numero 15 ed io ho il 16, inutile continuare, sono la prima tante volte, inoltre sto completamente divagando, cosa c’entra questo con il libro o con l’aggiornamento odierno? Ah ecco sì, quello odierno è il primo aggiornamento e il mio il primo commento, sempre ammesso che non ci metto una giornata a scrivere.
    Che posso dire del libro? Nulla ovviamente, non l’ho letto. Dell’ggiornamento? Sì forse qualcosa.
    Da brava bimba viziata ho preso raramente la metropolitana, ma per me la fermata REBIBBIA è sempre stata, appunto, una fermata della metro, invece ora Benedetta mi fa pensare che è un luogo ben preciso. Un luogo triste e mi chiedo come mai lei abbia scelto per il primo aggiornamento di ROMAAMOR un posto triste, chissà se lo scoprirò durante questo strano viaggio.

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Maria Benedetta de Vito
Maria Benedetta de Vito laureata in Letteratura portoghese, giornalista professionista, ghostwriter, traduttrice, scrittrice, è nata e vive a Roma. Ha lavorato per più di vent’anni al Gazzettino e collabora con diversi siti Internet. Ha scritto L’ingegnere e altri racconti (Stampa alternativa, Millelire, 1990), Il naso Augusto (Moby Dick edizioni edizioni, 1995), C’ero una volta (Oltre edizioni, 2019), Cuoresardo (bookabook, 2023). Ha tradotto Lei non sarà mai infedele di Jeanne De Casalis (Nutrimenti, 2003) e L’enigma delle sabbie di Erskine Childers (Nuova Editrice Berti, 2012)
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