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Sbalzi d’umore

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Cosa succede nella mente di due adolescenti, alle prese con l’insicurezza e il senso di inadeguatezza, che si innamorano per la prima volta? Questo sentimento, così spensierato per alcuni, suscita in Marta e Gabriele ansia e inquietudine. La fuga sembra quasi la miglior alternativa, pur di non rischiare un eventuale rifiuto. A peggiorare la situazione ci sono i problemi familiari di entrambi. Un matrimonio in fallimento e un padre ipercritico spingeranno i due ragazzi verso una resa dei conti, con se stessi e con le proprie debolezze. Ma forse un peso, se si è in due a sostenerlo, potrebbe alleggerirsi…

Questa è la storia di un amore vivo e autentico tra due anime fragili, ognuna disprezzata da se stessa. Troppo simili per avvicinarsi davvero, ma che si attraggono inconsapevolmente come due opposti.

Questa è la storia dei loro problemi, della vita di tutti i giorni, del sentirsi diverse dagli altri e inadeguate, nonostante il desiderio di conformarsi come pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente.

Entrambe sono coinvolte in un’eterna battaglia contro loro stesse, contro il flusso incessante di pensieri che ostacola le loro scelte. È una competizione che le spinge a combattere giorno dopo giorno. Perché l’adolescenza è il più grande scontro che la vita può offrire.

La sfida consiste solo nel restare sul ring, liberandosi da una trappola tortuosa e labirintica: la mente degli adolescenti che pensano troppo.

Prologo

Lui non capisce che lei ha solo bisogno di qualcuno che riconosca il suo dolore. Che sappia curarlo perché lo prova e che percepisca quanto possa essere dannoso per lui. Che quindi la spinga a uscirne, a impegnarsi affinché questo dolore si trasformi in una forza. Lei vuole solo aiutarlo. Ma lui ha paura di coinvolgerla in quell’inferno che non gli dà tregua.

Nessuno dei due si rende conto dell’opera d’arte che, solo insieme, possono formare. Perché gli opposti si attraggono, ma non sono destinati a durare. Invece i simili si marchiano per sempre.

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Capitolo uno

Gabriele

Sfreccio per il campo schivando i miei compagni di squadra. Riesco a divincolarmi senza problemi e a tenere il pallone mentre avanzo verso la porta. Di solito non faccio gioco solitario, ma oggi è diverso. Oggi voglio azzardare senza la paura di fare una cazzata. Tanto è solo un allenamento e le tribune sono vuote, eccetto per le ragazze di alcuni compagni.

Tengo il pallone e difendo la fascia destra del campo, concentrato, fino a quando Marco svia da metà campo, pronto a correre in avanti per attaccare. Gliela passo, poi penso a quanto sia sopravvalutato il ruolo di attaccante. Per quanto io possa difendere bene, per quanto io possa portare all’azione che permetterà di segnare, non è mai merito mio. Sempre e solo di chi la manda in rete. Ma va bene così, d’altronde non avrei mai potuto essere io l’attaccante. Se segni ti adorano tutti, se sbagli prendi solo insulti. Io odio l’ammirazione eccessiva e odio deludere. E sotto pressione sbaglio sempre. Ma solitamente quando gioco a calcio non lo sono, cerco di dare il meglio di me in ogni partita, mantenendo la calma. Fino a qualche anno fa le tribune piene mi mettevano in soggezione, gli sguardi puntati su di me, mentre eseguivo l’azione, erano qualcosa da temere; ma crescendo ho capito come passarci sopra. Adesso riesco quasi a non darci più peso. Quasi.

Continuo a correre lungo l’estremità del campo sino a sfinirmi, e quando terminiamo sono ricoperto di sudore dalla testa ai piedi. Nello spogliatoio regna il caos: volano maglie sporche e scarpe maleodoranti, il fremito della partita del week-end comincia a farsi sentire. Tutti, a petto nudo, si radunano attorno a Davide, che sta mostrando qualcosa sul telefono. Deve essere il profilo Instagram di una ragazza.

«Gabri, guarda qui.»

Mi avvicino curioso al capitano e sposto lo sguardo su una bionda in bikini con un seno esagerato. Bella e comune. Ma comunque irraggiungibile per me. La squadra mi guarda in attesa del mio commento, non li faccio aspettare.

«È clamorosa, zio.»

Mi sorride in approvazione. «Certo che lo è. È la tipa con cui mi sento.»

Ci complimentiamo con lui, assicurandogli che è mille volte meglio di Aurora, quella della settimana prima. Davide è così: il numero dei suoi follower e il suo fisico palestrato gli permettono di mostrarci una ragazza nuova quasi ogni settimana.

Mi affretto a prepararmi e partecipo al discorso intervenendo con qualche cazzata divertente, come mi sono allenato a fare. Poi però i miei occhi si spostano su Simone. Se ne sta lì, in un angolino, mentre infila tutto dentro la borsa e si mette le scarpe alla velocità della luce. Tiene lo sguardo basso e sta in silenzio, non vede l’ora di levarsi di torno. Perché lì dentro nessuno lo considera, ed essere ignorati fa schifo. Ti rende insostenibile anche solo stare in un posto.

Lo guardo con sincera compassione, sperando, come ogni volta, che oggi per lui sia diverso, che si decida a parlare. Non capisce che deve fare tutto da sé, che non sono gli altri che verranno da lui perché provano pena, che se la deve sudare l’accettazione in un gruppo. E non è colpa sua, il fatto è che, nel mondo del calcio, se sei uno timido e riservato, non duri tanto.

D’un tratto, Simone gira il volto esaminando chi ha intorno, e i miei occhi si accendono; se mi guardasse potrei lanciargli uno sguardo di incoraggiamento, ma non lo fa. Uno, due, tre secondi e poi… i suoi occhi tornano sul borsone che si carica in spalla. Ha perso anche oggi e, silenzioso e in fretta, abbandona lo spogliatoio. Nessuno ci fa caso.

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Sara Marinelli
Classe 2004, nasce e cresce a Genova. Dopo il liceo scientifico frequenta la facoltà di Psicologia, spinta dal desiderio di conoscenza dell’intima fragilità delle persone. A diciotto anni scrive “Sbalzi d’umore”, il suo secondo romanzo, trovando nella scrittura lo strumento per esprimere se stessa e raccontare la sua generazione.
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