Prefazione
“Scusaci, Mansi.” È quanto ti ritrovi ad ammettere inevitabilmente alla fine della lettura di Semolino, purè, mela cotta. Dai, cosa c’è di più noioso che seguire uno che mangia – e tu no –, per di più cibo ospedaliero? L’ammetto, l’ho pensato… e ora che l’ho letto mi tocca chiedergli scusa.
L’argomento dona originalità e l’ironia ne fa un divertissement piacevole. L’arguzia nel dosaggio sapiente delle parole rende le descrizioni straordinariamente immersive. Citazioni colte di ogni genere impinguano il testo, senza gravarlo ma facendone molto più che un testo – banalmente – riuscito. Tutto ciò fa di Semolino, purè, mela cotta una vera e propria opera letteraria. Fortunata.
In futuro, alunni imbeccati da abili intelligenze artificiali, in antologie à la carte, troveranno in questo libro un’occasione brillante per conoscere chi fossero i Millennial, e questi troveranno in Mansi un ambasciatore anche troppo generoso nel descriverli. Perché la cultura che trasuda da queste pagine rappresenta più che degnamente una generazione di liceali raffinati e moderni, capaci di nutrirsi di secoli di cultura senza musealizzarsi, di fare zapping tra registri narrativi così diversi da sembrare inconciliabili.
Leggendo ti ritrovi ora in un fumetto, ora a teatro, nelle pagine di un diario, in una rubrica radio, e ancora in un vero e proprio palinsesto televisivo, che sa passare dalla documentaristica al reality, dalla divulgazione scientifica al varietà di qualità, senza tralasciare trailer, previously, stacchi pubblicitari. Incredibile.
Continua a leggereAll’inizio ti affidi con riluttanza alla narrazione di Mansi, e senza accorgertene ti ritrovi a essere guidato e accompagnato nel viaggio da più voci narranti, per poi sorprenderti nell’essere in qualche modo tu stesso a narrare. Mansi, infatti, è così bravo a dare voce ai pensieri di te lettore, nel momento giusto, che non puoi non credere alle connessioni “aroma-telepatiche” che l’autore richiama spesso, e finisci per trovarti lì, a mangiare cibo ospedaliero al posto suo, sei d’accordo coi voti che dà, anzi sei straconvinto che siano quelli giusti. Incredibile.
E poi c’è proprio lui, Mansi. Nell’intrico di registri linguistici e nell’affollarsi di domande e acute riflessioni, che spaziano dalla fisica alla filosofia fino alla matematica, l’autore – che parla di sé in terza persona come Cesare, donando epicità al racconto – si fa conoscere e riconoscere, anche con raffinata autoironia, e tu ne respiri le emozioni, il pensiero, sei con lui quando torna alla sua infanzia o alla mensa universitaria, come fossi accompagnato dagli spiriti del Canto di Natale di Dickens. In qualche occasione ne avverti pure qualche vera preoccupazione, che ti riporta in un balzo al presente, ancora più vicino a lui.
A poco a poco il viaggio si arricchisce di personaggi e compagni di viaggio, che anche a te viene da salutare, e la lettura ti risucchia e ti condanna ineluttabilmente al binge reading. Mansi lo sa, e lo scrive! Lui è in ospedale, ma non ci chiede comprensione né compatimento né altro; non siamo noi a fargli compagnia, è lui a farcela, facendoci entrare da privilegiati nella sua intima esperienza.
Dovessimo dargli un voto noi, sarebbe dura: premiarlo subito o incoraggiarlo a scrivere ancora? Preferiamo piuttosto fargli un grande e sincero augurio, dal cuore, che continui a scrivere – ne siamo avidi! – ma che non debba più scrivere da un nosocomio, perché gli vogliamo bene. E ora ancora di più, perché gli siamo sinceramente grati.
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Serena Scipioni (proprietario verificato)
Del cibo d’ospedale abbiamo sicuramente sentito parlare tutti, solitamente non con parole di encomio.
Nell’opera del Mansi il cibo d’ospedale verrà descritto in modo che “voi umani non potete nemmeno immaginare”, accompagnandovi in un viaggio fuori e dentro il Mansi che irrevocabilmente diventerà un viaggio fuori e dentro di voi.
Mi spinge a dire che, dopo aver letto questa esperienza del Mansi, avrei quasi voglia di farmi ricoverare per fare un viaggio tra i sapori nosocomiali anche io, ma visto che proprio il Mansi ci insegna che la salute è importante, mi limiterò a rileggere il suo bellissimo e divertente libro.
Donna Lynne Mansi (proprietario verificato)
“Semolino, purè, mela cotta” è il titolo del primo libro di Antonio Mansi. Senza dubbio questi ingredienti così elencati non fanno assolutamente presagire pasti “pantagruelici”. Questo è ciò che ho subito pensato. E siccome sono anziano e goloso, ho storto il naso. Dopotutto il titolo è privo di presunzione, privo di allettamento, privo di seduzione. E allora perché al Mansi, mi sono domandato, è venuto in mente di scrivere un libro su questi tre perdenti gastronomici? Dopo aver subìto un leggero turbamento, ho ripensato a quell’aggettivo “pantagruelici” e mi è venuto in aiuto il celebre romanzo di Rabelais. A questo punto, con l’occhio della mente ho trasformato, senza una particolare logica, i tre ingredienti del titolo in “tre cavalieri”. Sì, in cavalieri con l’arduo compito di distruggere i denti del protagonista per impedirgli la masticazione. A questo punto, tutta l’impalcatura ha iniziato ad intrigarmi. L’ho preordinato, e dopo aver letto le bozze, ho pensato di nuovo a Rabelais, ed ho capito che il Mansi, come l’autore francese (nel quarto libro di Gargantua e Pantagruel) condanna “gli agelasti”, ossia coloro che non sanno ridere: d’altronde, nelle parole di Fryderyk F. Chopin, “chi non ride mai, non è una persona seria”; e se voi, aggiungo io, siete persone serie, vi invito a leggere “Semolino, Purè, Mela cotta.” Commento di Francesco Mansi
Donna Lynne Mansi (proprietario verificato)
Un episodio per “True Story Magazine” … Because truth is stranger than fiction!
Ognuno di noi affronta la vita a modo suo…Antonio lo fa con autoironia e attingendo a tutto quello che la vita gli ha insegnato finora, ma sempre con uno sguardo all’orizzonte e a quello che deve ancora avvenire. “Semolino, Purè, Mela Cotta” ne è la prova!
Vita Laterza (proprietario verificato)
Chi più o chi meno nella vita avrà consumato dei pasti a mensa, associandone un giudizio negativo. Ecco, questo libro è in grado di farci ricredere su tutto quello che abbiamo pensato fino ad ora; anche i pasti della mensa hanno del potenziale, bisogna solo saperlo cogliere!