I. LA NOTTE
IN CUI BISCOTTO DIVENTÒ SERGENTE
A Biscotto non erano mai piaciute le galline. Li trovava animali inutili, petulanti, con quel loro muoversi a vanvera e chiedere: «Dove andiamo? Che succede? Chi è questo?».
Le galline erano animali fastidiosi, Biscotto l’aveva capito appena arrivato alla Casa. Era solo un cucciolo, ma ricordava bene quel giorno: l’addio ai suoi fratellini e sorelline, i pianti della mamma che l’aveva visto salire in macchina e andarsene, quello strano uomo che era venuto a prenderlo… Non era stato un bel giorno, tutt’altro! Ricordava di aver pianto durante il viaggio verso la sua nuova casa e quando finalmente era arrivato, l’aveva odiata.
Tutti quegli animali che non aveva mai visto, gatti, galline, conigli. Una donna era uscita in cortile: era alta quasi quanto l’uomo e a lui aveva fatto paura. Tremava come una foglia e cercava dove nascondersi. Poi, dalle spalle della donna, era arrivata Maya.
Aveva i capelli castani molto chiari, un po’ mossi ed era più bassa dell’uomo e della donna. Con il tempo Biscotto capì che questi ultimi erano i suoi genitori e che lei aveva solo otto anni, mentre loro molti di più. Ecco perché erano così alti!
«Maya! Vieni a vedere cosa ti ha portato papà!» le avevano detto. Quando lui e Maya si erano visti, era stato come se una luce si fosse accesa da qualche parte nel cuore di Biscotto e si fosse riflessa in quello di Maya. La bambina e il cucciolo di cane si erano piaciuti subito e quando lei l’aveva preso in braccio, lui aveva smesso di tremare.
Pensò che avrebbe fatto di tutto per quel piccolo essere umano e la paura che aveva provato era sparita, così, all’improvviso.
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Erano passati due anni da quel giorno, ma una cosa non era cambiata per Biscotto: l’amore verso Maya e il suo totale disinteresse per le galline.
Fino a quella notte. La notte in cui Biscotto diventò sergente.
La Casa era una grande cascina con un vasto giardino e che alle spalle aveva una foresta di bambù. Non erano molte da quelle parti: attraversato il primo tratto, quella vicino alla Casa diventava un bosco come siamo abituati a vederli, con abeti, querce e faggi.
Biscotto non andava mai oltre il giardino della Casa. Gliel’aveva raccomandato Barry, il cane più anziano, una femmina dal pelo nero come la notte e di razza indefinita.
Gli aveva detto: «Sei un cane da casa, non ti conviene andare là». Si riferiva ai bambù e oltre. «Non tutti i cani sono come noi, soprattutto quelli che vivono liberi.»
«I randagi?» aveva chiesto Biscotto, con l’innocenza di chi sta ancora scoprendo il mondo.
«Sì, i randagi» aveva risposto Barry. «Ci sono quelli che t’ignorano, ma anche altri incattiviti dalla vita dura che fanno. Loro non hanno un pasto ogni giorno e un padrone che gli vuole bene. Non ti conviene andare là.»
Un giorno Barry se n’era andata. Maya aveva pianto un po’, ma c’era sempre il suo Biscotto a consolarla e la tristezza, poco a poco, era svanita.
Ogni tanto Barry tornava a trovare i suoi vecchi amici (andava d’accordo anche con le galline – Biscotto proprio non capiva come facesse! – e gli altri animali della Casa) e raccontava le sue avventure.
Parlava di com’era partita per esplorare il bosco, della sua nuova vita lì e della nostalgia che ogni tanto sentiva per la sua vecchia cuccia. Ma, in fondo, l’aveva sempre saputo: non era nata per essere un cane domestico, il suo posto era tra gli alberi.
Ogni volta Biscotto l’ascoltava e sognava anche lui una vita avventurosa. Poi però, il pensiero tornava a Maya, a quanto avrebbe pianto se anche lui se ne fosse andato, allora accantonava i suoi sogni e tornava a giocare in cortile, con gli altri animali e con Fang.
Sì, perché dopo la partenza di Barry, il padre e la madre di Maya erano arrivati a casa con un nuovo cane: Fang, detto Fischietto.
Questo soprannome derivava da una malformazione con cui il povero Fang era nato. Aveva un taglio sul labbro inferiore e un dente più lungo degli altri che sporgeva all’insù, proprio come una zanna. Il suo nome l’aveva scelto Maya dopo averlo letto sul libro d’inglese della scuola: Fang, appunto, significa zanna.
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