Ma anche un terremoto non può essere issato a causa superiore della fine di un paesino. A meno che la scala Mercalli non si agiti ben bene fin su al decimo grado per svariati secondi; distruggendo edifici, mietendo vite umane come spighe di grano a fine giugno e aprendo voragini nel suolo da cui l’inferno richiama spaventosamente le anime dei peccatori.
No.
La causa andava ricercata più a fondo e più all’interno. La Serravalle, come tutti se la ricordavano e come tutti la rivolevano indietro, era stata uccisa unicamente da un pensiero.
Anzi, più pensieri sfiduciati e disperati messi assieme, di gente che si ritrova sulla stessa barca che malauguratamente cola a picco. E, un pensiero era anche quello che stava facendo chi osservava Lillo sgattaiolare tranquillo, inconsapevole di prendere proprio la sua traiettoria. Il nostro micio scorrazzava affrettandosi, ironia della sorte, verso il cimitero comunale, tra Serravalle e la frazione Bavareto. Per quella sera, si era già servito lautamente al desco della straniera e adesso aveva da fare anche perché era quasi metà maggio, e c’erano alcune gattine che non riuscivano davvero a tenersi aspettando la sua visita.
Lillo si fermò davanti a una mano umana, che gli passò le dita sotto il mento peloso accarezzandolo.
Il gattino annusava piano quelle dita rugose e indietreggiò un paio di centimetri sentendo una piccola risata venire da quell’animale a due zampe, bello rinsecchito per via dell’età.
«Cerchi qualcosa, eh?» gli disse il bipede.
Lillo si concesse altre piccole e brevi annusate prima di voltare decisamente il musetto e allontanarsi, anche perché le mani dell’uomo sapevano di cioccolata. Anzi più che cioccolata era un odore molto simile alla Nutella, anche se il micio non poteva proprio sapere cosa fosse.
Ma di sicuro si trattava di un odore a lui sgradito.
«Vieni qua, dove vai?» disse l’uomo agitando il braccio e richiudendogli la mano grinzosa sulla collottola.
Lillo prese ad agitarsi e l’uomo lasciò subito la presa.
«Volevi andare via, eh?» Lo accarezzò riuscendo a stento a vedere, nel buio che si infittiva, le orecchie del gatto belle ripiegate all’indietro. «E se ti dico che ti capisco?»
Lillo si sollevava sulle zampe facendo per andarsene… ma il vecchio uomo non ha finito. Lo stringe di nuovo per la collottola, non troppo forte. Poi però lo tira su portandolo verso la macchina.
«Non saresti il primo che se ne vuole andare.»
Il micio, non capendo i versi umani, si divincola agitandosi ma l’uomo, adesso, stringe di più la presa.
«Buono» dice premendosi l’animale addosso con una mano per non farlo scappare, mentre con l’altra apre il bagagliaio della sua auto guardandosi intorno. Anche se a quell’ora non ci sarebbe stato pericolo.
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