Era stata la mia amica Raissa a spronarmi e a convincermi, lei aveva lavorato al Phi Beach anche l’anno prima e ne era entusiasta, mi stava aspettando già da maggio. «Fidati, si lavora tanto ma è una figata! E ti ci vedo proprio.» Se Raissa descrive qualcosa come “una figata” so che ci si può fidare davvero. Mi conosce da quando avevamo sedici anni e per molti aspetti siamo simili, anche se lei ha sempre avuto le idee più chiare sul suo futuro.
Per me era la prima esperienza di quel tipo ed ero curiosa, eccitata, impaziente. Adoravo l’idea di poter unire vacanze e lavoro. Fino a quel momento avevo lavorato come ragazza immagine in qualche locale – divertente quando si è giovanissime, poi basta! – e poi come indossatrice, ma avevo voglia di cambiare. Nella mia testa si mescolavano da tempo desideri e prospettive diverse, strade iniziate e abbandonate che però restavano lì, in attesa. Avevo la tendenza a iniziare mille progetti e propositi, senza poi portarli a termine. L’anno prima mi ero addirittura iscritta a Miss Mondo Italia, dopo aver letto un articolo in merito su un giornale, d’istinto e senza dirlo a nessuno, come stimolo per recuperare fiducia in me stessa e autostima. Arrivata alla semifinale nazionale che si sarebbe disputata a Gallipoli, però, avevo abbandonato anche quel percorso per una proposta di lavoro estivo dell’ultimo minu-to: ero continuamente alla ricerca di novità, insoddisfatta, faticavo a comprendermi perfino io. Nel frattempo, quell’idea di specializzarmi in interior design mi solleticava da quando avevo finito l’istituto d’arte, ma in quel momento ero troppo irrequieta per sistemarmi in un banco tutti i giorni a seguire i corsi di quell’accademia a frequenza obbligatoria che avevo adocchiato. Già avevo perso un anno al liceo scientifico – lezione imparata: meglio seguire il cuore! –, ormai scalpitavo per entrare nel mondo vero e proprio. Avevo voglia di fare, di attivarmi, subito, perciò il lavoro aveva prevalso sullo studio. Senza rimpianti o sensi di colpa, però: tutto era ancora aperto! Sin da quando ero piccola, ed ero sempre la più alta della classe, tutti mi dicevano che da grande avrei potuto fare la modella, perciò sono cresciuta con quell’idea che mi stuzzicava, e i miei genitori inizialmente la approvavano, tanto che a quindici anni mi accompagnarono a Milano per farmi fare i primi passi nel mondo della moda: seguii un corso di dizione e di porta-mento e feci il mio primo book fotografico con cui poi mi sarei presentata alle agenzie per lavorare. Fu emozionante, e quel mondo mi piacque.
Mamma e papà, però, furono fermissimi su un punto: la scuola veniva prima di tutto, e finché non sarei stata maggiorenne loro avrebbero guidato le mie scelte per far sì che non deviassi da quel principio distraendomi dallo studio. Fino ai diciotto anni, quindi, fui molto vincolata e lavorai solo sporadicamente in quel mondo che mi si stava aprendo davanti. Dopo, la musica cambiò e presi in mano la mia vita a modo mio: iniziai a lavorare, appunto, come indossatrice a Firenze, poi provai anche a Milano, ma lì la competizione era feroce, perciò decisi che il gioco non valeva la candela e mi buttai in un ambiente nuovo, la Spagna. Trovai un’agenzia per modelle a Barcellona, la Barcino Management, e per un po’ feci la spola tra Italia e Spagna. Fu un periodo euforico. Non sapevo però se quello sarebbe stato il mio lavoro a lungo termine, non ancora. I miei genitori erano un po’ scettici di fronte a molte delle mie scelte fatte dopo il liceo, ma avevano adottato la linea del lasciarmi fare, senza supporto esplicito, ma anche senza imposizioni. Spesso però percepivo la tacita disapprovazione di mia madre, o preoccupazione, se vogliamo chiamarla così (anche comprensibile, certo). Questo a volte mi rendeva un po’ nervosa, ma avevo ormai deciso di non precludermi nulla e di non rincorrere nulla con troppa fretta, chissà cosa mi avrebbe riservato la vita. Per questo, a venticinque anni, ogni esperienza nuova mi sembrava un’opportunità. In fin dei conti, sono sempre stata una sognatrice… una sognatrice pragmatica, e sono convinta che non sia una contraddizione.
Andrea Paliotto (proprietario verificato)
Una breve storia di vita vissuta che mette in luce i pensieri e i sentimenti che tutti noi abbiamo avuto nel periodo tra i 20 ed i 30 anni. La bella vita, il mare, l’estate, l’insicurezza sul futuro, ma anche la necessità di fare quello che ci dice l’istinto piuttosto di quello che ci suggerirebbe la testa, il più delle volte cadendo, ma sempre rialzandoci. Molto piacevole e super consigliato a chi ama il genere!
Chiara Fattorini (proprietario verificato)
Consiglio la lettura di questa storia, molto fresca e movimentata, di una giovane ragazza di nome Silvia – alter ego della scrittrice – piena di voglia di vivere e di godersi a pieno la vita in un momento di passaggio e di indecisioni per il futuro, che non si ferma davanti a nessuna difficoltà o timore, e che, nonostante una storia d’amore andata male che per un momento ha rischiato di farle perdere l’entusiasmo, si rialza più forte di prima. Ci mostrerà come la stessa causa del suo male si rivelerà un mezzo che la spingerà a riscoprire una libertà che prima neanche sapeva di avere attraverso viaggi emozionanti e pieni di divertimento.