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Speciale normalità. Come diabete e celiachia hanno fatto di me un campione

Speciale normalità. Come diabete e celiachia hanno fatto di me un campione

La campagna di crowdfunding è terminata, ma puoi continuare a pre-ordinare il libro per riceverlo prima che arrivi in libreria

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Consegna prevista Giugno 2024

Diabete e celiachia sono la mia speciale normalità, ciò che mi rende speciale agli occhi degli altri, ma tanto normale ai miei. Sono state proprio le malattie a rendermi un campione. Il libro sottolinea i problemi che un ragazzo diabetico e celiaco si trova ad affrontare quotidianamente, ma non solo. È una riflessione interiore caratterizzata da stati d’animo ed emozioni che riempiono i pensieri, senza tralasciare l’effetto che le malattie provocano su questi. Racconta il mio mondo, il pattinaggio ed il ruolo della mente dentro e fuori le gare. Parlo della bellezza di viaggiare e conoscere il mondo grazie allo sport, anche se sempre obbligato ad una costante attenzione verso i miei dispositivi salvavita. La narrazione attraversa anche le relazioni con le persone che hanno ricoperto un ruolo importante nella mia vita. Fondamentale è il supporto ricevuto dalla famiglia, ma anche il rapporto con compagni di squadra, avversari e fan.

Perché ho scritto questo libro?

Il libro vuole essere un racconto autobiografico e come le malattie hanno permesso di far emergere il mio carattere vincente. Ho scelto di raccontare la mia storia per poter ispirare altre persone che sono affetti da diabete e celiachia. Dimostrare che le proprie debolezze possono trasformarsi in virtù che ci rendono unici, speciali agli occhi degli altri. Il libro ha anche lo scopo di sensibilizzare le persone verso queste malattie e di raccogliere soldi a sostegno di Fondazione Italiana Diabete per la cura del diabete.

Speciale normalità. Come diabete e celiachia hanno fatto di me un campione

Lorenzo Guslandi e alcune medaglie al collo

ANTEPRIMA NON EDITATA

Apro gli occhi, sono quasi le otto di mattina, appena qualche minuto prima che suoni la sveglia, ormai il mio corpo sa che è il momento d’iniziare una nuova giornata. Frugo tra le lenzuola, seguo il filo, alla ricerca del microinfusore, il mio pancreas artificiale. Finalmente lo trovo. Come spesso accade durante la notte si è staccato dai pantaloni del pigiama e ora vaga libero tra le lenzuola. Velocemente lo rimetto a posto e mi ritrovo seduto sul bordo del letto. Controllo la glicemia. 124, buono. Faccio l’insulina già pensando alla colazione che mi aspetta. È probabilmente il pasto della giornata in cui mangio di più: frutta, latte o yogurt e una fetta abbondante di torta senza glutine fatta in casa da me. Tutto un altro sapore rispetto a quella del supermercato, mai così buona e fresca. 70g di carboidrati circa, do l’ok e il microinfusore inizia a fare il suo lavoro, erogando la dose d’insulina. Nel frattempo sono già sceso dal letto e, con gli occhi ancora socchiusi, mi dirigo verso la scrivania, sulla quale la sera prima avevo già preparato i vestiti per l’allenamento della mattina.

La parte più difficile arriva quando cerco di infilare le calze. In bilico, su un piede, stando in equilibrio precario come un fenicottero , le infilo una ad una. I piedi ancora non sono pronti ad affrontare la giornata e, appena le calze tecniche li stringono, gemono, chiedono pietà e se ne vogliono liberare. Un po’ di dolore ma, dopo qualche passo verso la cucina, trovano il loro spazio. Inizio colazione mentre i miei genitori e mia sorella stanno ancora dormendo, succede spesso quando vado a pattinare presto la mattina. Sto tagliando una piccola fetta extra di torta alle mele e penso: ”che giorno è oggi?” Giro lo sguardo verso il calendario appeso alla parete della cucina. Mercoledì. Ok, stasera dovrò cambiare il catetere, mentre dopo domani il sensore”, penso tra me e me.

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La mia vita è cadenzata dal diabete e dalla sua gestione. Infatti almeno ogni 12 ore devo fare la prova” cioè un piccolo prelievo di sangue capillare dalle mie dita per calcolare gli zuccheri presenti nel sangue, cioè la mia glicemia. Questo mi permette di calibrare il sensore, un piccolo dispositivo a forma di conchiglia che rileva ogni 5 minuti la glicemia e il suo movimento nel tempo, avvisandomi se sta salendo o scendendo. Questo lo devo sostituire dopo 7 giorni precisi. Ha il countdown al minuto. Il sensore manda in modalità wireless il risultato al microinfusore, il mio pancreas artificiale. È connesso al mio corpo 24 ore su 24 attraverso un agocannula sottocutaneo che devo sostituire ogni 3 giorni affinché non si infetti.

Entro in macchina e accendo la radio che mi tiene compagnia fino alla pista. Mentre sto guidando squilla il microinfusore. Che palle!” Sto salendo di glicemia, probabilmente avrei dovuto fare un po’ più di insulina prima. Faccio una piccola correzione, fortunatamente presto inizierò a pattinare e la glicemia comincerà ad abbassarsi.

È una fredda mattina d’inverno, il Sole pallido in cielo cerca invano di scaldare l’aria e io sono bardato fin sopra i capelli. Tra guanti, scaldacollo, cappello e cappuccio, solo gli occhi sono liberi. Infilo la maglia nei pantaloni, ma come al solito rimango scoperto proprio là dove c’è il microinfusore.

Odio non riuscire mai ad infilare la maglietta nei pantaloni, il filo non me lo permette. Così il freddo entra sotto la felpa e mi sale un piccolo brivido dalla schiena. Senza sedermi per terra, sempre facendo la mossa del fenicottero, calzo i pattini uno alla volta e, rinfilati i guanti, inizio a riscaldarmi tra i coni. Oggi però avverto qualcosa di diverso. È il 22 dicembre, fino a due giorni prima mi trovavo a Valladolid, in Spagna, a combattere per il titolo Europeo e ieri ero al Politecnico di Milano a discutere la laurea magistrale in Design della Comunicazione. Eppure avverto un vuoto di fine stagione diverso dal solito…e dire che pattino da 18 anni, di cui 11 di gare professionali. Ma in questo momento è differente. Per la prima volta mi trovo alla fine di una stagione sportiva povera di eventi, ma io sono ancora pieno di energia. Infatti, per via del Covid-19, quest’anno le gare sono state limitate, eppure ora devo svuotare la mente per creare il lavoro per il nuovo anno, dopo due stagioni che mi alleno seguendo il programma che mi ha portato a vincere il titolo europeo.

Sgombero la mente da tutti questi pensieri e cerco di concentrarmi. Poi avverto una sensazione, ogni tanto vorrei rilassarmi di mattina, ma poi il diabete mi urla contro e ricordandomi che è un pensiero futile. In realtà non sono stanco, ma la glicemia, salendo, induce una sensazione di sonnolenza; fermarsi a riposare peggiorerebbe solo la situazione. Non è un desiderio vero che viene dal profondo del cuore, ma una trappola del cervello, alla ricerca di piacere provvisorio e non duraturo. Ho imparato che la via per la felicità è un percorso inizialmente faticoso e solo quando la raggiungiamo ci appare così semplice. Per un attimo provo una sensazione di gioia, proprio quella che sento dopo un allenamento intenso ma soddisfacente. Credo che solo pochi possano capire veramente il mio stato d’animo, amo alla follia il pattinaggio, tanto che più passa il tempo più mi rendo conto che non voglio farne a meno, o forse non posso farne a meno. Parlo di pattinaggio, vivo di pattinaggio, mi nutro di pattinaggio. È la colonna che regge il mio tempio. È uno sport individuale, ma allo stesso tempo di gruppo. Da un lato è bellissimo sentirsi parte di una community di skaters, come se fossi membro di una grande famiglia nella quale chiunque, nonostante nazionalità e culture differenti, parla la stessa lingua, quella dei pattini. Dall’altro però è uno sport fortemente individuale e solitario. Sei tu nella fila con i pattini e i tuoi pensieri. Di quest’aspetto amo il rapporto che negli anni ho costruito con questa disciplina. La continua sensazione di sfida che mi provoca, la ricerca della perfezione nei gesti tecnici che mi autoimpongo e l’autodeterminazione a raggiungere gli obbiettivi che mi prefiggo sono aspetti del mio carattere che ho imparato e sviluppato negli anni. Il pattinaggio mi ha aiutato a sbocciare e diventare chi sono adesso (anche se a volte mi chiedo se veramente so chi sono) ma la mia maturità non sarebbe mai stata così completa senza l’aiuto del diabete e della celiachia. Sembra strano all’orecchio di qualcun altro, ma spesso mi ripeto :”grazie diabete e grazie celiachia per la forma mentis che mi avete aiutato a sviluppare”.

Mentre tutti questi pensieri avvolgono il mio animo, abbasso lo sguardo e leggo I DO MAGIC” scritto da me a caratteri cubitali sulla punta dei miei pattini.

Ora l’allenamento può davvero avere inizio.

 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Lorenzo Guslandi
Sono nato a Monza, l’11 Settembre 1997. A 3 anni mi è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 e l’anno successivo la celiachia. Per me è come se fossi nato così, non so quindi cosa voglia dire essere “normale”.
Ho vissuto un’infanzia protetta. Per paura delle malattie i limiti non li potevo vedere, la protezione che ricevevo me li nascondeva, vivevo tranquillo, ignaro, sotto costante sorveglianza per far sì che tutto andasse bene e che non mi sentissi diverso.
Eppure c’erano limiti che potevo raggiungere ed oltrepassare. Questi erano negli hobby che avevo. A 6 anni mi sono innamorato del pattinaggio. Da quel momento non ho più sfilato i pattini dai piedi, cosciente di quanto questo sport mi aiutasse a stare meglio. Diabete e celiachia erano i motivi per cui facevo sport. Oggi sono fiero del mio percorso. Attualmente detengo 4 titoli Mondiali, 9 Europei e 30 Italiani, pronto per nuovi.
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