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Specialità Romane

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La campagna di crowdfunding è terminata, ma puoi continuare a pre-ordinare il libro per riceverlo prima che arrivi in libreria

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Consegna prevista Agosto 2025
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Se tutti gli Italiani sono, come sta scritto su un famoso palazzo a Roma “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”, i Romani sono anche automobilisti esauriti che non arrivano mai in tempo, corrieri pazzi stritolati da tempistiche disumane, scooteristi esagitati che si sentono invincibili e rischiano la vita, autisti di bus esasperati destinatari di lamentele nonostante l’ineluttabilità del traffico cittadino, mamme logorroiche al bar che accompagnano i figli a scuola e poi gareggiano in protagonismo, mariti innamorati ma abbandonati da qualche parte al centro commerciale, farmacisti furbi pronti a venderti inutili rimedi miracolosi, ipocondriaci al pronto soccorso in cerca di umanità, bancari affabulatori alla ricerca di persone ingenue, impiegati postali altruisti, liceali modello e assistenti universitari frustrati.

Perché ho scritto questo libro?

Con la mia macchina da presa immaginaria ho filmato Roma e raccontato i suoi protagonisti, me per primo, storie così ordinariamente surreali, ma anche dense dell’umanità di chi non si arrende. Il Romano è capace di trasformare, con la creatività del suo linguaggio, ogni incontro in uno spettacolo teatrale. Non si rassegna, preferisce riderci sopra – aoh – mentre il Tevere scorre imperterrito sotto i ponti di questa città.
La bellezza forse salverà il mondo, ma solo l’ironia salverà i Romani.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Formula uno in città. 

Quella mattina, ormai arrivati al nono mese, il medico controlla il tracciato e con tutta tranquillità ci dice:

“Signora, ha avvertito qualche contrazione nelle ultime ore?”

Mia moglie placidamente dice:

“finora no, nessuna”.

“beh allora glielo dico io, ha delle contrazioni, vada a casa a fare la valigia, ci vediamo qui verso le tre”.

Ci dirigiamo verso casa per nulla preoccupati, anche perché stavolta mia moglie è   decisa a  fare l’anestesia epidurale.

Arriviamo a casa e fatta la valigetta si riparte alla volta dell’ospedale. Io che  dentro ho la tremarella, mi impongo una calma apparente per tranquillizzarla durante il viaggio, e poi  “non sei svenuto per la tua prima figlia e non succederà nemmeno stavolta” mi dice la mia voce interiore indossando un caschetto giallo da esploratore con una torcia attaccata sopra.

Allo sportello accettazione dell’ospedale ci danno indicazioni e saliamo al piano, reparto, accettazione, la caposala accoglie mia moglie con la gentilezza sperata, le dice due o tre cose e poi:

“E per l’epidurale ho bisogno delle analisi del sangue da dare all’anestesista…”

Ed è in quel momento che la risposta affermativa alla frase “abbiamo preso tutto?” pronunciata all’uscita di casa, si disintegra come polvere nel cosmo.

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I nostri sguardi si incrociano, in quello di mia moglie vedo incredulità per la situazione, nessun rimprovero, io vorrei strisciare sotto la pancia di una formica ma ostento sicurezza:

“Ci penso io, vado a prenderle a casa”.

Ed ecco che arriva la mazzata:

“Mi raccomando, se non torna entro le 17 penso che dovremo fare senza…”

A quel punto lo sguardo dell’adorabile panciona si blocca come sullo schermo blu di un PC, io stento un sorriso mentre casa rispetto all’ospedale non mi è mai sembrata così lontana.

Ho una missione da compiere e ho solo un modo per farlo: violare qualsiasi regola esistente del codice della strada senza ammazzare nessuno, in fondo è giusto l’ora di uscita dal lavoro di mezza Roma.

Ho il cuore in gola, ma le mie ghiandole surrenali hanno strizzato così tanta adrenalina che se non la consumo dormirò per tre settimane. Vado.

Faccio retromarcia nel parcheggio con la mia monovolume e rompo un faro posteriore su un palo. Ingrano la prima, mi lancio verso l’uscita e poi mi butto su strada.

Comincio a suonare all’impazzata nel primo imbuto di macchine e ottengo la prima amara delusione, in questa città nessuno si sposta.

Ora ho le fiamme negli occhi.

Il mio suonare intermittente diventa fisso, ogni piccolo spazio tra le auto diventa un punto dove incunearsi e suonare più forte, più vicino, mentre con sguardi intorpiditi, sorpresi, esterrefatti, spaventati, quelli alla guida delle auto si spostano di qualche centimetro. Brucio strati di pneumatici sull’asfalto sgommando come se fossi in pista ma sono fermo, mentre il sangue mi si gela nelle vene per quello che vedo.

Avrò tempo di riflettere sul cinismo di questa città che ci ha assuefatto alle sirene delle ambulanze di chi sta morendo, al clacson di chi vuole far partorire la moglie senza dolore, o al suono dei pompieri per una casa che va a fuoco.

Finalmente riesco a strappare la mia monovolume dalle sabbie mobili del lungotevere e mi lancio su strade più larghe, sorpasso e  sfido il semaforo rosso, passo per primo sempre e comunque, vado addosso agli altri per farmi lasciare il passo (parolacce incluse) e così via. Spingo sul pedale  dell’acceleratore, la mia rabbia scorre attraverso la mano sul cambio e senza freni, odio tutti, odio profondamente tutti.

Finalmente comincio a riconoscere palazzi e negozi del mio quartiere e casa mi sembra più vicina, l’orologio non è riuscito a correre più di me.

Accelero, vedo davanti a me che la strada dove sono finisce su un bivio, obbligando me e chi proviene in senso opposto a confluire entrambi su una strada più piccola a senso unico. È in situazioni come queste, quando devo prendere decisioni istantanee che si accende nella mia testa la colonna sonora adatta, in quel momento parte Money for nothing dei Dire Straits, batteria e tastiere in un crescendo che culmina nella chitarra elettrica di Mark Knopfler, a detonare nel mio cervello mentre calcolo i metri a tempo di musica perchè  devo assolutamente passare per primo e ci riuscirò.

La macchina davanti a me è un’utilitaria che ha visto tempi migliori, io ho comunque centoventicavalli sotto le chiappe e guadagno terreno ogni secondo di più, sempre più vicino alla curva, sempre di più e.… tampono.

L’auto che mi precedeva ha appena girato ma inchioda ed io pesto sul freno con qualsiasi cosa, anche con le orecchie, ma non riesco ad evitare l’impatto.

Abbasso la testa, sconfitto.

La bolla cinematografica nella quale ero esplode e con la coda dell’occhio mi accorgo di essere osservato. Il tipo nell’utilitaria mi sta fissando.  Faccio appello a tutto il mio self control anche se il mio sentirmi Superman è evaporato in un istante. Dentro quell’auto c’è la mia kriptonite; un uomo sovrappeso con barba sfatta e una sigaretta penzolante dalla bocca che mi guarda e mi dice:

“a Schumache, hai finito??”

Scoppio a ridere. Dopo aver lasciato i miei dati al tamponato riparto subito in accelerata rombante, mentre aumenta il rumore sordo di specchietti schiaffeggiati dal mio pachidermico monovolume, sferzando con il clacson le auto incolonnate finalmente mi faccio strada. Sono ormai quasi a casa, vedo più avanti l’ultimo semaforo e dopo il rettilineo che mi porterà sotto casa. Guardo l’orologio, ho meno di un’ora per salire a casa, scendere con le analisi e ritornare in ospedale.

C’è una macchina in doppia fila a sinistra e una a destra che si sta immettendo, sento che stavolta ce la posso fare e sempre strombazzando, scalo in seconda, accelero e lancio il cuore oltre l’ostacolo…. ma non l’auto. Prendo in pieno lo specchietto dell’auto a destra staccandolo  e davanti a me il semaforo diventa rosso.

Fottuto.

 Quello dello specchietto a destra scende dall’anziana berlina anni novanta ma lucida come una lussuosa auto da esposizione. Il compìto e minuto signore comincia ad imprecare, mentre io scendo dalla macchina intenzionato a dargli solo i miei dati e ripartire. Lui sembra essere in preda ad una crisi isterica, mentre io cerco di dirgli che ho un problema immensamente più grande del suo specchietto.

Nel frattempo il giovane in auto dietro di me suona ripetutamente, poi scende e con la mano aperta protesa in avanti mi urla di spostarmi ed io gli rispondo:

“mi sta per nascere una figlia! devo andare all’ospedale!!”

Accade allora l’inaspettato, la catarsi di questa cinica città.

Il giovane mi vede visibilmente nel panico, e allora si lancia sul vecchietto che intanto ha preso a tamburellare le mani sulle orecchie, visibilmente provato.

“Aoh!! ma nun l’hai capito che glie sta pe’ nasce er fijo ??!!”  urla il giovane.

 “Si ma a me lo specchietto chi me lo ripaga???

Questo è troppo. Lascio i dati al giovane, ci pensasse lui a darli a medioman, e scappo verso casa. Arrivo sotto il palazzo, lascio la macchina con la portiera aperta, salgo le scale a quattro gradini per volta entro, cerco nella cartellina e quando trovo le analisi, mi prende un dubbio atroce: e se non riesco ad arrivare in tempo?
Ed è allora che mi ricordo di avere un fax. Con le mani che mi tremano chiamo, mi faccio dare il numero e foglio dopo foglio il pancione è salvo. Prendo finalmente la via dell’ospedale e arrivo in tempo per assistere al miracolo della nascita.

Mentre gli altri romani sono con le gambe sotto il tavolo perché è ora di cena, viene alla luce dalla sua mamma una splendida bambina, figlia di un papà che in un pomeriggio ha perso 10 anni di vita, poi li ha ritrovati, ha tamponato auto e distrutto specchietti, in una città tutta da rifare.

2025-01-28

Aggiornamento

Entra nel mio libro, sali in macchina con me e vivi la corsa di un padre (io) che deve attraversare l’intera città alle cinque del pomeriggio per far nascere la propria figlia, in una Roma sempre indaffarata. Passeremo per le strade popolari di Roma, saluteremo monumenti millenari, e poi per il Centro Storico, incontrando personaggi surreali, scooteristi rumorosi, turiste rifatte, autisti stressati e tanti altri. Ci fermeremo al bar vicino una scuola, tra le mamme regine dell’effimero, tra realtà e finzione, tra empatia ed ipocrisia, cammineremo nei centri commerciali, dove i mariti vengono abbandonati nei camerini e nascono nuove amicizie. Vedrai umanità e follia che si aggirano negli ospedali, quanta gente si affanna per salvare vite nonostante manchi l’essenziale Ma soprattutto vivrai l’infanzia di due fratelli che avevano lo stretto indispensabile per giocare ed erano felici lo stesso, ricchi di fantasia, e storie di amicizie, quelle vere, di chi c’è quando serve, di chi ha avuto la fortuna di crescere con compagni di scuola che non pesavano mai le differenze e facevano dell’ironia e della leggerezza il collante dell’amicizia che dura ancora oggi, dopo trent’anni. La porta è sempre aperta, ti aspetto.
2025-01-22

Aggiornamento

"Voglio ringraziare davvero oltre 100 che mi hanno sorpreso scegliendo di sostenere il mio libro e così potranno camminare per le strade della città, incontrare persone incredibili, al bar, passando tra i banchi del mercato e sentirne i profumi, in una città che nonostante tutto è fatta anche di anime belle. Ora serve un passaparola convinto per aiutarmi a raggiungere il traguardo! Allora vi aspetto per le strade di Roma! Riccardo.
2024-11-28

Aggiornamento

Ringrazio tutti gli amici che finora mi hanno dato fiducia ! Per chi volesse qualche info in più qui sotto riporto il sommario con i titoli dei racconti presenti nella bozza disponibile per il download. A presto! SOMMARIO Formula uno in città. pag. 1 Botte senza quartiere pag. 5 Auto senza conducente pag. 8 Personaggi stradali. Scooteristi d’assalto, autisti a noleggio pag. 13 Il vendicatore pensionato (mio padre) pag. 18 Quelli con il cane pag. 19 Il Carrosauro pag. 21 Nel Girone degli autisti pag. 25 Natale in trasferta. Mozzarella cercasi pag. 28 Al bar tra mamme logorroiche opinionisti e cafè do Brasil pag. 34 Prenotazione cinese. pag. 39 Scioppin’ al centro commerciale pag. 40 Andiamo al mercato pag. 44 Al circo del Pronto Soccorso pag. 46 Gli sportelli sanitari e dal farmacista pag. 49 Bancari affabulatori pag. 53 Verso l’ufficio postale pag. 57 Liceali modello e assistenti universitari frustrati pag. 59 Anni 80 l’americani so forti pag. 65

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Riccardo Ionta
Nato e cresciuto a Roma, 53 anni, sono un funzionario pubblico, piacevolmente circondato in famiglia da donne, infatti anche il gatto a casa mia è femmina. Sono goloso, cerco amicizie sincere, mi piace stare steso sotto un albero a pancia in su, fotografare sorrisi, nuvole ed istanti irripetibili. Amo la musica orchestrale delle colonne sonore dei film per viaggiare lontano. In un periodo particolarmente buio la scrittura è stata catarsi, l’ironia poi un modo per guardare alla vita anche con leggerezza, nonostante tutto. Perché, come ha detto Fryderyk Chopin, chi non ride non è una persona seria.
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