Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Stigmaconiglio e le allegre realtà

Stigmaconiglio e le allegre realtà
94%
12 copie
all´obiettivo
15
Giorni rimasti
Svuota
Quantità
Consegna prevista Aprile 2024
Bozze disponibili

Agor è una giovane donna affetta da un grave disturbo psichico, bloccata nel suo appartamento in un mondo di sogni, ricordi e paure, dal quale però fatica a uscire. Ma saranno i ricordi un giorno a bussare alla sua porta con le sembianze di Roberto “il Cowboy”, un eccentrico postino che deve consegnare una raccomandata… trasformando il suo “rifugio” in prigione.
Una storia tragicomica, come sa essere solo la vita, dove le gesta dei protagonisti si intrecciano per dare origine a uno strano puzzle fatto di rimpianti, crimini e amori infranti. Un colorato calderone che oltre ad Agor e Roberto vedrà coinvolti anche Alice, l’innocente figlia dello Psichiatra, Michela, Angela, e lui! Stigmaconiglio, un’ombra che veglia sulle strambe figure che dipingono quest’angolo prossimo al mare.
Sotto una perenne pioggia, tutto gira come una grande giostra fuori controllo, fino alla drammatica resa dei conti finale.
Un viaggio introspettivo a tinte gialle che ti farà sorridere, piangere e pensare…

Perché ho scritto questo libro?

Ho iniziato a comporre poesie, aforismi e pensieri già prima dei vent’anni… una personale forma di catarsi. Scrivere “Stigmaconiglio e le allegre realtà” è stato a suo modo curativo. Tutti gli attori di questa storia sono stati profondamente segnati dalla vita, mia premura è stata parlare della malattia mentale senza preconcetti. “Stigmaconiglio” è al contempo un racconto drammatico e una commedia surreale, nato dalla necessità di caratterizzare il malessere vissuto dai protagonisti.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Prologo

Willy il coniglio

  “La prima cosa che vidi scendendo gli scalini dello scuolabus, furono le enormi orecchie pelose, spuntavano lattee dai verdi fili d’erba sul prato ancora da tagliare.
   Dopo un primo momento di infantile stupore, aprii il cancelletto del cortile, lanciai lo zainetto sull’uscio di casa e iniziai a rincorrere il coniglio sul soffice tappeto erboso. Giocammo ad acchiapparella senza controllo, mi faceva morire dal ridere quando si fermava per storcere il naso, era troppo buffo. Quando finalmente riuscii a prenderlo e tenerlo tra le mie braccia ossute, fu come accarezzare il più morbido dei peluche, solo che questo era vivo.
   Mi sembrava di essere un personaggio animato della serie Winnie the Pooh.

Continua a leggere

Continua a leggere

   Per alcuni giorni andai a scuola raggiante, sapevo che al mio ritorno a casa c’era Willy ad attendermi: avevo parlato di lui a tutti, ai compagni, alle maestre, ai bidelli… avevo qualcosa di bello e volevo potermene vantare più che potevo.

  Un martedì, di ritorno da scuola, non appena si aprirono le porte dello scuolabus capii che qualcosa non andava, Willy non era sul prato.

Ricordo che mamma mi venne incontro, si posizionò in ginocchio per stare alla mia altezza e poi mi disse:

Michelangelo, Willy è scappato! Lo abbiamo cercato dappertutto, ma niente, non abbiamo idea di dove possa essere andato.

Per farmi sentire la sua vicinanza, mamma mi posò una mano sulla spalla, mi diede un abbraccio e disse:

Dai, vai in bagno, lavati le mani e asciugati le lacrime, che abbiamo ospiti a pranzo.

  Io, anche se scosso dalla brutta notizia, da bravo soldatino che ero, obbedii.

  Dopo essere stato in bagno, mi presentai a tavola e salutai con cortesia tutti i presenti.   

  Dalla cucina arrivava uno squisito profumo di arrosto e patate, dopo la notizia della fuga di Willy non avevo molto appetito, ma per non sembrare maleducato restai seduto a tavola con gli altri invitati e assaggiai quanto di buono mamma aveva preparato.

  Quando ormai il pranzo stava per giungere al termine, gli amici di papà si complimentarono con mamma per l’ottima cucina e, ricordo che, uno in particolare disse:

  Signora, da quale macellaio vi rifornite per il coniglio? Era veramente ottimo!

  La mamma, a disagio, nell’imbarazzo più totale, arrossì, senza proferire risposta.

  Mentre mi stavo avviando verso la mia cameretta per iniziare a fare i compiti, sentii chiaramente mio padre dire:

  Ma quale macellaio, il coniglio arriva da un allevamento qui vicino, lo abbiamo nutrito per una decina di giorni con l’erba del nostro giardino, e poi, voilà, un capolavoro da leccarsi i baffi!

  La mamma si affrettò a zittire papà.

Piano!!! che Michelangelo potrebbe sentire!

  Al che papà e gli ospiti scoppiarono in una grassa risata.

  Dopo poco, tutti i commensali ringraziarono mamma, salutarono con cortesia e si avviarono verso casa.

  Ricordo che non versai una sola lacrima, non volevo condividere il mio dolore con nessuno.

  Da quel giorno non mangiai più carne di coniglio.

  I miei genitori non vennero mai a conoscenza del perché.”

 

Capitolo 1

La giostra

  Una sera d’estate al mare.

  Illuminato da un tramonto infuocato, Michelangelo, procedeva adagio tra le foglie dorate del viale alberato, accompagnato dal sibilo del vento che animava i rami degli alberi come fossero dei lunghi arti rugosi.   L’andatura era quella di sempre, il suo passo quello di una persona senza una meta precisa. In lontananza, alla fine del viale, si potevano scorgere dei bagliori intermittenti… luci di festa; nell’aria si percepiva distintamente una chiassosa musica estiva, tipica delle giostre alle sagre di paese.

  Michelangelo procedeva come un’ombra invisibile fra i giovani festanti, che ridevano, bevevano, si baciavano… vivevano momenti che un giorno avrebbero solo rimpianto. Dal suo sguardo trapelava invidia per quell’età perduta. Passo dopo passo, lentamente, arrivò di fronte alla giostra del tagadà, una quintana che girava come un prillo impazzito, un frisbee schizofrenico che sembrava avere come unico scopo, quello di far cadere i giovani narcisi in cerca di visibilità verso una preda ancora da conquistare.

  Giunto alla panchina dinanzi alla giostra, il suo sguardo fu catturato, come ipnotizzato da un pendolo, ammaliato dalle adolescenti che giravano come trottole giulive, per inerzia si sedette e gli occhi volarono su una giovane che indossava dei pantaloncini corti rossi.

  All’improvviso la ragazza sulla giostra cadde, poi, si rialzò subito di scatto senza essersi fatta niente, come un inedito Willy il Coyote.

  Il pensiero di Michelangelo volò veloce ad Alice, lei adorava quella giostra, ci saliva con le amiche nelle sere d’estate al mare.

  Alice dai grandi occhioni blu, come quelli delle giovani protagoniste dei cartoni manga, occhioni grandi e pieni di vita.

  Con movimenti così lenti da sembrare quasi solenni, estrasse dalla tasca interna della giacca un piccolo quaderno, lo aprì, e, come in una bolla, isolato dal colorato caos che lo circondava, iniziò a leggere il diario di Alice.

Seduto sulla panchina, teneva il diario in mano come fosse una reliquia.

  Il quaderno invece, non era altro che una raccolta di pensieri, aforismi, poesie, disegnini e foto incollate, tante foto in bianco e nero.

  Michelangelo trattenne a stento le lacrime. Nonostante la confusione e il nodo alla gola che gli stava causando un terribile senso di soffocamento, iniziò a leggere a voce alta, come se stesse leggendo un romanzo comodamente seduto sulla logora poltrona di casa, questione di poco, poi, la sua realtà sarebbe tornata alla pioggia, al sangue e ai pois rossi.

2023-09-23

Evento

"Pane & Caffe" in Via Silvestri, 2 Rovigo. Vi aspettiamo alla presentazione del libro "Stigmaconiglio e le allegre realtà" presso il locale "Pane & Caffe" a Rovigo. All'evento saranno presenti Marco Barin e Letizia Zambon che vi leggeranno alcuni capitoli del libro accompagnati dalla chitarra di Enrico Buoso. Si ringrazia Davide Gioso per la calorosa accoglienza e disponibilità.

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Stigmaconiglio e le allegre realtà”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Marco Barin
Eterno sognatore, innamorato di ogni forma d’arte e di tutto ciò che è cultura.
Andando sul concreto: ho cinquant’anni, sono separato da circa due anni, ho due splendidi figli “Giacomo e Beatrice” che sono la mia fonte di vita e speranza per il futuro, e ho un gatto di nome Romeo “er mejo del Colosseo” che ogni giorno mi assale le caviglie come non ci fosse un domani. Sono laureato in scienze infermieristiche e lavoro presso un centro di salute mentale. Da alcuni anni collaboro con un gruppo di amici nella creazione di spettacoli teatrali e video, affrontando temi di carattere civile e di importanza nell’ambito sociale, come il razzismo, l’immigrazione, le guerre, l’inquinamento, la violenza di genere, l’omofobia e tanto altro ancora, il tutto senza alcuno scopo di lucro.
Marco Barin on FacebookMarco Barin on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors