Samuele “Sam” Agoni è un avvocato che vive e lavora nella tentacolare e caotica Milano, sogno e meta di molti giovani che, come lui, vi si sono trasferiti dal Sud Italia. Nello studio dove presta servizio da qualche anno, esercita, suo malgrado, come semplice dipendente collaboratore, inseguendo il sogno di una promozione a socio ordinario che tarda ad arrivare. Un improvviso e grave lutto, nonché il realizzarsi delle aspettative personali e lavorative dei suoi amici, lo portano ad affrontare un difficile periodo di crisi, durante il quale prende coscienza del perenne conflitto tra la voglia di rivalsa e quella di lasciarsi andare alla disperazione più profonda.
CAPITOLO 1
Era una sera come tante, lì dove tutte si somigliavano e dove nessuna occasione avrebbe cambiato il corso di quelle somiglianze. Il cielo era dei più bui, pieno di nuvole, così come ci si aspetterebbe in una serata autunnale. Era l’ora di punta, tutti stavano tornando alle proprie case. Tutte quelle persone che avevano impiegato le loro forze per tutto il giorno, chi in ufficio a sentire le lamentele del capo, chi a scuola a seguire le noiose lezioni del professore, chi invece appesantito da un lungo e faticoso turno in fabbrica, ora si trovavano a riunirsi tutti insieme sui mezzi pubblici per tornare nei loro nidi, nelle loro abitazioni, dalle persone a loro più care, per spendere qualche ora in tranquillità, a cenare e poi chissà, spendere un po’ di tempo davanti alla TV, ad ascoltare della buona musica o a leggere un buon libro. Insomma, ognuno facendo quello che più gli piaceva, giusto per spegnere un po’ quel cervello che non aveva smesso di funzionare per tutto il giorno. Infine, terminare la routine con le morbide carezze del letto caldo durante il riposo notturno e poi, ahimè… costretto a ripetere il tutto ancora e ancora, come una ruota che non smette mai di girare.
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Sulla metro rossa tutte quelle facce, anche se tutte diverse, mostravano la stessa espressione: stanchezza. Una tra quelle, in particolare, più delle altre. Era quella di Sam, Samuele Agoni. Quest’ultimo stava tornando nel suo appartamento dopo una lunga giornata in ufficio. Lavorava come avvocato in un piccolo studio nel centro di Milano. Erano passati già cinque anni da quando era stato assunto, all’inizio come segretario generale dello studio e di tutti gli avvocati che ne erano membri poi, dopo alcune settimane, gli stessi notarono che Sam riusciva a divincolarsi bene in certe situazioni, in particolare notarono che aveva un certo tatto, un certo carisma, così anche se non era ancora diventato un socio ordinario dello studio, decisero di assegnargli un posto tra le scrivanie degli avvocati e di metterlo a studiare i fascicoli di quelle cause che, complicate o meno che fossero, lui riusciva sempre a concludere nel migliore dei modi. Non era apprezzato dai suoi colleghi avvocati, ma allo stesso tempo neanche disprezzato, sapevano tutti che Sam era un tipo tranquillo e che parlava solo quando veniva interpellato. Quando gli altri si ritrovavano in pausa per il corridoio, lui non si aggiungeva a loro, ma continuava a battere i tasti sul computer, noncurante delle conversazioni dei colleghi. Si era laureato in giurispru-denza entro i tempi previsti dall’università, dopodiché aveva deciso di non specializzarsi ulteriormente e iniziare subito la propria carriera, in un modo o nell’altro. Aveva cominciato a esercitare nella sua città, nel comune in cui era cresciuto. Dopo alcuni anni capì che quello non era il suo posto, specialmente se avesse voluto prosperare, visto che i clienti che aveva erano molto pochi, le cause sempre le stesse e per motivi banali. Decise di trasferirsi a Milano quando aveva poco più di trent’anni, lasciandosi alle spalle la vita nella piccola cittadina in cui era cresciuto nel Sud dell’Italia.
Dopo questi dettagli, possiamo riprendere Sam da dove l’avevamo lasciato, sulla metro, schiacciato dalle altre persone con i bambini che gli pestavano i piedi di tanto in tanto e un anziano che lo fissava con degli spessi occhiali e un’espressione da ebete, o almeno così lo aveva presentato a mente.
A differenza di molte altre persone che lo stavano schiacciando, Sam a casa sua non avrebbe trovato nessuno ad aspettarlo, né una moglie amorevole né dei figli che gli sarebbero saltati addosso appena varcata la soglia di casa. Sebbene lo avesse messo in conto prima di trasferirsi, di potersi sentire solo, questo pensiero si era fatto più pesante e ricorrente nell’ultimo periodo. Gli girava in testa da molto tempo, ormai, e non riusciva mai a distrarsi quando si trovava sui mezzi pubblici, ma non durava più che qualche minuto, tempo che la metro impiegava ad arrivare alla stazione sotto casa sua. La gente si rimetteva in moto verso l’uscita e così lui, tenendosi stretto la valigetta in una mano e il cappello sgualcito nell’altra. Il palazzo dove abitava era molto alto, ma disponeva di due soli appartamenti per ogni piano. Un giorno gli spiegarono che era stato costruito così per ragioni di sicurezza da alcuni ingegneri stranieri. Dopo quella spiegazione Sam non pensava più a quella bizzarra disposizione ogni volta che entrava.
Mauro Carafa
Una storia veramente coinvolgente, si riesce ad empatizzare con Samuele molto facilmente! Consigliato!