In un tempo non definito, i cittadini del Glorioso Impero, dopo la morte dell’Imperatore, decidono di non giurare fedeltà alla sua erede, la giovane Massimilla III, ma di spodestarla per ricostruire una comunità più giusta ed equa.
Il protagonista entra a far parte dei capipopolo, fino a ricoprire il ruolo di educatore della sovrana destituita, convinto che sia meglio educarla agli ideali rivoluzionari piuttosto che darle la possibilità di vendicarsi e reclamare il potere che le spetterebbe come diritto di nascita.
Con il passare del tempo, però, nella sua mente si fa strada la sensazione che le idee per cui ha lottato mostrino forti debolezze: il dubbio gli è istigato proprio da Massimilla, che nella sua solitudine ha studiato testi di filosofia e storia, arrivando alla forte consapevolezza della caducità dei moti rivoluzionari.
CAPITOLO UNO
Intorno a me scorgevo soltanto sorrisi di compiaciuta e disincantata soddisfazione.
La musica, che ogni notte giungeva fino alla stanza del mio appartamento, era quella dei bar notturni e delle sale da gioco che tappezzavano la brulicante città. L’odore dell’alcol, mescolato al sapore acre delle sigarette, deturpava le mie papille gustative nel momento in cui attraversavo la coltre variopinta dei migliori locali della città.
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Cercavo solitamente di dileguarmi il prima possibile, muovendomi a piccoli passi sul marciapiede percorso da crepe. Con gli abiti imbevuti di fumo, mi sentivo impossibilitato a distinguere una voce umana nel caos delle risate, degli schiamazzi e dei richiami. Mi ero trasferito, ventenne, nella grande capitale del Glorioso Impero, ansioso di trovare un’occupazione che mi permettesse di rendermi autonomo dalla mia famiglia. Inizialmente, la vita notturna della città e il paradossale silenzio delle ore diurne mi avevano lasciato indifferente, salvo ritrovarmi costantemente solo dalla mattina alla sera, fino a quando il tramonto non annunciava l’avvento dei signori della notte. Per quanto mi riguarda, riuscii a trovare, per fortuna, una buona sistemazione come bibliotecario presso l’Archivio Imperiale. Nascondendomi dagli strani demoni che ogni notte risalivano dalla strada, scoprii di provare una fiducia incondizionata negli scaffali di quell’edificio corroso dal tempo e dall’incuria. Ma più passavo il tempo tra le pagine di mondi ormai inesistenti, più vedevo nella maggior parte delle persone che mi circondavano delle strane incarnazioni del male.
Per arrotondare il mio magro stipendio facevo anche il correttore di bozze, e leggevo sempre le stesse cose: un misto di disprezzo e di rassegnazione nei confronti della sorte del nostro Glorioso Impero, percepibili tra le righe dei brani che giungevano a ingolfare la mia scrivania. Talvolta con le mie correzioni provavo a inserire un qualcosa che assomigliasse a una speranza.
Quando mi ridestavo, la testa immersa nelle carte, tutto quanto mi sembrava irreale. Mi rendevo conto di essermi addormentato e, il più delle volte, di averne ricorrette appena la metà. Il resto del tempo lo trascorrevo scrivendo qualcosa di mio. Ricordo che avevo iniziato a scrivere una lunghissima serie di romanzi, senza mai concluderli.
Ritenevo che nessuno sarebbe mai stato interessato a leggere qualcosa che non fosse simile agli spettacolari prodotti editoriali celebranti la potenza e il futuro progresso della nostra società. Quella mattina, però, ebbi una sorta di presentimento. Il sole sembrò splendere più del normale nella valle entro cui si incuneava la città, come se il mondo fosse in procinto di essere stravolto.
Mi affacciai dalla finestra del mio appartamento per contemplare il tutto. Le strade erano completamente deserte.
A un certo punto, vidi la mia vicina d’appartamento sporgersi dalla finestra di fianco alla mia. Si stava sforzando di guardare in basso. Attirai la sua attenzione e le domandai: «Cosa sta succedendo?».
«Come, non lo sai? L’Imperatore è morto. Sono tutti in Piazza Giulio Guglielmo per la proclamazione del lutto in tutto l’Impero.»
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