Milena sapeva di essere diversa, sapeva che non era facile incontrare qualcuno con le sue stesse passioni, o semplicemente qualcuno che la capisse, che la comprendesse fino in fondo, che non deridesse le sue paure, le sue idee, i suoi sogni. Aveva incontrato diverse persone che avevano lasciato un segno dentro di lei: amicizie, amori; alcune di queste avevano poi preso strade diverse dalla sua, non erano fatte per essere perfettamente corrispondenti alla sua immagine, altre, invece, si erano rivelate delle fregature e basta. Inizialmente, quando finiva per ritrovarsi da sola, al punto di partenza, magari anche un po’ svuotata per aver concesso a quelle persone parti di sé, per aver permesso loro di frugare nel suo cervello, oltre che nel suo cuore, stava male, cadeva rovinosamente, perdeva fiducia nell’altro, ma anche in se stessa. Perché lei era così, in amore come in amicizia, doveva dare il cento per cento, sentiva il bisogno di aprirsi, di esserci, di dire “ehi, sono qui anch’io, facciamoci compagnia in questo angolo di mondo”. Ci sono voluti anni perché capisse che l’àncora migliore per una persona è se stessa, che molti individui possono per certi aspetti gravitare nella nostra zona di interesse, ma pochi – quasi dei superstiti li chiamerei- possono combaciare perfettamente. Ed è questa una parola su cui ha riflettuto molto: non si può soltanto baciare qualcuno per diventare un tutt’uno, bisogna combaciare con quel qualcuno.
Ormai lo aveva capito, ma come spesso accade, capire le cose non è sinonimo di felicità, a volte la consapevolezza rende più amara la verità e lei quest’amarezza la sentiva, la percepiva, com’era possibile non incontrare mai quel qualcuno che combaciasse perfettamente con lei? Lei che regalava sorrisi come se fossero caramelle, lei che era così radiosa da essere in grado di rischiarare qualsiasi oscurità.
“Vedere troppo può ferire gli occhi”, era questa una delle frasi che si ripeteva spesso, quel sorriso raggiante che la caratterizzava era spento da un po’, ostacolato dalle ombre di questi pensieri. Era talmente ossessionata da questa sua verità, che aveva dimenticato un dettaglio importante, fondamentale, che riguarda questa vita: l’imprevisto.
Spesso questo termine ha una connotazione negativa: “mi dispiace, ma stasera non potrò esserci, ho avuto un imprevisto”, oppure: “stava andando tutto bene, ma un imprevisto ha cambiato il corso delle cose”.
Ma l’imprevisto che porta un cambiamento, non può essere qualcosa di maledettamente bello? Il fatto stesso che comporti un cambiamento, proprio perché modifica le cose, non ci permette di conoscerne in partenza l’evoluzione. L’evoluzione di qualcosa è sempre negativa? Non direi. Oserei dire che ognuno di noi dovrebbe sperare di vivere un imprevisto. Ed era proprio questo che stava per rivoluzionare l’equilibrio di Milena, anche se lei ancora non lo sapeva.
Le giornate scorrevano tutte più o meno allo stesso modo, non che le pesasse questa routine, l’aveva creata lei stessa come una sorta di rifugio personale e quotidiano, però l’abitudine di solito è impaurita dalla novità, quindi spesso creiamo delle abitudini perché sappiamo di poter controllare ogni mossa, per non ritrovarci spiazzati. Così ogni giorno, dopo il lavoro, Milena passava ore a leggere. Spesso andava al mare, perché il rumore delle onde ritmava perfettamente il tempo di lettura; da qualche tempo, invece, aveva scoperto un piccolo parco immerso nel verde, poco frequentato perché distante dal centro, così lo aveva ribattezzato come il suo nascondiglio preferito, o il suo punto di partenza per i lunghi viaggi mentali che intraprendeva leggendo. I gesti erano sempre gli stessi: appena arrivava a casa da lavoro, prendeva la bici e fuggiva verso la sua isola e prima di immergersi nella lettura, beveva un caffè nell’unico e piccolo chiosco presente in quel parco.
È stato durante un mercoledì qualsiasi che l’imprevisto aveva deciso di presentarsi. Mentre era assorta nei suoi pensieri e nelle parole che le scorrevano davanti, qualcosa aveva iniziato a infastidirla terribilmente. Esattamente dietro di lei c’era una ragazza che giocava con il suo cane, generalmente una scena del genere non la disturbava, amava gli animali e giocare con loro, ma sentire urla, versi, il tonfo della palla che rimbalzava durante il suo momento di evasione dal mondo, proprio non lo tollerava. Così raccolse le sue cose e si spostò in un’altra zona del parco, decise di usare la felpa come coperta, stenderla sul prato e trovare lì un angolino comodo in cui lasciarsi andare.
Dopo non molto, però, il cane di quell’estranea si era lanciato a rincorrere il pallone che stava rotolando proprio nella direzione di Milena, fermandosi davanti a lei.
«Non puoi giocare un po’ più in là?»
Disse Milena rivolgendosi alla ragazza che si stava avvicinando per recuperare il suo fedele amico.
«Scusami tanto, non volevamo disturbarti. Hai paura che possa morderti?»
Ormai molto vicina a lei, Milena non rispose con la stessa prontezza di prima, era distratta da qualcosa.
«No, figurati… adoro i cani, è che vengo qui ogni pomeriggio per isolarmi un po’ dal mondo e dedicarmi alla lettura».
«Ogni pomeriggio? Bene allora ci vedremo spesso!»
«Spero non in maniera così invadente mentre leggo!»
«Chi lo sa… è stato divertente vederti sobbalzare all’arrivo di Kira».
«Mmm… non lo definirei divertente. Comunque adesso vado, ciao!»
Milena andò via, non riusciva a capire se fosse indispettita, spiazzata o divertita dall’atteggiamento sfrontato di quella donna.
L’indomani la ritrovò lì, un timido saluto da parte di Milena, ma passò oltre; stessa scena il venerdì. È stato il sabato che l’imprevisto decise di scardinare quella routine alquanto buffa. La ragazza si avvicinò a Milena mentre stava leggendo e la interruppe bruscamente:
«Sai, per essere una così assidua lettrice, non hai ben chiare le dinamiche che avvengono quando due personaggi della storia si incontrano».
Il suo tono era pungente, come se volesse infastidirla.
«Scusami?»
«Beh, mettiamo il caso che questo parco abbia una storia in corso, noi siamo due personaggi di questa storia; ci siamo incontrati, ci siamo parlati, ma non ci siamo neanche presentati. Ecco, non ti pare buffo saltare questi passaggi? Cosa pensi che possa capire un lettore guardando questa scena?»
Milena era rimasta senza parole, assurdo, proprio lei che viveva di parole ne era rimasta senza. Impiegò qualche secondo prima di rispondere, era infastidita dalla sfrontatezza della persona che aveva davanti, ma anche ammaliata dal confronto che aveva portato alla sua attenzione.
«Hai ragione, io sono Milena!»
«Piacere, Milena. Io mi chiamo Vera. Sei sempre così…. come dire, altezzosa verso gli altri?»
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.