Si trovava in una piccola sala, intrisa di fumo e di musica rock, e si sentiva, forse proprio perché lo era, perfettamente inserito in quell’atmosfera. Aveva capelli lunghi, vaporosi, castano chiaro a tratti biondo cenere, e quella riga laterale un poco femminea; ma al contempo, la chioma tutta da un lato gli conferiva un aspetto quasi indomito, da selvaggio. La canottiera grigio chiaro che indossava metteva in risalto una leggera muscolatura.
Diede un ultimo sguardo alla sigaretta. Era rimasto solo il filtrino e poco tabacco, aspirare ancora avrebbe significato troppo calore sulle labbra e amaro sulla lingua. E così, con un gesto repentino, la scagliò a terra. Senza volerlo il suo sguardo seguì la traiettoria fulminea dell’oggetto bianco che, con un rimbalzo inaspettato, tornò indietro quasi ai suoi piedi, infilati nei camperos, uno dei simboli dell’uomo con i capelli lunghi degli anni Ottanta che ascolta musica rock, e dei cowboy, cento anni prima. Era fiero di quegli stivali, si sentiva come se gli conferissero maggior valore e una dose ulteriore di sicurezza. Pensava infatti lo facessero sentire parte di un gruppo, e allo stesso tempo che mostrassero originalità.
Con uno degli stivali pose fine al lento ardere del mozzicone. Si incamminò con i suoi amici tra i nottambuli spostandosi dalla piccola sala fumatori, nella quale risuonava solo musica rock e metal, verso la sala grande, dove la gente ballava un genere musicale meno spinto. Camminava respirando l’euforia che animava l’ambiente. Gli balenò così un pensiero solito a mostrarsi in queste situazioni.
Quanta gente! Forse troppa… chi si diverte, chi fa finta, per qualche ora, per poi ricadere nella propria amata o odiata routine. Addirittura per alcuni queste serate sono la massima aspirazione, dopo quella di rincorrere carriera e soldi. E buonasera anche a voi, alternativi di facciata, nello stile ma non nell’animo! Senza contare i peggiori, quelli che criticano ogni cosa che vedono, tipo il sottoscritto. Tutto ciò mi nausea e al contempo mi affascina.
Stava scrutando dall’alto la sala grande, distaccato ma a sua volta partecipe, immerso in quel meccanismo umano chiamato società.
È meglio allontanare questi ragionamenti, bloccarli sul nascere…
A Orlando sorgevano domande e risposte. Ancora domande e risposte. Forse anche per questo motivo aveva scelto di sentirsi libero da legami monogami. Sì, per lui la ricerca di approvazione nell’altro sesso era essenziale, ma una volta ottenuta nasceva prepotente l’ossessione: scoprire ogni singolo dettaglio fisico e interiore di ognuna delle ragazze incontrate. Si spingeva così oltre ogni limite, per vivere appieno le emozioni che colpivano il suo animo.
Era reduce da tre relazioni, che avevano occupato quasi ininterrottamente gli ultimi cinque anni della sua esistenza.
Da sempre la sua indole lo aveva portato a essere fedele, perché provava un’adorazione incondizionata per le sue partner. Era così che dimostrava gratitudine per essere stato scelto da ognuna di loro, a partire da settembre della prima liceo, quando si era legato alla sua prima fidanzata.
La maggior parte del tempo, fin da quando era giovanissimo, lo aveva passato dietro alle ragazze. Per questa sua passione, una volta ottenuto tutto quello che aveva da sempre sognato, i primi baci, aveva dato tutto se stesso. Adorava. Un’ossessione che nell’ombra stava creandone un’altra: in seguito non sarebbe più riuscito a essere soddisfatto da una sola partner.
Ma facciamo un passo indietro. Alle medie l’attrazione di Orlando per le ragazze non era per niente corrisposta. Insieme a questo dolore c’era la solita inadeguatezza adolescenziale che si manifestava con tutti. Aggiungiamo la sua bontà d’animo che lo indeboliva agli occhi degli altri, e oltre tutto veniva criticato per il suo fisico, i suoi lineamenti e il suo vestiario. E lui non capiva, subendo impotente. Si chiese il perché di tutto questo, perché gli altri venissero accettati e lui no. Le domande gli ronzavano nel cervello. Divennero troppe. Le critiche che riceveva portarono altre critiche: quelle che lui rivolse al mondo.
Il ragazzo iniziò con l’osservarsi intorno, chiedendosi per quale ragione non meritasse il loro rispetto. Osservò a fondo le persone, i loro comportamenti e il modo di abbigliarsi. Quello che gli stava succedendo in testa, quel continuo dar peso a tutto per capire cosa non andasse in lui, non poteva far altro che portarlo alla disperazione.
Il percorso che aveva intrapreso verso la stima di sé richiese molto tempo, molti i cambi di stile, troppe vessazioni. Una volta arrivato alle superiori comprese che quel faticoso guardare non l’aveva reso immune dalle emozioni, anzi il contrario. Non si annoiava mai, tutto era una scoperta. Perfino posare l’occhio su cose o persone conosciute gli faceva scoprire nuovi aspetti di cui godere.
Le sue sensazioni, i sentimenti e le emozioni si amplificarono: la paura, il dolore, la gioia, tutto venne portato al limite. Ma a furia di osservare, il suo giudizio divenne molto critico. E provava grande malessere se si trovava di fronte alla mediocrità o, peggio, alla bruttezza.
Inizialmente soffrì e fece soffrire molto, anche le sue fidanzate, per avere ottenuto questa capacità critica. Questo suo comportamento fu un errore madornale, soprattutto perché quei giudizi non venivano richiesti. E mentre criticava, continuava a venir criticato per com’era.
Finalmente, arrivato in università, capì di aver raggiunto una certa serenità: si piaceva. E continuare a indagare tanto a fondo gli servì per comprendere come dare il giusto valore alla realtà che lo circondava. In questo modo quando trovava qualcosa o qualcuno che valeva, ne godeva incredibilmente. Voleva ogni ragazza che lo colpisse, senza diventarne prigioniero. Ma il motivo per il quale lo troviamo single quella sera era soprattutto l’amaro ricordo di come venne punito dal destino per aver rinunciato all’unico colpo di fulmine della sua vita, pur di rimanere fedele a una fidanzata che non lo appagava.
Iniziò a tradire. Ma continuando a peccare, la sua anima si avvelenò ancor più di quando aveva resistito alle tentazioni. Al che arrivò a una conclusione: smettere di tradire e concedere se stesso a chiunque sarebbe stato in grado di accettare il suo essere amante dell’esclusiva libertà.
Era ormai senza freni, doveva accumulare esperienze. Doveva farne più che poteva. Era libero.
Orlando, girando lo sguardo nella sala, all’improvviso venne attratto da una ragazza, forse perché lei lo guardava, forse perché emanava un’aura magnetica, forse per i suoi bei lineamenti.
Rapito da quella visione iniziò a osservarla minuziosamente.
Venne soprattutto colpito dalla sua capigliatura castana, i cui riflessi ramati guizzavano tra quelli più scuri. Lunghi e folti capelli che facevano contrasto con il volto dal pallore lunare. E forse era proprio questo l’effetto che voleva ottenere quella creatura della notte.
Venne anche colpito dal suo rossetto nero. Non era un amante del rossetto, perché in quella passata di colore sulle labbra c’era troppa ostentazione. Che fastidio, pensò, eppure… certo il rossetto attrae ogni volta anche me, ma il fastidio supera l’attrazione… ma con lei la contemplazione cede il suo posto solo ad altra contemplazione. E così già a un primo sguardo questa ragazza mi costringe a mettermi in discussione, e il rossetto ottiene il suo effetto sulla vittima, ruolo che ora spetta al sottoscritto, un momento prima a qualcun altro e un momento dopo a chissà chi.
E quei movimenti nel suo ballare cosa rappresentano? Sembra così divertita, ma nel contempo così distaccata.
È percepibile da certe mosse sinuose del suo corpo, da quella chioma di voluminosa oscurità, come sia una creatura che racchiude in sé leggiadria ed eleganza. Mentre altre sue movenze sono stentate, denotano goffaggine e incertezza. Forse perché il suo essere è in eterno conflitto tra un’anima raffinata e una più spontanea? Questa dualità mi attrae.
Lo sguardo di lei era intanto combattuto tra l’osservare le persone circostanti o le amiche sorridenti in pista, per poi abbassare gli occhi a terra, lasciandosi trasportare dalla musica.
Fu a quel punto che anche lui iniziò a ballare, insieme al gruppo dei suoi amici, a fianco di quella ragazza e delle sue amiche. Orlando aveva fatto la sua mossa che nascondeva parte del piano ben costruito un momento prima nella sua mente. Tutte le sue energie erano concentrate nell’osservare se quell’essere avrebbe ricambiato l’interesse nei suoi confronti. Sarebbero bastati pochi scambievoli sguardi per rendersene conto. Ma non accadde nulla.
Questa giovane donna è troppo immersa nel suo io per potersi accorgere di me. Era affranto, ma per fortuna non demordeva.
Rese partecipe uno dei suoi migliori amici dell’interesse che aveva suscitato in lui quella ragazza.
Timothy, così si chiamava l’amico. Per metà di origine americana, era alto, massiccio, occhi scuri, capelli bruno intenso, con un’acconciatura modellata in modo tale che il ciuffo sopra la fronte restasse all’insù. Aveva un certo suo fare distaccato e sicuro di sé, che faceva cadere ai suoi piedi la maggior parte delle ragazze.
Per loro grande fortuna, i due giovani attiravano le attenzioni dell’altro sesso. Più si raccontavano le loro avventure con le ragazze, più alimentavano quella passione, rafforzando anche la loro amicizia. Per loro grande fortuna, dicevamo, in quanto entrambi erano molto attratti dalle donne, una vera e propria dipendenza, anche se i motivi erano differenti. Tutto scaturiva dall’estremo soddisfacimento fisico ed estetico che traevano dal frequentare le ragazze. Ma da questo punto in poi, la ricerca dei due prendeva strade diverse.
Riassumeremo in questo modo le due personalità: Orlando guardava, studiava, scopriva, godeva e amava ogni singolo aspetto che lo affascinava delle sue amanti. E se uno era più Casanova, l’altro era più Don Giovanni: Timothy non era mai soddisfatto, ne aveva frequentate molte di più di quelle dell’amico, ma da nessuna si era mai fatto incantare fino in fondo. Due o tre volte aveva perso la testa, ma dopo pochi giorni era rinsavito, come per sopraggiunta noia. Avrebbe potuto imbattersi nella migliore, e forse l’aveva anche già incontrata, che neanche se ne sarebbe accorto. Forse non era in grado di tirar fuori gli aspetti stimolanti di quelle ragazze, o forse la sua non era altro che una condanna: le sue conquiste erano tanto belle quanto prive di fascino interiore e intellettuale.
Attesero insieme il tanto sperato sguardo.
Orlando entrò così in un altro turbinio delle sue solite elucubrazioni. Ormai è chiara, lampante, scontata e inutile la mia presenza qui. Forse, però… ma come poter anche solo sperare in un suo sguardo? Come? Sto perdendo il mio tempo! Anche se dovessi entrare nella sua dimensione non farei altro che infastidirla.
Certo lui non poteva ancora immaginare, per le poche esperienze fatte, che le sue potenzialità potevano ben lasciargli sperare di attirare l’interesse di quella ragazza.
Mentre era immerso nei suoi pensieri, l’amico si avvicinò e gli urlò nell’orecchio, con la certezza che la musica proteggesse la confessione che stava per fargli: «Quella ragazza ti guarda, è sicuro, vai».
Orlando non se ne capacitava. A quanto pare tutte le volte che lui puntava gli occhi in quella direzione, non vi era stata la coincidenza con lo sguardo di lei. Del resto, si fidava ciecamente dell’esperienza sull’universo femminile dell’amico, quindi le cose dovevano stare per forza così.
Gli occhi di Orlando questa volta non si mossero dalla ragazza. Ma niente, nessuno sguardo ricambiato.
Non poteva ormai permettersi di lasciarsi sfuggire quella possibile conoscenza, avrebbe quindi tentato in ogni caso. Doveva essere lei tra tutte in quella sala a farlo cadere nella sua rete.
Un avvenimento contribuì a confondere la mente del nostro giovane: il gruppo di ragazze si sciolse dal cerchio che avevano formato ballando, e aprendosi a semicerchio si unì così a quello dei suoi cinque amici, tra cui c’era Timothy. Incuriosito da quel fenomeno a cui stava assistendo, rimase attonito, con una smorfia simile a un sorriso.
Stava indugiando. Era cosciente che stava perdendo del tempo prezioso, ma lo sconvolgimento dei sensi lo aveva privato in parte delle sue facoltà cognitive. Ebbene, più i secondi scorrevano, maggiori erano le probabilità che quel momento perfetto finisse. Più restava fermo a guardare e più era probabile che quel cerchio, simbolo di perfezione, si sciogliesse. E con lui scomparisse la possibilità di entrare in contatto ravvicinato con la ragazza.
A un tratto gli si presentò l’occasione di farsi avanti, senza nemmeno che lui lo volesse, e accadde tanto all’improvviso da risultare frustrante: tutti i suoi amici decisero di andarsene. Scherzo del destino, furono loro a sciogliere quel cerchio.
In quel momento una grande forza di volontà si impadronì di Orlando.
Christopher Ruddell (proprietario verificato)
Sublimazione delizia il lettore con vivide descrizioni di chiese, piazze e insospettabili luoghi dell’arte. Infiamma il grigiore del vivere nella società odierna con le passioni, le riflessioni, i viaggi in moto e l’animo naïf di Orlando, un ragazzo d’altri tempi che non scende a compromessi con la vita, tantomeno con ciò che gli altri pensano di lui.
Caterina Abbondanza (proprietario verificato)
Sublimamente struggente, intimo, rivelatore dell’animo umano, attraverso l’arte e il vento sulla faccia, verso un infinito…di speranza….bellissimo.
Pietro Forconi (proprietario verificato)
L’ho letto in anteprima e lo consiglio vivamente