Avvistò le coste italiane, e cercò un muro di frontiera, ma non lo trovò. I campi arati visti dall’alto si presentavano con forme geometriche irregolari e le montagne, più avanti, erano innevate. Arrivò la pianura con gli agglomerati di case e gli intrichi di strade. Riconobbe le auto che, come lente formichine, si muovevano una dietro all’altra. Il segnale di allacciare le cinture iniziò a lampeggiare e strinse forte i braccioli del sedile, come aveva fatto per il decollo; chiuse gli occhi, ma subito li riaprì. L’aeroporto era vicino e la grande aquila di metallo aveva iniziato a planare, poi, con un sobbalzo fu a terra. I passeggeri liberarono un applau-so e il bambino fece un profondo respiro.Il viaggio era terminato, ma l’avventura di Aziz stava per iniziare.
All’uscita, un gruppo di persone attendeva l’arrivo dei passeggeri. Un uomo andò incontro a una bambina, la prese in braccio e la riempì di baci, poi salutò con un sorriso la donna che la accompagnava. Per Aziz non c’era nessuno. Si mise ad aspettare seduto a cavalcioni sul suo borsone, mentre l’hostess che lo scortava era in piedi di fianco a lui e sbuffava guardando spesso l’orologio. Dal bar di fronte arrivava il rumore di tazzine e cucchiaini smossi e l’altoparlante diffondeva annunci in diverse lingue. Passarono tre ragazzi, ognuno di loro con un grosso zaino sulle spalle. Una donna anziana veniva portata in carrozzina da un addetto dell’aeroporto che indossava una pettorina fosforescente. Un uomo in giacca e cravatta parlava da solo, con un auricolare nell’orecchio. Transitò anche una famiglia composta da padre, madre e due bambini, il più piccolo era seduto nel passeggino e aveva un orso di peluche in grembo. La maggior parte delle persone camminava trascinando il proprio trolley. Aziz seguì con lo sguardo la linea gialla in rilievo, posta lungo il corridoio, che portava fino alle porte automatiche e, finalmente, vide suo padre entrare. Si alzò, ma rimase immobile. L’ultima volta lo aveva incontrato l’estate precedente. Mohammed Wailhi indossava pantaloni lisi e un giubbotto sporco di calce, aveva la barba trasandata. L’uomo si avvicinò al figlio, rimase qualche attimo indeciso su cosa fare, poi lo salutò con una vigorosa stretta di mano; diede i documenti all’impiegata delle compagnie aeree e prese la valigia.
elena.dellira-1056
Un viaggio tra le emozioni. La storia di un bambino che leggendo arrivi quasi a percepirlo, non solo la sua figura ma ti arrivano anche le sue paure, la sua solitudine e i suoi sogni. E’ un libro che va letto, devono leggerlo i grandi ma anche i meno grandi. Brava Silvia non è facile raccontare storie così delicate ma tu ci sei riuscita.
Luca Pegoraro (proprietario verificato)
Davvero un’ottima proposta, notevole il coinvolgimento della voce narrante e ho notato con piacere che l’autrice sa padroneggiare le sfaccettature della scrittura. Un romanzo suggestivo: consigliatissimo!
debbyscorner0
Un libro delicato, scorrevole, una bella storia d’integrazione che tocca l’anima, e il cuore..
Lo consiglio vivamente, complimenti alla scrittrice!
gian.cadei (proprietario verificato)
IL LIBRO MI E’ PIACIUTO MOLTO, SCORREVOLE, ARGOMENTI ATTUALI, DRAMMATICO E NELLO STESSO TEMPO COMMOVENTE. TANTI COMPLIMENTI A SILVIA. LO CONSIGLIO PER LEGGERLO.