Alberto Natali è livornese, esile con una folta chioma di riccioli, amante dei viaggi sin dalla più tenera età.Costretto a sei anni a trasferirsi a Verona con la mamma Chiara per le esigenze lavorative del padre, manager di un’azienda green, il primo giorno di scuola conoscerà Andrea Comacchi, veronese e figlio di una famiglia ricca e potente. L’incontro si rivela sin da subito traumatico perché Andrea riconosce in Alberto un facile bersaglio su cui riversare la sua aggressività. Le violenze contro Alberto dureranno dodici anni, fino al giorno in cui durante un incontro a scuola di cittadinanza attiva, sarà proiettata la foto “Sequenza 15” di Tony Gentile e la vita di Alberto prenderà una nuova direzione.Grazie all’aiuto degli amici Lara e Josè, all’affetto della famiglia in particolare della zia Sole, agli amori ma soprattutto grazie ad un percorso di analisi riuscirà ad affrancarsi dal trauma ma la strada per la rinascita sarà ancora lunga e piena di insidie, fino al traguardo finale
Perché ho scritto questo libro?
“Sulle Gambe” è nato un giorno, dopo un incontro con i ragazzi di un istituto tecnico sulla sostenibilità ambientale. Alla fine dell’incontro, nell’ingresso della scuola, ho sentito un gruppo raccontare di scherzi fatti ad un loro compagno. Ridevano, come se la cosa avesse solo una connotazione bonaria e deridevano la mancata reazione del ragazzo. Pochi giorni prima, avevo sentito di un episodio simile accaduto per gioco, in un’altra scuola. Era arrivato per me il momento di scrivere
ANTEPRIMA NON EDITATA
“Mi chiamo Alberto ma potrei chiamarmi Giulio, Mario o in qualsiasi altro modo perché la mia è una storia come tante. Potrebbe capitare a chiunque. Forse è capitata anche a te.
Vivo a Roma ma anche questo è un particolare senza significato.
A questo punto tu mi chiederai: Ma allora perché le scrivi queste cazzo di cose inutili?
Ti risponderò: per farmi conoscere.
È importante.
Per cui abbi un po’ di comprensione per me e solo un po’ di pazienza. Ascolta.
Poi mi dirai.
Cominciamo proprio da qui, da Alberto…”
Alberto era un bambino sveglio, smilzo e scattante. A cinque anni, giocava nella squadra locale di calcio, con il numero dieci. Una foto lo ritrae con indosso la maglia della squadra amaranto e una massa ricciuta di capelli castani che gli contorna il viso, due occhi grandi dove si rispecchiava il mondo.
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Aveva un grande passione: amava la lettura più di qualsiasi altra cosa.
Sin da piccolo, si chiudeva in camera e trascorreva ore in compagnia di libri e autori.
Sepulveda e Saint Exupery prendevano forma sotto i suoi occhi e diventavano figure animate, piene di colori.
Jiules Verne era il suo amico più fidato che lo portava per mano quando sotto i mari, quando sopra una mongolfiera a girare per il mondo.
Suo padre, ingegnere di una società internazionale, era molto orgoglioso di questo suo interesse che incoraggiava, con l’acquisto di libri trovati sparsi un po’ ovunque, nei suoi frequenti viaggi all’estero. Alberto leggeva anche in quelle lingue strane, di cui non capiva all’inizio il significato ma poi lentamente la matassa si dipanava nella sua mente e prendeva la stessa forma delle parole, tanto che a sei anni conosceva anche un po’ d’inglese e di spagnolo, il suo preferito.
Tu mi dirai “Ma perché mi racconti tutto questo?”
Per tentare di farti capire come è cominciata.
Già. Come è cominciata…
Il primo giorno di scuola.
Alberto cammina con la mano sudata dentro quella della mamma. Il cuore gli batte forte mentre si dirige all’ingresso della scuola elementare. Parla veloce ed infila un perché dopo l’altro mentre la mamma gli carezza la guancia con dolcezza, per rassicurarlo. Lo emoziona tanto sapere che ora potrà leggere tutti i libri che vuole e che poi imparerà ad usare le parole bene, una accanto all’altra.
La scuola non è molto lontano da casa. Vive con la famiglia a Verona.
“Vedrai che ti piacerà andare a scuola. Incontrerai nuovi bambini e ti farai tanti amici”, gli sussurra la mamma Chiara all’orecchio
“Oh si mamma, non vedo l’ora” risponde Alberto con un sorriso che gli va da parte a parte
Così con il suo grembiule stirato e profumato, entra fiero in classe.
Si siede in un banco qualsiasi, in mezzo a tanti volti sconosciuti di bambini.
Dietro di lui un bambino paffutello, il doppio di lui in statura e in larghezza ma questo conta poco perché ad Alberto hanno insegnato che il mondo è vario, diverso.
“Diverso”.
Imparerà da quel giorno, dal suo primo giorno di scuola il significato della parola “diverso”.
Imparerà sulla sua pelle che a volte non è un arricchimento o perlomeno non lo è per tutti.
La maestra li accolse in classe.
Era una donna più giovane della sua mamma e non le somigliava per niente. Aveva i capelli scuri, come il cioccolato e il corpo con tante curve. Sorrise e disse a voce alta, per farsi sentire, in mezzo a tanta confusione:
“Allora bambini per favore, vorrei che mi diceste il vostro Nome, Cognome e tutto quello che avete voglia di aggiungere. Siamo qui per conoscerci”
Lasciò la parola ad Alberto che paonazzo in viso la fissava con attenzione
“Mi chiamo Alberto Natali e mi aspetto che la scuola mi faccia imparare”
Dopo la sua presentazione una risata. Solo una risata. Alberto si voltò e lo vide: il compagno del banco dietro a lui.
Andrea Comacchi.
Rosso di imbarazzo a quel punto chinò la testa e si rimise a sedere, un gesto che non avrebbe mai dovuto fare.
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