Perdersi.
L’India è immensa come la curiosità e il desiderio di avventura di un bambino di otto anni. Così un giorno Naseem sale su uno di quei treni affascinanti e rumorosi e si trova improvvisamente perso e solo nella megalopoli di Delhi. Diciotto milioni di abitanti, un crocevia di culture, parole, strade. Naseem si è perduto. È solo l’inizio di una nuova vita. Adottato a Firenze, conserva gelosamente i ricordi d’infanzia. Quando le nostalgie si fanno troppo forti, decide di affrontare un lungo viaggio: nel tempo, nello spazio, nel profondo del proprio cuore.
Ritrovarsi.
GENITORI ITALIANI
Naseem ha una manciata d’anni, un gran male alla milza, il fiato grosso e la certezza di essersi perso per
sempre tra le strade di Delhi.
È un tardo pomeriggio di dicembre del 1997 e, mingherlino e affannato com’è, Naseem spera di aver evitato la polizia, l’arresto e le botte, ma si rende conto che non tornerà mai più a casa. Naseem appoggia la schiena a un muro e, mentre la nostalgia lo assale, si lascia scivolare a terra, seduto, le ginocchia al petto e gli occhi fissi sul traffico, oltre una nebbia di lacrime. Le prime da quando è cominciato tutto.
Un anno dopo, Naseem è al Palna, un istituto nelle Civil Lines a Old Delhi, dove è ospite da alcuni mesi. Lì sta bene come non mai: ha vissuto mesi sereni, sentendosi protetto e accudito. Si sono presi cura di lui e per la prima volta ha dormito in un letto. Lì a ogni pasto gli è stato messo davanti un thali bello abbondante ed è andato regolarmente a scuola.
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È al Palna che lo incontro per la prima volta, durante sei giorni intensi, vissuti insieme ad altre quattro famiglie italiane, arrivate a Delhi per incontrare e portare a casa ciascuna il proprio figlio indiano. È ben educato e gentile con noi genitori italiani e con tutte le persone dell’istituto. Passa interminabili ore a giocare a palla con il suo nuovo papà e si fa notare per una particolare attenzione verso i bambini: se ne prende cura, è generoso e condivide caramelle e doni che gli sono arrivati dall’Italia. Nel 1999 Naseem ha ufficialmente nove anni. In realtà è nato in un momento non meglio precisato tra il 1987 e il 1990 e, per molto tempo, non si saprà nulla di più sulla sua vita indiana. A Savino e Anna, i due infermieri quarantacinquenni che lo stanno adottando, viene solo detto che è stato portato in istituto dalla polizia. Della famiglia, nessuna notizia.
Anche Naseem, in seguito, non dirà mai nulla della sua vita precedente. Si aprirà solo in grandi sorrisi nel ricordare il benessere e la serenità dell’istituto, alimentando nei nuovi genitori la convinzione che prima ci fosse stata una vita ben più dura di cui non vuole o non sa parlare. In più occasioni ricorderà che si stava bene al Palna, dove per la prima volta aveva guardato la televisione e tutti si erano presi cura di lui. In istituto, Naseem dormiva in un letto, andava a scuola e imparava a scrivere in hindi e un po’ di inglese. Gli avevano anche insegnato qualche parola di italiano per prepararlo alla nuova vita. Al Palna non c’erano pericoli da cui difendersi. E c’era sempre una didi ogni volta che bambini e ragazzi avevano bisogno di qualcosa. Le didi sono le assistenti che si prendono cura dei bambini, puliscono le camerate e la mensa, cucinano, ma soprattutto coccolano, sgridano e giocano. Quando Naseem lascia il Palna, le didi fanno arco intorno al taxi e nel loro saluto immobile ci sono la gioia per la nuova vita verso la quale l’hanno accompagnato e la tristezza per il distacco da un ragazzino al quale tutte si sono affezionate.
FELICE A FIRENZE
Superato lo stadio Artemio Franchi, l’auto si ferma davanti a un portone lucido. È Savino che scarica le
tante borse. Naseem lo aiuta. Le mettono in un ascensore piccolo e stretto. Dentro c’è posto solo per Anna.
«Piccolo» constata Naseem. «Corro!» E si lancia su per le scale. Un’occhiata ad Anna, e Savino si ritrova bambino a fare i gradini due a due per stare dietro a Naseem. «Non cadete, ragazzi.» Ad Anna sorride il cuore mentre si fa spazio tra le valigie. L’ascensore sale di pari passo con Naseem che a ogni piano batte con la mano sui vetri e le lancia un “ciao”. Per Anna è come se fosse sempre stato lì. Non le sembra vero che stia arrivando a casa per la prima volta. «Questa» dice Savino bussando alla porta. Naseem, che è andato un mezzo piano oltre, torna giù saltando tre gradini per volta. «Mia casa?» «Casa tua.» Savino gli appoggia una mano sul petto. «Casa nostra» conclude, mettendosi l’altra sul proprio. Naseem si illumina.
Un cartello colorato li aspetta sulla porta. «Guarda, è per te» dice Anna ricacciando un groppo in gola.
«“Benvenuto” vuol dire Welcome. È dei nostri amici che ti salutano.»
«Naseem, mio nome. È per io?»
Sul pianerottolo presto non c’è più spazio, tra Naseem che aiuta Savino a spostare le valigie e Anna che rovista in ogni anfratto della borsa. Non appena le chiavi le luccicano in mano, Naseem perde interesse per il resto e le fissa mentre girano nella toppa. Scavalca una valigia e sguscia dentro.
«Casa, home, mia casa.» Fa un passo rapido e si blocca appena oltre la soglia. Guarda ogni cosa, assorbe i dettagli. C’è tanta luce. Naseem si sofferma sui quadri alle pareti. Segue un raggio di sole, nei granelli di polvere che turbinano ai vortici del suo respiro, per finire su un cassettone, passare sopra una pila di libri, illuminare alcuni fogli colorati e fermarsi sulle foto nelle cornici. Nella più grande c’è lui, Naseem, al Palna.
Il giorno in cui è stata scattata gli avevano detto di lavarsi per bene. L’avevano pettinato e gli avevano dato la stessa camicia che sarebbe stata tirata fuori per l’arrivo di Savino e Anna. Era strano, ma strano-bello, vedere la sua foto in quella casa tanto lontana dall’India.
Più indietro, c’è una foto di Savino da vecchio, con i capelli bianchi e i baffi grigi.
«Sei tu?»
«No» ride. «È mio padre, nonno Emanuele.»
Naseem inizia a esplorare l’appartamento. Procede cauto, apre una porta dopo l’altra, entra in cucina, non si perde nulla; il televisore, il tavolo, le stoviglie sul lavandino, la cartina del mondo appesa sopra la panca.
«Guarda, lì c’è l’India. E qui l’Italia» si affretta Anna. Naseem sembra non sentirla. Avvicina gli occhi alle stecche della tapparella e dalla fessura fissa il balcone e, quattro piani più in basso, la strada e i giardini.
«Grande. Bella.»
Stanza per stanza, guarda da ogni finestra. Segue con gli occhi le auto, guarda un uccello, si stupisce degli alberi senza foglie, e si sofferma sulle piccole gemme chiare. Che strano vedere i rami laggiù, tanto più in basso di loro.
«Salire su, posso?»
«Sugli alberi?»
«Sì! Su gli alberi.»
«Oh, no. Sono alti. È pericoloso.»
Quella sera lo aspettano una camera tutta per sé e un letto grandissimo con una coperta rossa e blu. Eccitato dalle novità di quella “mia casa”, prima di infilarsi sotto le coperte Naseem esce e va a prendersi il cartello colorato. La luce dei lampioni illumina la scritta “Benvenuto Naseem” e lui lo terrà stretto per la sua prima notte italiana.
Non è mai stato più felice.
loredanapanariti (proprietario verificato)
Ancora con la testa piena di pensieri che il reading di Daniele Gouthier ha evocato ieri sera a San Pier d’Isonzo. Sulle tracce di un sogno, la storia di Nazeem che si è perso nell’incredibile India, è stato poi adottato e, a 22 anni, decide di cercare i suoi genitori indiani. Una storia corale, con tanti personaggi: il protagonista, i suoi genitori italiani, un ispettore di polizia, un medico, un giovane traduttore, un regista e l’ingegnere che lo aiuta, il motore della storia. Sue le parole più belle: dobbiamo sempre credere e fare in modo che i bambini (perché il sogno di Nazeem è un sogno bambino), tutti i bambini, possano coltivare un sogno e provare a realizzarlo! Il 12 dicembre Daniele sarà a Gradisca, ho come idea che questa storia così bella andrebbe raccontata pure a Monfalcone. Buon giorno a tutt*.
losaletizia (proprietario verificato)
Prossimamente uscirà questo libro dal titolo accattivante e un po’ misterioso, “Sulle tracce di un sogno”. In esso è raccontata la storia vera di Naseem, un bambino indiano adottato da una coppia fiorentina. A quel tempo il bambino aveva nove anni.
La sua vita, la sua storia è intrecciata di gioie, di sofferenze, di nostalgia, di rimpianti e ribellioni.
A poco più di vent’anni non riesce più a tener dentro questi sentimenti e decide di tornare in India alla ricerca delle sue origini, delle sue radici, del suo villaggio e della sua famiglia… e questo sulla base di alcuni ricordi.
In questa avventura a ritroso nel tempo è stato aiutato da alcune persone che hanno preso a cuore il desiderio di Naseem…
Daniele Gouthier è una di queste persone: dopo aver ascoltato dalla viva voce di Naseem la storia della sua vita e le incredibili vicende che hanno reso il suo sogno realtà, ha voluto dar parole scritte al racconto.
È una storia vera di amicizia, incontro tra persone di diverse religioni e culture ambientato nelle atmosfere dell’India e di Firenze, avvincente come un thriller, vero come la cronaca, entusiasmante per le energie positive che si sono risvegliate per rendere possibile ciò che era inimmaginabile.
Ti suggerisco di prenotarlo. Ne vale la pena.
eurocarello (proprietario verificato)
‘Sulle tracce di un sogno’ è un libro appassionante e appassionato, intenso ma lucido, commovente senza mai scadere nel melenso. Ci sono momenti di suspense e qualche colpo di scena inaspettato. Il ritmo è piano, ma in costante accelerazione verso una conclusione che si indovina, ma di cui non si è mai certi. Il narratore – Daniele – emerge solo a tratti e con pudore, senza mai invadere gli spazi di Naseem e del suo racconto. Così qua e là fanno capolino anche frammenti di India non oleografici ma che si sentono autentici, a corollario del dipanarsi della vicenda. Assolutamente da consigliare.
savannasim (proprietario verificato)
Mi affascina la storia, piena di colpi di scena, di amicizia, di avventura. Lo stile con cui è raccontata è asciutto, essenziale, ma ti coinvolge fin dall’inizio e ti appassiona. Dentro c’è vita vera, lo avverti, ti commuove!
amore.aldo (proprietario verificato)
Ho avuto la fortuna di conoscere ed ascoltare, nel corso di un reading, l’autore del libro e sono subito stato affascinato dall’originalità della storia raccontata; ma quello che ancor più mi ha colpito nella lettura del testo è il ritmo incalzante con cui Naseem insegue il suo sogno fra pensieri e sentimenti anche contrastanti (Naseem sente che la realizzazione della sua vita futura potrà veramente iniziare solo con la conoscenza profonda del suo passato; i genitori adottivi sanno che quel figlio potrà forse riconoscerli pienamente come tali solo quando si sarà pacificato con se stesso).
E’ un libro che non solo racconta, ma pone domande al lettore: quanto conosciamo veramente le “nostre radici”? Quanto siamo disponibili anche noi ad “inseguire un sogno”?
armonia941
Commovente come storia vera di un ragazzo come tanti. Scritto benissimo.
veriantonella (proprietario verificato)
Bello in parte conoscevo da Anna qualcosa ma quello che ho letto trapassa confini spazi e sentimenti vale proprio la pena leggerlo e grazie a coloro che lo rendono possibile
visintin (proprietario verificato)
Ho finito di leggere or ora la bozza, lo trovo ottimo, molto coinvolgente, nonostante conoscessi già la storia per averla sentita raccontare in uno dei reading dell’Autore
cristina.avagnina (proprietario verificato)
sto leggendo la bozza del libro e…. pelle d’oca e lacrime agli occhi…. grande emozione, grande davvero….