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Tango Calcistico

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In Argentina esiste un proverbio estremamente romantico: i messicani discendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas, gli argentini dalle navi.
Non esiste nel mondo un porto accogliente come l’Argentina. E proprio nel porto di Buenos Aires nasce il tango e arriva il primo pallone trasportato da una nave inglese.

Tango Calcistico è la storia di tre uomini che, con la loro vita e i loro talenti, hanno ricordato al mondo questa verità: ci sarà sempre un porto in cui sentirsi meno soli, ovunque una chitarra suona le note di un tango e ovunque un bambino calcia un pallone. I tanghi urbani di Carlos Gardel, i tunnel di Diego Armando Maradona, le palabras di Victor Hugo Morales. Tango Calcistico è tutti loro, uniti da intrecci politici, storie d’amore mancate, difficoltà e vittorie.

CAPITOLO 1

“LE LACRIME DE LA BOCA”

La sigaretta di Carlos, rigorosamente senza filtro e con la cartina avvolta in modo scientifico intorno al tabacco, viene mangiata dal vento. Continua ad avvolgere la stanza di un fumo intenso, che si alza lentamente. Carlos l’ha dimenticata nel posacenere. Non succede praticamente mai, se non quando i pensieri lo portano lontano dalla realtà. Non è una questione di quantità, non sta pensando a troppe cose nello stesso momento. Non è confusione, né tantomeno mancanza di organizzazione. È una questione di astrazione mentale. Riesce a immergersi in una situazione irreale immaginaria o ipotetica, che crea con cura maniacale. È un architetto del futuro.

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Mentre Carlos muove le labbra scandendo parole che restano bloccate in gola, si muove lentamente davanti al suo armadio e sposta i completi con il tocco delicato del chitarrista. Sono tutti organizzati in base alle tonalità dei colori. Si parte con un elegantissimo tre bottoni nero. Spalle larghe. Poi il grigio scuro, poi quello chiaro, infine il beige in lino. Carlos ne prende due e li appoggia sul letto. Il nero e il grigio chiaro. Sfila entrambi i pantaloni dalla gruccia, li stende sul letto e apre le due giacche. Le appoggia all’altezza della vita dei pantaloni. Resta immobile. Le labbra continuano a muoversi e lentamente le parole sembrano salire dalla gola e prendere vita come un soffio leggero. «Señores, graçias, por ser aquì esta noche.»
Carlos si gira e si sposta nel reparto dell’armadio in cui sono riposte le camicie. Anch’esse sono organizzate con lo stesso principio degli abiti, però la gradazione di colori va dalla più chiara alla più scura. «La nostra è una musica diversa da quella che siete abituati ad ascoltare o a ballare. Il nostro tango è il nuovo tango. Chiudete gli occhi ora. Vamos, José.» Carlos controlla le camicie. Sono stirate perfettamente e sono morbidissime. La bianca va sulla nera e quella blu sul grigio. Il cappello nero sul completo nero e il cappello blu scuro su quello grigio. Carlos si ferma. Senza guardare allunga la mano verso la sigaretta, la prende tenendola tra l’indice e il medio e senza spostare lo sguardo dal letto fa un tiro. Si scotta le labbra e le dita, ma senza abbandonarsi a nessuna espressione facciale, spegne la sigaretta e ne accende velocemente un’altra.
«LA minore yo- a – di – vi – no el par – pa – de – o
MI Settimo
de las lu – ces que a lo le – jos»
Carlos sbatte velocemente le palpebre due volte, come se si fosse appena svegliato dopo un sogno estremamente coinvolgente. Abbassa lo sguardo sul letto. Fa un tiro profondo dalla sigaretta e butta il fumo controllando il fiato come dopo un’apnea. Sorride e infila la camicia. L’abbottona lentamente, posizionando le dita sulle asole come se fosse la tastiera di una chitarra. Ogni bottone è un accordo. Le parole si fermano di nuovo in gola. Le labbra si muovono freneticamente questa volta. Carlos ha chiuso gli occhi. Infila i pantaloni e allaccia le scarpe. Prende la chitarra dalla custodia nera in pelle, si siede sullo sgabello di fianco alla scrivania e accarezza la sua chitarra classica con un panno giallo, spostando ripetutamente la coda dell’occhio verso l’orologio. Quando il campanello suona, Carlos si alza lentamente. Ripone la chitarra nella custodia, lasciandola aperta. Prende la giacca dal letto, dà due colpi sulla schiena e sulle spalle, si sposta verso lo specchio, infila le due braccia a metà manica e con un veloce movimento fa saltare la giacca sulle spalle, come se gli fosse stata dipinta addosso. Tira leggermente i polsini della camicia. Delicatamente i lembi della giacca verso il basso. Il campanello suona ancora due volte. Abbottona solo il primo e il secondo bottone del completo lasciando in libertà il terzo. Dalla tasca interna della giacca tira fuori un piccolo pettine che si passa tra i capelli con la mano destra, mentre la sinistra fa da guida. Afferra il cappello al contrario e lo lancia facendolo ruotare, fin quando, come se il cappello non potesse trovare altre strade possibili, si appoggia in testa. Il campanello suona ancora due volte e un pugno sbatte sulla porta, con la stessa forza che si potrebbe imprimere se si volesse capovolgere il mondo. Carlos sembra non sentire nulla. Non c’è un muscolo del suo corpo che ha una reazione. Sembra controllare tutto, come se sapesse che tanto anche il pugno più forte non può capovolgere il mondo e quindi neanche lo sforzo per provarci sarebbe degno di attenzione. Carlos chiude la custodia della chitarra. Inclina in avanti il cappello creando un’ombra sulla fronte, ma lasciando scoperti gli occhi neri e profondi. Solleva la chitarra, inspira e si dirige verso la porta contando i passi a tempo con il tacco della scarpa che batte contro il pavimento come un metronomo.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Andrea Costantino Levote
Cuore calabrese adottato dalla Torino creativa, nasce come giornalista sportivo. Frequenta il corso di Reporting alla Scuola Holden, ma si imbuca anche alle lezioni di Cinema e di digital marketing. Vince il Premio Phoebe di Scuola Holden con il teaser Democracia. Racconta i ritratti dei giornalisti sportivi che lo hanno ispirato nel podcast I Cantastorie, all’interno del programma Eutropia su Spotify. Diventa CEO di Jugaad Produzioni e con il cortometraggio FAME vince diversi premi internazionali, oltre a una menzione speciale al festival Ermanno Olmi. Oggi è CEO e founder di DIEZ- CREATIVE AGENCY, agenzia con la quale racconta il talento, occupandosi del digital marketing di start-up e di imprese.
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