E così, tra uno sforzo e l’altro, i mesi sono passati, fino a che, un bel giorno l’Italia è finalmente tornata “zona gialla” e noi siamo potuti uscire dal torpore delle nostre mura. Così siamo tornati a praticare in libertà l’attività che amiamo, l’arrampicata sportiva.
Preparare lo zaino, l’attrezzatura, intraprendere il sentiero per le pareti, ci è sembrato così strano e “nuovo”. Una sensazione di smarrimento dove senza motivo, non riuscivamo a sorridere nonostante la libertà e le nostre passioni fossero tornate a portata di mano finalmente.
I sentieri, il bosco, le montagne, niente era cambiato. Forse tutto era stato nuovamente inghiottito dalla natura che, di fronte alla mancata presenza dell’uomo, aveva ripreso possesso di quei luoghi.
Era tutto lì, immobile, come un amico che attende con ansia il nostro ritorno.
Ma, invece di sentirsi carichi di energie e desiderosi di riprendere in mano le nostre vite, ci siamo ritrovati esausti, prosciugati nel profondo delle nostre intimità.
Le piccole vacanze che riuscivamo a concederci, rimandate da tempo non arrivavano a riportarci a galla, anzi, ci stancavano ancora di più.
Qualcosa non andava, ma non capivamo l’origine di questo malessere o forse non volevamo semplicemente ammettere di essere sfibrati.
Una debolezza diversa, mai provata prima, profonda, primordiale, all’apparenza incurabile.
Un giorno, in viaggio in auto verso Camaiore e le nostre falesie di arrampicata, abbiamo infine avuto il coraggio di dirci quello che sospettavamo da tempo, che eravamo esausti nello spirito, che dovevamo trovare una soluzione e che solo una esperienza diversa da tutte le altre ci avrebbe permesso di ritrovare il nostro centro per tornare in armonia con noi stessi e con gli altri.
Una mattina, mentre distrattamente scorrevo la “home” su un social, per puro caso, mi imbattei nella pubblicità del “Cammino dei Briganti”, apro il link corrispondente e il video che lo descrive mi lascia folgorata.
Improvvisamente una fiamma si accende dentro di me, capisco che questo è proprio quello di cui abbiamo bisogno e lo propongo subito al mio compagno che accetta con entusiasmo affidandosi alle mie sensazioni positive.
A volte sembra che la natura ti invii dei segnali chiari, quando meno te l’aspetti, come a volerti dire:
“hai bisogno? Sono qui!”
Io sono una insegnante di canto ed una cantante. Il mio lavoro prevede l’essere immersi nella musica per gran parte delle giornate.
Tuttavia, ogni lavoro che siamo chiamati a svolgere, porta con sé un andamento temporale da seguire, che sia volontario o frutto di una regola.
Il problema di vivere in una società contemporanea, digitale e ultraveloce, è che essa ti impone un determinato “ritmo”.
Non si tratta di leggi scritte, né di decreti governativi (a cui ultimamente ci eravamo abituati), ma di una corrente inesorabile e dirompente della quale, se non vuoi uscire, devi farne tua la velocità.
Uno stile di vita che mal si concilia con la lentezza e la ricerca dell’armonia con noi stessi, che al contrario, forse richiede di fermarsi, riflettere e vivere nel qui ed ora.
Ciò si traduce nell’impossibilità di cogliere segnali di sofferenza personale, fino a che non diventano talmente giganti da essere evidenti; né tantomeno di scorgere la soluzione, la via giusta, la strada verso la felicità autentica, perché troppo impegnati a correre verso una tendenziale sensazione di benessere data dai soldi, da un lavoro sicuro e da beni materiali.
La nostra soluzione era lì a portata di mano, un lungo viaggio a piedi con poche, minime comodità e tanto tempo per stare in silenzio, riflettere e scoprire nuove realtà.
Questa è la motivazione che ci ha spinto ad intraprendere una avventura di questo tipo, ma siamo sicuri di aver in qualche modo coinvolto anche molti di voi con le nostre parole.
Io e Simone facciamo tanta vita all’aria aperta, siamo abituati a passare i nostri week end e gran parte delle nostre vacanze bivaccando; perciò, è venuto a noi naturale decidere di percorrere questo cammino in tenda e in totale autonomia alimentare.
Siamo entrambi convinti che la rinascita interiore, passi innanzitutto per la ricerca dell’essenziale e l’allontanamento dai confort che non siano necessari alla sopravvivenza.
Questo racconto non deve e non vuole essere sostitutivo dell’opera letteraria ufficiale del cammino. Leggerete un diario di viaggio/guida dedicato in modo specifico a chi come noi, ha deciso di percorrere questo Cammino in totale autonomia, non mancando però di contribuire economicamente per quanto possibile alle attività ricettive del territorio. Un racconto che vuole essere anche un piccolo riferimento, con alcune info utili per chi decide di dormire in tenda.
Un approccio aggiuntivo e diverso, corredato da una componente emotiva importante, perché questo Cammino ci ha cambiato dentro e non potevamo non condividere tutto questo con il lettore.
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