Gli abitanti ci salutano augurandoci “Buon Cammino!”, noi ci guardiamo e i nostri occhi si riempiono di gioia mentre timidamente ringraziamo.
Il percorso inizia in discesa, ben segnalato dai consueti simboli bianchi e rossi, ma anche da piccole targhe in metallo riportanti nello specifico il logo del Cammino dei Briganti. Una volta scesi a valle, si risale per un ripido pendio che porta nel bosco.
Dopo circa un’ora e quarantacinque giungiamo a Santo Stefano, la nostra prima tappa, dove veniamo accolti da una signora insieme alle nipotine, che ci confida, con un velo di tristezza, che questo luogo è ormai abitato da persone anziane e solo ogni tanto vi giungono i parenti più giovani da Roma e paesi vicini per trascorrere le vacanze in famiglia. Vi saranno ottanta anime. Questo numero così esiguo ci stupisce non poco (non sapevamo ancora che durante il nostro percorso avremmo attraversato paesi ancor più scarsamente popolati).
Giunti nella piazza principale, siamo però accolti dai visi sorridenti (forse un po’ sdentati!) degli abitanti di Santo Stefano, che incuriositi dalla nostra presenza ci rivolgono ogni sorta di domanda. Scambiamo con piacere quattro chiacchiere al bar con alcuni cittadini mentre ci riposiamo, ma poco dopo ci rendiamo conto di non essere poi così stanchi. Sarà l’entusiasmo, o forse le ritrovate energie positive che ci pervadono; non sappiamo esattamente come giustificare questa forza dentro di noi, ma prendiamo la decisione di ripartire e raggiungere la seconda tappa, Nesce, a circa quindici chilometri di distanza.
Abbandonato il paese di Santo Stefano, torniamo nelle campagne, dove il sentiero costeggia fattorie e recinti. A un certo punto, di fronte a noi si palesa la figura imponente di un cavallo marrone scuro, enorme ai nostri occhi, che ci sbarra la strada con fare minaccioso. Il suo comportamento è inequivocabile, la coda che si scuote nervosa e la testa che ondeggia in alto e in basso, in poche parole “Statemi alla larga!”. Immediatamente ma con passo lento ci spostiamo di qualche metro fuori dal sentiero, oltrepassiamo l’animale e ci reimmettiamo sul sentiero poco dopo, con i cuori che ancora battono forte. Prima di intraprendere una ripida e sabbiosa salita ci fermiamo a un fontanile per rinfrescarci e riempire le borracce.
All’ora di pranzo facciamo sosta a Valdevarri dove, accolti da tre gattini molto curiosi e affettuosi, consumiamo i nostri pasti liofilizzati all’ombra di un gazebo predisposto dalla Pro Loco per i camminatori. Un vero lusso, visti il caldo e il sole ormai ben presente sulle nostre teste.
Valdevarri si trova al confine tra Lazio e Abruzzo, nella località Le colonnelle, in cui è stata rinvenuta una lapide con l’iscrizione Albensium fines, “La fine del territorio dei marsi albesi”. La sua origine vede ricostruzioni contrastanti: c’è chi dice che derivi da un popolo di barbari, chiamati appunto Varri, e chi sostiene che i “varri” in dialetto siano i semi della quercia, che in questi luoghi è presente in abbondanza.
La sensazione è quella di trovarci in una sorta di paesino fantasma, una o due persone si affacciano dalle case e ci salutano con la calma e la pacatezza che si usa con chi ti è compaesano e incontri ogni giorno. Oltre a questo regna però il silenzio, si sentono solo il fruscio degli alberi mossi da un venticello caldo e il cinguettio degli uccelli che sembra non voler essere troppo potente di proposito, per non turbare l’ordine naturale di questo luogo in cima alla collina.
Alle 14:30 ripartiamo in direzione Poggiovalle. La salita che ci attende è tra le più dure di tutto il Cammino, si devono superare confini di muri a secco e il dislivello ci opprime già, con i nostri zaini carichi di provviste. Finalmente, superato l’ennesimo confine, il sentiero comincia a cambiare pendenza e scendiamo in uno zig-zag continuo che mette a dura prova le nostre ginocchia.
Sono concentrata sul mantenermi in equilibrio su quei maledetti ciottoli, facendo estremo affidamento sui miei bastoncini, quando a un tratto la mia vista è invasa da una quercia immensa. I suoi rami sono enormi e si divaricano come a voler abbracciare il territorio circostante. Rimango attonita a fissare in silenzio questa meraviglia della natura, chiedendomi quanti anni abbia e soprattutto quante facce sconvolte dalla sua bellezza abbia osservato. Ci prendiamo alcuni minuti di pausa per ammirarla, dopodiché riprendiamo il cammino.
valerio simi (proprietario verificato)
l’autrice con il suo racconto sembra che ti prenda per mano e ti porto con se durante il percorso!
veramente un ottimo libro!